Editoriale
NON CREDO NELLA BEFANA. Sul numero di novembre avevo parlato di un farmaco che è sul mercato dallo scorso mese di marzo. Il Retacril, un prodotto atto a stimolare la produzione dei globuli rossi, una sorta d’evoluzione dell’Epo non rintracciabile nelle urine. Avevo scritto Retacril, volutamente, anche se il prodotto si chiama Retacrit. Questo per dire che cosa? Che ho ricevuto messaggi e telefonate di ogni tipo da corridori e affini che mi facevano notare il grossolano errore. Io non ho fatto altro che mettere un “tracciante”, una semplice “l” al posto della “t” e il mondo del ciclismo è uscito allo scoperto, facendomi notare l’errore, ma spiegandomi anche come si reperisce e si usa. Insomma, avevo detto che non credo più in Babbo Natale, ma devo ricredermi: non credo neanche nella Befana.

NUOVI SPAZI. Da questo numero tuttoBICI avrà una rubrica in più, quella dedicata ai disabili. Il paraciclismo è entrato a far parte ufficialmente un anno fa della grande famiglia della Federciclismo, e inserito quest’anno nel calendario Uci con la nascita della Coppa del Mondo: il nostro giornale - che in tempi non sospetti ha riservato a questi ragazzi, tenaci e mai domi, premi speciali in occasione della notte degli Oscar -, ha pensato di dedicare uno spazio che potesse raccontare le storie di queste ragazze e di questi ragazzi che sono sì grandi atleti ma soprattutto grandissimi uomini. Tutto questo è stato possibile grazie alla sensibilità di Gian Marco Rizzati, amministratore unico di Geotech, una delle società più importanti a livello nazionale che si occupa di ambiente e che nel ciclismo è impegnato da tempo. Se siamo arrivati a questo, gran parte del merito è di Gian Marco che, nonostante tutto, crede nel nostro sport e soprattutto crede in questi ragazzi che per anni sono rimasti ai margini del ciclismo che conta e da quest’anno - giustamente - contano come tutto il resto. tuttoBICI, avrà il compito di seguire, promuovere e raccontare le loro storie. Con la consueta passione e attenzione, grazie a Gian Marco e a quanti, come voi, dimostreranno fattivamente seguendoci tutti i mesi, di gradire la nostra iniziativa.

PICCOLI UOMINI. Cancellate corsa a punti, americana e inseguimento. Gli uomini perdono tre gare, con la novità dell’omnium (che si disputerà su 6 prove anziché 5), le donne ne guadagnano due: inseguimento a squadre e omnium. Si parla tanto di rilancio della pista, di stradisti che dovrebbero diventare i «signori degli anelli», ma questa scelta - privilegiare appunto le specialità veloci a discapito di quelle di resistenza - decreta di fatto la morte del progetto pista per quei Paesi, come il nostro, che vivono di attività su strada. L’Uci e il CIO - per dirla alla Gian Carlo Ceruti, ex presidente della Federazione- hanno preferito ad un ciclismo di resistenza, quello degli omini michelin, tutti muscoli gonfiati. Rogge si discolpa, precisando che «noi non abbiamo cancellato nulla». E aggiunge: «La scelta delle prove da tagliare è venuta direttamente dall’Uci, che ha votato i cambiamenti all’unanimità». Un bel gioco a scaricabarile, dove chi ha suggerito i tagli, scarica le responsabilità su chi li ha operati. Il ciclismo perde brandelli di storia e Pat Mc Quaid - è una pura coincidenza - a Vancouver, sarà nominato tra pochi giorni, membro del CIO.

PAGHI E FORSE CORRI. Tranquilli, finalmente la stagione che sta per andare ad incominciare, si fonderà su poche regole e certe. Dopo anni di tormenti e lotte intestine, finalmente un po’ di chiarezza, che ci induce a pensare che il 2010 sarà l’anno della rinascita di uno sport per troppo tempo allo sbando. Tranquilli, la nuova stagione sarà improntata sulla chiarezza e la trasparenza. Non c’è nulla di cui temere. Diciassette sono le squadre di ProTour, in attesa che la Lampre Vini Farnese possa diventare la numero diciotto. Diciassette sono le squadre “professional”, in attesa che possano diventare venti, visto e considerato che in lista di attesa ci sono la Rock Racing, la Xacobeo e l’Androni Giocattoli. Venti sono invece i team che hanno fatto richiesta di wild card, una licenza che obbliga i team a entrare nel progetto “passaporto biologico”, ma di fatto dà un diritto virtuale di partecipazione alle corse di Pro Tour. Questi team hanno speso tutti diecimila euro a fondo perso solo per presentare la domanda e se questa sarà accolta, dovranno pagarne altri 60 mila senza però avere uno straccio di garanzia di correre le corse di prima fascia. Tutto chiaro? Penso proprio di sì, perché finalmente abbiamo un regolamento chiaro, diciamo pure a prova di imbecille. Ma andiamo avanti: 17 sono le squadre di Pro Tour, che hanno il diritto dovere di correre le corse di Pro Tour esclusi però i Grandi Giri (Giro, Tour e Vuelta). Questi li correranno quattordici team tra i quali la Lampre (che attende di essere ProTour) perché queste squadre hanno siglato un accordo direttamente con gli organizzatori, unitamente a Bouygues Telecom e Cofidis (squadre professional), mentre Sky, Radio Shack, Katusha e Garmin che sono Pro Tour ma non c’erano ai tempi dell’intesa, i Grandi Giri non sanno se potranno davvero correrli. Delle venti squadre che hanno chiesto la wild card, almeno una decina rischiano di pagare per avere la certezza matematica di non correre una sola grande corsa. Infine, le diciassette migliori squadre del ranking 2009, che ambirebbero a correre di diritto le corse Pro Tour e del calendario mondiale ad esclusione dei Grandi Giri, se non otterranno la wild card vedranno decadere questo diritto. Insomma, finalmente il ciclismo può tirare un sospiro di sollievo e partire per una nuova stagione con poche regole ma certe. Basta confusione e sovrapposizioni di regolamenti. Questa volta ce n’è una sola, semplice e chiara: paghi e forse corri. Cosa vuoi di più? Buon anno.

Pier Augusto Stagi
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