Editoriale
SIGNORE DELLE PEDIVELLE. Poche ore dopo lo sfavillante trionfo di Paolo Bettini, Cristiano Gatti, amico fraterno e collega di tante trasferte, ha scritto la «Preghiera del tifoso di ciclismo» per Il Giornale, dove da anni lavora come inviato.
… «Signore delle pedivelle, tante colpe dobbiamo farci perdonare e tante vergogne dobbiamo espiare al tuo cospetto - ha scritto -. Però ti imploriamo: stavolta no. Almeno stavolta fai in modo che questa vittoria mondiale di Bettini, almeno questa, resti per sempre una vittoria mondiale». … «Signore delle pedivelle, se ancora possiamo meritare qualcosa, fai in modo che questa stupenda vittoria di Bettini non finisca in frantumi nel giro di poche ore. Come le altre. Se crolla anche questa, non basterebbe nemmeno più il coraggio di pregare». Questo è uno stralcio di una vera e propria preghiera. Per alcuni sublime, per altri molto più semplicemente menagramo. Il giorno dopo, martedì 26 settembre, la risposta su La Gazzetta dello Sport: Luca Paolini - che ha corso da par suo il mondiale di Salisburgo (di codice etico e di equità ne parla sempre Gatti in questo numero, laggiù) - ha ricevuto un avviso di garanzia dalla procura di Bergamo. Niente di clamoroso: avviso di garanzia significa che stanno indagando sul tuo conto, non che sei colpevole di qualche cosa. Anzi, come spesso è accaduto e ci auguriamo possa accadere ancora, la questione verrà chiusa con una bella archiviazione e un nulla di fatto. Ma per dirla con Gatti, una preghiera al Signore delle pedivelle non guasta.

ATTENDO RISPOSTE 1. Etica ed equità, alcuni esempi. Avete fin troppo ben presente cosa è successo a Strasburgo, al via del Tour de France. Arriva un dossier pieno di sospetti e codicilli. Nomi in codice decrittati e corridori che vengono rispediti a casa sulla base dei sospetti. Quindi da una parte un’inchiesta della magistratura ordinaria e dall’altra le autorità del ciclismo che ne prendono atto e aprono - o chiedono che vengano aperte - delle inchieste sportive. Ma non è sempre andata così. Nel 2004 Davide Rebellin è finito davanti al giudice di Este (per altro totalmente scagionato perché le intercettazioni ambientali non erano compatibili per quel tipo di reato), quindi processato, ma l’Uci non si è mai presa la briga di aprire un’inchiesta sportiva, perché? Lo stesso vale per Gonchar. E così l’inchiesta «Oil for drug», quella del medico Santuccione, di Eddy Mazzoleni e della sua fidanzata Elisa Basso: perché nessuno ha mai acquisito i dossier? Potrei andare avanti per giorni, per ore. Per vostra fortuna mi fermo qui, e attendo risposte da chi parla di etica ed equità: non da Gatti ma da Pat McQuaid.

ATTENDO RISPOSTE 2. L’ultima moda è quella di scappare a gambe levate dai controlli. Vi ricordate Kascheckin e Vinokourov all’ultima Vuelta? I loro compagni si sottopongono ai prelievi e loro due spariscono mezz’ora prima perché sono abituati a viaggiare sdraiati sulle comode poltrone del loro motorhome. Nessuno ha preso provvedimenti, nessuno ha aperto un’inchiesta, nessuno ha detto qualcosa. Dimenticavo: dal dossier della Guardia Civil, come da noi scritto sul numero scorso, spunta il nome di Alejandro Valverde (VALV – Piti). E anche in questo caso tutto tace: e farsi qualche domanda?

TUTTI GIUSTIFICATI. Tredici casi di positività all’ultimo Tour de France, ma dodici avevano la giustificazione.
A fare i numeri è stato Pierre Bordry, presidente del Consiglio della Previdenza e lotta al doping. «Ad esclusione del caso di Floyd Landis - ha precisato - l’Uci ha chiuso tutte le altre pratiche perché i corridori trovati positivi erano in possesso di giustificazioni mediche». A far riflettere arrivano poi i numeri forniti da Bordry: il 60% dei 105 atleti controllati erano in possesso di ricette che autorizzavano a fini terapeutici l’assunzione di prodotti proibiti.

E IL CICLISTA CONTINUA A PAGARE. Il Pro Tour nato per dare ordine, fare pulizia e allontanare i mercanti dal tempio del ciclismo, comincia a scricchiolare anche dall’interno. Il ProTour doveva portare professionalità, managerialità, soldi e rigore, e in gran parte ci è riuscito. Ma è di questi giorni, caldi di ciclomercato, che emerge la magagna. Diverse squadre di ProTour, che hanno la licenza e con essa la garanzia di svolgere un’attività di un certo tipo, chiedono soldi ai corridori che vanno a batter alla loro porta per avere un contratto. «Se volete correre a grandi livelli dovete venire con noi. Quindi, pagate», si sono sentiti dire. Vittorio Adorni, che dice di non saperne niente (non sapeva nemmeno che Ciolek fosse professionista, e che i professionisti fuori dal ProTour, possono correre il mondiale under 23), potrebbe però aprire un’indagine interna. O è chiedere troppo?

BUGNO FOR PRESIDENT. Infine una proposta. Visto che non sappiamo chi abbia mai eletto Francesco Moser a capo del sindacato dei corridori mondiali. Visto che i corridori professionisti da noi contattati hanno tutti negato di averlo votato o di sapere quando e chi l’ha eletto, proponiamo un cambiamento al vertice: prestigioso quanto opportuno. Occorre un uomo di riferimento, riconosciuto e riconoscibile ma soprattutto capace di lottare e spendersi per la causa dei corridori. La vicenda di Strasburgo e tutta l’Operacion Puerto, per non parlare del codice etico subìto supinamente, è sotto gli occhi di tutti. Occorre polso, non per alzare i calici e brindare. Occorre avere un briciolo di equidistanza, occorre un uomo di riferimento, che sappia essere sopra le parti. Noi proponiamo Gianni Bugno. Per molti è un inguaribile brontolone, perfezionista: qualità, queste, per essere un perfetto sindacalista.

Pier Augusto Stagi
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