Anche a voi, forse, arrivano sempre meno lettere. E pure cartoline.
Sms, e-mail, messaggi telematici, semmai registrati e massificati, a tutto l’indirizzario, quelli sì. Ma lettere cartacee, con destinatario, mittente, francobollo e timbro postale, quelle sono merce sempre più rara: talmente preziosa, che non ci viene da richiamarle «merce». Ci pensava, per fortuna, ancora il ciclismo a cullarci in questa nostalgia: per esempio, con l’annuale Buon Anno che inviava al mondo ciclofilo intero, con uno schizzo di sua mano, da un decennio, quel raffinato storico del nostro sport che è l’olandese Wout Koster. Arrivano sempre meno lettere: ed è così giustissimo, in assoluto, conservarci quelle di Raschi, di Zavoli, di Negri, di Ormezzano, le cartoline dal Tour, come ritagli complici di umanità.
Ma ancora dal nostro (e vostro) ciclismo, proprio quando tutto intorno sembra prossimo a cedere, di sentimenti e riferimenti, non solo sportivi, ecco che ti arriva inattesa una lettera che ti dà ancora - ed in quale speciale modo - forza e ti trasmette ancor più una lezione di vita.
Ci ha scritto, ad inizio anno, l’Associazione «Gli Amici di Danilo Fasano», quel gruppo di giovani e meno giovani, all’unisono con la famiglia Fasano ed un pool di organizzatori, che promuove a Miranda, in provincia di Isernia, il Memorial «Danilo Fasano», dedicato allo sfortunato giovane corridore molisano, vittima di un incidente stradale qualche anno fa.
E non ci scrive solo per renderci edotti che il 5° Memorial «Danilo Fasano», classica gara per juniores, si svolgerà domenica 5 settembre 2006: no, non solo. Ma ci informa innanzitutto del risvolto operativo sociale ed umanitario che, grazie al ciclismo, per il ricordo dei valori che il giovane Danilo Fasano professava, l’Associazione stessa è stata in grado di realizzare nel 2005.
«In collaborazione con l’Istituto Suore Francescane Angeline di Roma, siamo riusciti ad attivare in Bolivia ed in altri paesi disagiati ben trentadue adozioni a distanza, ad opera di venticinque famiglie, e sostegni diversi di nuclei bisognosi e di vocazioni religiose».
«E ci proponiamo, per l’anno prossimo, di costruire un refettorio, un bagno ed una cameretta, per i bambini della Bolivia, per un costo di circa 4.000 euro».
Ci sembra questa una splendida lezione di amore e di civiltà. E che venga dal ciclismo - da un dramma atroce del ciclismo - ci appare ancor più esemplare. Non si è ciclisti per caso. Come non lo era di sicuro Danilo Fasano.
Ed il dolore trova una sublimazione del ricordo non solo nella naturale ripetizione di una giornata di sport, che potrebbe restare effimera, ma nel contributo ad edificare così concretamente una realtà migliore per i diseredati del mondo o i reietti della società.
Ed è bello, anche nel nostro ruolo marginale di modesti divulgatori di questa storia, sentirsi parte integrante di un progetto che guarda in alto e guarda lontano. Salpando da quella misura di amore universale che solo il ciclismo - quello eterno dei ragazzi - sa così mirabilmente trasmettere. E meglio per lettera.
Quella lettera, palpitante in mano, che altrove dal ciclismo non si usa più.
Gian Paolo Porreca,
napoletano, docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare, editorialista de “Il Mattino”
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