Scripta manent

QUELLE STORCHE NAPOLI-POTENZA

di Gian Paolo Porreca

Siamo ancora qui, in­certi al valico di di­cembre, noi che già di ottobre ne sbirciavamo le in­discrezioni, maestro in merito Paolo Viberti - e non ricorriamo alla terminologia sciocca di “spoilerate”, così bello appunto  “indiscrezioni” o “anticipazioni” -, sul percorso ufficiale del Giro di Italia che verrà. Siamo ancora qui, con Tour e Vuelta be­ne o male avvistati, senza un tracciato del Giro 2025 su cui poter formalmente giurare.
Ma fra le giornate di corsa arcisicure, per quanto ci è più prossimo al sentimento e alla fantasia, possiamo senza dubbio cerchiare di rosa fucsia la tappa che porterà la carovana giovedì 15 maggio da Potenza a Napoli.
Napoli, arrivo ennesimo, nel segno di un feeling fra la città  e il ciclismo che vorremmo assicurato non solo dal risvolto economico, ma da una ridesta passione.
E sarà curiosamente una pri­ma volta, nella storia del Gi­ro. Già, perché mai al Giro, da Potenza si era arrivati a Napoli. In Campania diversamente e certamente sì. A Teano nel 1961, primo Pie­tro Chiodini. A Salerno nel ’67, primo Rudy Altig. A Be­nevento nel 1971, primo Ercole Gualazzini. A Sor­ren­to nel 1975, primo Marcello Osler. A Baia Domizia nel 1986, primo Guido Bon­tem­pi. A Caserta nel ’94, primo Marco Saligari. A Mon­te­ver­gine di Mercogliano nel 2001, primo Danilo Di Lu­ca... Bella varietà di geografia e avvincente caleidoscopio di vincitori, se non ci sfugge altro, per le tappe che da Potenza sono arrivate in Campania, ma a Napoli il Giro da Potenza arriverà - o per un eccesso di cautela, “dovrebbe arrivare” - nel 2025 solo per la prima volta. E sarà, per la pur relativa storia del ciclismo, un primato.
Ma se questa è una precisazione buona per il presente e il futuro, ben altro peso continua ad avere nella nostra me­moria quel percorso in­verso fra le due città, la Na­po­li - Potenza. E che peso specifico singolare, da rammentare ai meno giovani, visse dunque la Napoli - Potenza, disputata in due occasioni, nel 1963 e nel 1969. Napoli fu infatti città di teatro - ma diversamente - in tutti e due gli eventi. Nel 1963, con la partenza ufficiale della corsa con la sua pri­ma tappa, Napoli diede l’incipit alla grande fuga di Vit­torio Adorni, che prima all’attacco con Brugnami, poi con Zan­ca­na­ro, infine in splendida araldica solitudine, avrebbe vinto quella tap­pa, indossando la maglia ro­sa. La sua “prima” ma­glia ro­sa, con un dorsale sulla divisa Cynar, il “21'” che del Giro più in là - sulle spalle di Eddy Merckx, suo capitano nella Faema nel 1968, al pri­mo Giro da lui vinto  - avrebbe targato l’esordio di una epi­ca ancora maggiore. Ma quella Napoli - Potenza del ’63 sarebbe stata altresì il teatro della polemica virulenta tra Lega e Federazione, con al via due maglie tricolori, il veneto Marino Fontana, riconosciuto dalla Lega, e il toscano Bruno Mealli, riconosciuto dalla Federazione... Storia e intrigo di altri tempi, con minaccia di sospensione della corsa e di ritiro dei giudici della corsa, e rischio di invalidarne i risultati. Con il clamoroso ritiro, sin troppo prudenziale, per il dubbio di una squalifica ventilata dalla UCI, del favorito straniero di prammatica Rik Van Looy e dalla sua GBC, con Edgar Sorge­loos, secondo a Po­tenza, Hu­bertus Zilverberg e tutti i fe­delissimi.
Quel Giro sarebbe diventato così un Giro autarchico, an­cora più guerra fra italiani, il secondo Giro vinto da Bal­ma­mion, ma almeno combattuto su strada, con l’intervento decisivo del CONI a sanare le polemiche, attribuendo da un lato il titolo unico a Bruno Mealli, e im­pe­gnandosi di contro a promuovere l’autonomia del settore del professionismo.
Anche se in corsa non ci sarebbe  stata più la San Pel­le­grino di Marino Fontana, che ritirò per protesta la sua sponsorizzazione, ma una formazione con gli stessi suoi atleti, da Marzaioli a Zan­ca­naro, ma vestiti in livrea anonima polemicamente nera...
Ancora teatrale, ma stavolta in maniera totalmente estranea ai valori e alle diatribe dello sport, fu la partenza drammatica da Napoli della Napoli-Potenza del 1969. Quella volta infatti la corsa fu costretta letteralmente ad andare in fuga, ma a gruppo compatto, da piazza Mu­ni­cipio, per una violenta protesta dei lavoratori portuali che aggredirono gli organizzatori e la carovana.
«Mai più a Napoli, il Giro», sentenziò un vilipeso ed umiliato Torriani, si racconta. Con Raschi che avrebbe espresso su pagina la sua amarezza. «Anche i ciclisti sono lavoratori. Non si aggrediscono. Sono i più operai, o forse gli unici tali, dei personaggi dello sport». A Potenza  vinse Michele Dan­cel­li, quel 24 maggio, in volata.
E come sono cambiate le cose, o almeno qui e dovunque solo in apparenza, da quel “mai più a Napoli, il Giro”, di Vin­cenzo Torriani del 1969. Ed ora con la frazione che per la prima volta viceversa da Po­tenza porterà la corsa a Na­po­li, e al quarto anno di seguito sede di arrivo come per un pre­cetto teologale, sarebbe leale che gli appassionati della città - o almeno gli anziani testimoni di allora - applaudissero  emblematicamente il Giro, anche per quegli insulti remoti da stadio fuori luogo.

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