Polti, ritorno al futuro

di Pier Augusto Stagi

In silenzio. Un lungo e interminabile silenzio, per certi versi assolutamente inaspettato. Era nelle sue intenzioni sorprendere papà, nelle sue come in quelle di suo fratello, che avevano studiato tutto alla perfezione affinché l’appassionatissimo genitore, parecchio appassionato e altrettanto passionale, restasse davvero senza parole, ma così no. Così era troppo. In silenzio a guardarsi attorno, come a cercare uno sguardo che gli confermasse che non fosse uno scherzo, che era tutto vero, tutto autenticamente vero: la Polti tornava nel ciclismo. La Polti, quel logo e quella ma­glia giallo-rosso-verde, quella magnifica “salamandra” che negli Anni No­vanta e per sette anni, dal 1994 al 2000 (con una stagione di rodaggio sulla ma­glia della Lampre, nel 1993, anno di gra­zia di Maurizio Fon­driest primo sul traguardo della Sanremo, ndr) ha se­gnato una parte della storia del ciclismo italiano, sarebbe tornata nel ciclismo. Se la ricorda bene Franco Polti, 79 anni da compiere il 3 novembre prossimo, quella domenica pomeriggio nel suo “buen retiro” di Ve­ne­gono Su­pe­riore. Era il 16 luglio, sua figlia Fran­cesca, attuale amministratrice delegata e presidente della Polti, ha davvero confezionato tutto nei dettagli. Deve essere una sorpresa e sorpresa sarà. Tutti i passaggi istituzionali - di­ciamo aziendali - sono stati fatti. Tutto è stato condiviso con tutti, a cominciare da suo fratello Stefano, che in azienda siede nel consiglio di amministrazione e si occupa prevalentemente del comparto caffè. Ha lavorato sodo e velocissimamente Francesca e ora c’è da fare la sorpresa a papà Franco, il quale è ignaro di tutto. Solo qualche mese prima era stato chiamato a ri­spondere ad una domanda precisa di Francesca: «Papà, dei tanti sport che hai sponsorizzato, dalla F.1 di Be­net­ton-Briatore, con alla guida Michael Schumacher, al basket con la pallacanestro Cantù di Antonello Riva, per arrivare al ciclismo con Gian Luigi Stanga, quale di questi ti è restato nel cuore e quale ritieni ancora oggi quello più redditizio per un’azienda?».
Una domanda secca, che esigeva da par­te di papà Franco, una risposta… franca.
«Senza ombra di dubbio alcuno il ciclismo. Sport popolare e bellissimo, animato da bellissime persone. E poi, i risultati a livello sportivo e aziendale sono stati certamente i più buoni, i più efficaci».
Fine. Risposta chiara ed esaustiva. Francesca ne prende atto e tiene tutto lì, in un angolo del cuore. E si presenta nel primo pomeriggio di quel 16 luglio che fa parte già della storia da papà Franco e mamma Teresa, accompagnata da Fernando, suo marito, e da Ste­fa­no. È il giorno dell’annuncio. Tutto è stato creato a regola d’arte per l’effetto sorpresa. Lei si è anche fatta dare una maglia azzurra della Eolo-Kometa da Ivan Basso e, ad un certo punto, ecco che la tira fuori dalla borsa e la mostra tenendola ben in vista. «Papà, conosci questa maglia? …».
«Certo!».
Risponde deciso papà.
«È la squadra di Ivan Basso, un bravissimo ragazzo che, dopo aver fatto un’importantissima carriera da corridore, adesso sta facendo benissimo anche come manager».
«Bene, dal prossimo anno questa squadra si chiamerà Polti!».
Silenzio. Un lungo e interminabile si­lenzio, per certi versi assolutamente ina­spettato. Chi conosce Franco Polti sa perfettamente che è pressoché im­possibile togliergli la parola. Lui è un fiume in piena di aneddoti e storie, di racconti e rimandi. Quando si dice un tipo di compagnia, Franco Polti è un animatore nato. Un vulcanico e incontenibile anfitrione capace di affabulare per ore. Bene, davanti a quella maglia di color celeste, Franco Polti resta davvero senza parole…
«Era il nostro obiettivo - mi racconta og­gi divertita Francesca Polti, AD dell’omonima azienda, che conta in to­tale circa 230 dipendenti e ha un fatturato di quasi 90 milioni di euro -. Vo­levamo fare una sorpresa a papà e ci siamo riusciti. Per noi tutti è stata una grandissima emozione. Fortissima, pari alla sua. Diciamo che ci alimentavamo a vicenda e poi vedere papà commosso, vederlo piangere lacrime dolci di gioia, per noi tutti è stato un re­galo. Volevamo sorprenderlo e ci siamo riusciti, ma questo è solo l’inizio».
Come in ogni bella storia c’è un inizio e un antefatto. Tutto ha inizio con un post su Linkedin. È il 6 maggio e il Giro sta partendo con una crono individuale sulle strade di Fossacesia, in Abruzzo. Francesca, che è cresciuta a pane e ciclisti con i racconti di papà, sente di voler dire gra­zie al mondo delle due ruote e al Giro in particolare, e lo fa con grande delicatezza: «Per mio papà Franco il Giro d’Italia è sempre stato un momento di grande emozione - scrive -. La sua passione per il ciclismo traspariva dai racconti delle avventure che aveva vissuto con trasporto insieme al Team Polti, i loro successi - ritratti in tante foto - erano per lui motivo di grande orgoglio. Amava seguire le gare in prima persona per sentirsi vicino alla gente e condividere con loro l’entusiasmo per i corridori che sfrecciavano davanti ai suoi occhi. Spesso mi è capitato di vivere insieme a lui quei momenti (ora bellissimi ricordi) grazie ai quali abbiamo capito entrambi cosa vuol dire essere un team e fare squadra, nello sport così come nella vita e, ovviamente, in azienda. Sebbene il Team Polti non sia più attivo da tempo, il Giro d’Italia - che è cominciato proprio oggi - rappresenta ancora per lui un evento speciale, un’occasione nella quale sentirsi tuttora parte di quella comunità di appassionati che lo hanno sostenuto per così tanti anni!».
Poche righe per esprimere perfettamente il legame con uno sport che è entrato profondamente nel cuore e nella storia di questa famiglia. Un post che non era altro che un tributo.
«Ed è davvero così - mi racconta Fran­ce­sca -, non avevo altro scopo che dire al mondo del ciclismo: buon viaggio! Bonne route! Viva il Giro!».
Poi, però, la vita è fatta di momenti e di opportunità. C’è chi guarda e legge e magari risponde anche. Come Ivan Basso, che il giorno dopo scrive queste poche righe: «Gentilissima Francesca, mi è capitato di leggere, questa mattina, quello che ha scritto sul suo profilo Linkedin sul Team Polti e sul vostro rapporto con il ciclismo e con il Giro d’Italia: e, sarò sincero, quelle righe mi hanno colpito e mi hanno fatto pensare. Ricordo tanto bene, co­me ricordano tutti gli appassionati di ciclismo, quella squadra splendida che ha portato il vo­stro nome in giro per il mondo: ricordo i colori diventati iconici, ricordo i corridori che sono diventati campioni, ricordo le vittorie. Ricordo la storia che ave­te raccontato».
Da questi due post, parte tutto. Come spesso capita nella vita. Ci sono treni che passano e qualcuno è capace di prenderli.
«È proprio così - prosegue Francesca Polti -. Dopo la risposta di Ivan, che mi ha davvero colpita, io gli ho risposto dicendogli: incontriamoci. Credetemi, non avevo assolutamente in mente di entrare nel ciclismo. Quel post è stato solo un pensiero ad un tempo andato, un omaggio sincero ad un mondo a noi caro. Poi la risposta di Ivan mi ha in­dotto a dire: incontriamoci, così ci si co­nosce e ci si parla. Dopo il primo in­contro mi si è aperto un mondo, ho compreso quello che mi ha sempre raccontato papà, che questo è uno sport pieno di opportunità. Il ciclismo racchiude in sé i valori della nostra azienda, che deve guardare a tutti, che deve avvicinare tutti e per farlo ha assoluta necessità di essere sempre più squadra. Ecco, perché non rifare un team? Ne ho parlato con Ivan, ne abbiamo di­scusso molto in azienda, poi mi sono confrontata con mio fratello e Walter Lironi (siede nel consiglio, ndr) e con tutti i miei più stretti collaboratori, co­me il nuovo direttore commerciale Vin­cent Huinck (olandese e una passione per il ciclismo fortissima, ndr) e la nuova direttrice marketing, Manuela Figini, ed eccoci qui».
«Eh già, sono ancora qua…», dice di­vertito Franco Polti, come un Vasco Ros­si di Venegono Superiore, anziché di Zocca.
«Non potevano davvero farmi un regalo più bello e prezioso, sono davvero orgoglioso e felice di questo, anche se il vero regalo l’hanno fatto all’azienda, perché il ciclismo, ne sono assolutamente convinto, è un affare. È un efficientissimo veicolo pubblicitario».
Ne è convinta soprattutto Francesca «che questa scelta è stata fatta sì con il cuore, ma anche e soprattutto con tan­te valutazioni razionali. Io ho sempre creduto tantissimo nelle risorse umane e la squadra è una risorsa di uomini e ragazzi in più. Questa è l’occasione giusta per rilanciare il nostro brand. Cosa mi è piaciuto di Ivan? Che mi ab­bia detto subito: “noi possiamo darle quello che voi chiedete. Noi abbiamo i requisiti”. Il progetto Eolo-Kometa è lì da vedere: bello e pulito. Ha una bellissima immagine e per noi è fondamentale. È il punto di partenza ideale. Se pensiamo a World Tour? Un passo per volta, adesso pensiamo alla maglia, a mettere in moto tutta una serie di strategie che possano essere da supporto alla squadra e nel contempo il team deve calibrarsi su di noi, calandosi nel­la nostra filosofia».
E ancora: «Ivan è il primo a non promettere la luna: si va per gradi. La crescita è una conseguenza di quello che di buono sapremo fare. Noi crediamo molto nel progetto di Ivan, Alberto e Fran: i ragazzi buoni vanno cresciuti, ma anche tenuti. Dobbiamo avere la forza di mantenere ciò che andiamo a creare, senza dover ricominciare da capo ogni volta . Come dice Ivan: creare talenti e aspettarli. Farli crescere, per poi raccoglierne i frutti».

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