Grazie Vincenzo!

di Pier Augusto Stagi

«Sono arrivato finito, senza più una stilla di energia, ho dato davvero tutto: che fatica…». Gli occhi e le parole di Vincenzo Nibali sono il manifesto della stanchezza, il suo sorriso però lascia trasparire la gioia. «Sì, sono consapevole di non aver fatto una cosa semplice, convenzionale, arrivare quarto alla mia età è un gran bel risultato», dice lo Squalo dello Stretto.
Un quarto posto ottenuto con i denti, con una determinazione che è difficile ritrovare in corridori della sua età, so­prattutto dopo diciotto anni di professionismo e una serie impressionante di successi.
«Mi ha commosso, lo devo ammettere - dice Beppe Martinelli, che di cose ciclistiche ne ha viste parecchie, oltre ad averne vinte, di corse -. In questo Giro mio ha commosso almeno in due circostanze. La prima, alla vigilia della tappa di Messina, quando lo Squalo ha reso nota la sua decisione di lasciare il ciclismo a fine stagione. Me l’ha detto la sera prima: e mi sono commosso. Mi è ve­nuto da piangere, questi sono mo­menti importanti della nostra vita. Per me significa tanto, perché forse è l’ultimo grande campione che ho al mio fianco. Dell’annuncio noi, tutti, non sa­pevamo nulla. Ha fatto una bella cosa, da persona intelligente e, ne sono cer­to, dietro c’è anche la figura paziente e per nulla marginale di Rachele, sua mo­glie. Quattro anni fa, quando ci se­pa­rammo, era un Vincenzo che decideva e faceva. Oggi ho trovato un uomo mol­to più maturato e più disposto ad ascoltare, soprattutto la sua donna. “Martino non ti preoccupare, ci pensa Rachele…”. Non hai idea di quante volte me l’ha detto. Ma tornando alla commozione, la seconda è stata all’arrivo sul Passo Fedaia, nella tappa finale della Marmolada. Lì ho visto un Vin­cenzo strepitoso. Non potete capire. Ha messo non solo la sua classe, ma la sua voglia di competizione, che in questi anni gli ha permesso di vincere quello che ha vinto e oggi di ottenere un piazzamento incredibile. È arrivato stremato. Un altro, al posto suo, avrebbe detto: “ma andate a quel paese…”. Lui no, ci ha portato nuovamente là in alto, appena sotto al podio».
Due vittorie al Giro, più sei podi. Un quarto, un settimo, un undicesimo, un diciottesimo e un diciannovesimo posto. Il 19° e 11° nei primi due Giri del­la sua carriera, nel 2007 e nel 2008, a 22 e 23 anni. L’anno successivo, a 24 anni è terzo. Poi secondo, infine pri­mo.
«È vero, non ho vinto, ma sono felice. Lo ammetto - dice il siciliano all’ombra dell’Arena di Verona - sono davvero sereno, perché non mi posso rimproverare di nulla, perché ho dato tutto quello che avevo e sono contento di aver ricevuto in queste tre settimane un af­fetto incredibile. Se questo quarto po­sto vale quanto una vittoria? Alla mia età sì».
Mai o quasi abbiamo visto Vincenzo Nibali più emozionato.
«Ero parecchio stanco, e non sono riuscito a riposare bene», dice a chi gli fa presente che nella crono finale di Ve­rona Pello Bilbao ha insidiato il suo quarto posto. Lo Squalo ha ceduto 46” allo spagnolo, gliene sono rimasti 12”, sufficienti per restargli davanti. «Lo, lo so, me l’hanno detto in tanti, ma più che dire che sono arrivato stanco non posso. E poi poche storie. Sono stati sufficienti o no quei 12”? E allora…», sorride.
A quasi 38 anni il siciliano dell’Astana ha chiuso per la tredicesima volta un Grande Giro nei primi quattro (4 le vittorie, ndr), come nella storia solo An­quetil, Bartali e Gimondi: così, tan­to per gradire. Per il resto della stagione, la linea la traccia sempre lui, il professore: Giuseppe Martinelli: «Farà il campionato italiano in linea in Puglia , il 26 giugno. Poi probabilmente San Seba­stian e Burgos prima della Vuelta, dove non farà classifica ma andrà a caccia del successo di tappa che al Giro gli è mancato. Chiusura al Lombardia. So­no felice che Vincenzo sia tornato da noi, per questa bellissima passerella, che non è una cosa patetica e scontata, ma di livello. Sono felice per lui e per noi, perché questa la considero e la consideriamo, anche un premio a quello che assieme abbiamo fatto».
E poi ancora: «Vincenzo ha fatto tutto bene. Ha scelto di tornare all’Astana e di questo, consentitemelo, il merito è anche un po’ mio. Dopo aver perso tantissimi corridori di livello (da Fuglsang in giù, ndr), Vincenzo era l’unico che poteva dare un senso alla no­stra stagione, l’ha dato e lo darà. Poi l’altra cosa giusta che ha fatto è stata quella di annunciare nella sua Sicilia l’abbandono alle competizioni, che sarà un lungo addio, un riconoscimento alla sua carriera. Ha fatto proprio bene, e sono con­­tento per lui. Vin­cenzo è davvero un ragazzo speciale, che si merita questo e altro».
Prima dell’annuncio, a Nibali tutti chiedevano quando si sarebbe ritirato. Adesso il tormentone è “Sei proprio sicuro di smettere, non è che ci ripensi?”. «Io credo che non ci ri­penserà - aggiunge sempre Martino -: uno che arriva a prendere certe decisioni, significa che ci ha pensato bene e sa quello che fa».
Il boato più grande, con tutto il rispetto per Jai Hindley, è tutto per lo Squa­lo. Nell’Arena di Verona, che aveva celebrato il primo dei suoi 6 podi al Giro nel 2010, è stato salutato da un boato e cori da stadio. Enzo si è commosso. Ha preso il microfono in mano e ha lasciato andare i suoi pensieri, le sue parole: «Grazie, queste sono emozioni molto forti. Forse neanche quando ho vinto sono state tali. Vi dico eternamente e veramente grazie». Non voleva scendere dal palco, poi ci è ri­tornato perché ha ricevuto il Trofeo Bonacossa, intitolato ad Alberto Bona­cossa, uno dei padri dell’olimpismo e della Gazzetta (era già stato suo nel 2017), per tutte le imprese che hanno caratterizzato la sua storia in rosa.
E poi ancora: «Il Giro è casa mia, il Gi­ro mi ha reso quello che sono. Ho dato e ricevuto tantissimo, era la corsa dei miei sogni», ripete Enzo insistendo su­gli stessi concetti del giorno prima sul­la Marmolada.
«Pensare che a quasi 38 anni abbia fatto un Giro di questa portata, arrivando quarto, per di più amato in ma­niera incredibile dai nostri tifosi... Nibali è qualcosa di unico - dice estasiato Urbano Cairo, presidente di Rcs Mediagroup -. È un grande campione, mi dispiace molto che si ritiri. Ma lui può diventare un grande Ambassador del ciclismo italiano nel mondo, e se­condo me va coinvolto in qualche mo­do. Lui ha sempre detto che il Giro è casa sua. Vincenzo è molto legato alla corsa rosa, ha molto affetto per noi, spero si possa inventare per lui un ruo­lo adatto. Ne parlerò con Paolo Bellino e Mauro Vegni (direttore generale di Rcs Sport e direttore del Giro: ndr), mi piacerebbe coinvolgerlo. Lui ha più volte ringraziato il Giro e il ciclismo, ma anche il nostro grazie a lui è dovuto». Grazie Vincenzo.

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