Van Aert, il re delle nevi

di Carlo Malvestio

Lo abbiamo visto vin­cere la Milano-Sanremo e la Strade Bianche, lo abbiamo visto vincere la tappa del Mont Ven­toux al Tour de France, lo ab­biamo visto battere Filippo Ganna a cronometro, lo ab­biamo visto a braccia alzate do­po la volata sui Campi Elisi e lo abbiamo visto laurearsi tre volte campione del mondo nel ciclocross. Per Wout Van Aert nessun terreno rappresenta un limite, ma, anzi, uno stimolo per spingersi ancora oltre e confermarsi si­curamente il corridore più completo del nuovo millennio. Così quando Flanders Classic ha deciso di organizzare una prova di Coppa del Mondo di ciclocross in Val di Sole, in mezzo alla neve, Van Aert ha chiamato la Jumbo-Visma e ha detto: «Prepara­tevi perché si va in Italia. Voglio gareggiare e vincere sulla neve».
Poco male se il giorno prima si era già preso l’impegno per l’EthiasCross di Essen. D’altronde 24 ore bastano e avanzano per trasferirsi dal Belgio all’Italia, recuperare le energie ed essere ai cancelli di partenza di Vermiglio.
Così il fenomeno belga, dopo aver do­minato sul fango di Essen - sua se­conda uscita stagionale nel fuoristrada dopo il Superprestige di Boom che, neanche a dirlo, aveva vinto - ha preso il primo aereo per l’Italia e in tarda serata era già Vermiglio, mentre i meccanici della Jumbo-Visma ultimavano l’assetto della sua bicicletta per l’inedita prova sulla neve.
In mattinata ha fatto qualche giro sul percorso (i suoi avversari, come Tom Pidcock, avevano testato il tracciato an­che il giorno precedente) e alle 14 si è lanciato per i sette giri dell’anello di 3 km disegnato dagli organizzatori. In testa fin dalle primissime battute di gara, il 27enne di Heren­tals ha condotto per tutta la gara con apparente facilità, arrivando a braccia alzate e facendo 3 su 3 nel suo inizio di stagione nel fuoristrada.
«In fin dei conti è stato come an­dare da una tappa all’altra durante una corsa a tappe, anche se il trasferimento è stato sicuramente più lungo - ammette Van Aert, sorridente e gioviale -. La squadra è abituata a fare questo tipo di spostamenti, con grande organizzazione e puntualità, quindi quelli bravi sono loro, io devo solo spingere più che posso in bicicletta. Dal punto di vista fisico, in­vece, per il cuore è più semplice recuperare da un giorno all’altro perché lo sforzo è più breve, diciamo che assomiglia di più a una cronometro. Ma, per esempio, a Essen c’erano tanti tratti a piedi da fare quindi in Val di Sole il corpo un po’ ne ha risentito. Nel complesso, però, non soffro il fatto di correre per dei giorni consecutivi, proprio come su strada. Dopo un anno come il 2021 sarebbe stato più facile rilassarsi un po’ e ricaricare le pile in vista della nuo­va stagione, ma amo troppo questa disciplina. Mi diverte ed è anche un’ottima preparazione per l’anno a ve­nire. Al cuor non si comanda».
Il fatto di correre sulla neve, però, presentava qualche incognita: «C’è bisogno soprattutto di una buona tecnica, più che la potenza in sé - ha spiegato ancora il belga dopo il suo successo -. Era necessario cercare di rimanere in bicicletta il più possibile, anche se non sempre era possibile e anch’io sono scivolato un paio di volte. Col passare dei giri, poi, le condizioni cambiavano, diventava sempre più freddo e il terreno ghiacciato. Bisognava sapersi adattare rapidamente e rimanere sempre concentrati, non spingere troppo perché si rischiava l’errore, una caduta era dietro l’angolo e quindi era fondamentale trovare il giusto equilibrio tra spinta e stabilità. Proprio per questo mi sono divertito».
Nella storia del ciclocross più di qualche volta è capitato di dover fare i conti con neve e ghiaccio, ma era la prima gara in assoluto pensata appositamente per far sbizzarrire i crossisti sulla su­perficie bianca.
«Si è fatta la storia del ciclocross, è la prima volta che si correva con uno scenario come questo. E con questo non intendo solo la neve, ma anche le Alpi a fare da contorno. Io volevo veramente esserci e testarmi su questa superficie» ammette ancora Van Aert, che nelle Fiandre non è particolarmente abituato a fare i conti con la neve. «Mi è sempre piaciuta, anche se con tutti questi appuntamenti non ho tempo di godermela durante l’inverno. Qualche anno fa, dopo la stagione di ciclocross, andavo a sciare qualche giorno, ma poi mi è venuta la strana idea di correre an­che su strada e il tempo per sciare è svanito… La cosa importante, comunque, è che abbiamo dimostrato che il ciclocross si può fare anche sulla neve, anche se temo che in futuro dovremmo cercarla sempre di più, visto che con il cambiamento climatico sta scomparendo. Quando ero bambino si vedeva spesso anche il Belgio, ora non più».
Wout quando viene in Italia si sente a casa; non è un caso che le vittorie finora più emozionanti della sua carriera, Sanremo e Strade Bianche, le abbia ottenute proprio nel Bel Paese. I tifosi lo sanno e appena possono gli fanno sentire il loro affetto: «Tutti sanno che amo correre in Italia, adoro il calore e l’entusiasmo degli spettatori, sono spettacolari. Anche in Val di Sole han­no regalato un bello show e sono contento di aver risposto con una bella prestazione».
Non è nemmeno un caso che nei pochi giorni di pausa che ha avuto tra la fine della stagione su strada e l’inizio del ciclocross abbia optato per qualche giornata di relax con la famiglia in Pu­glia. E poi, quando è nel nostro Paese, ama scrivere i post sui suoi profili so­cial in italiano: «Onestamente, però, uso sempre Google Translate per scrivere le didascalie (ride, ndr). Però una cosa in italiano voglio dirla: ‘grazie tifosi italiani’».
Nelle ultime settimane si è discusso mol­to sul fatto che Wout Van Aert abbia deciso di vendere le sue migliori vittorie su strada come NFT. Per chi non ha domestichezza con l’argomento, NFT sta per “non-fungible token”, ovvero certificati “di proprietà” su opere digitali basate sulla tecnologia blockchain che, per intendersi, è diventata celebre coi bitcoin. Van Aert è il primo ciclista a sperimentare gli NFT, con l’obiettivo chiaro di ricavarne qualcosa di significativo dal punto di vista economico. Così, per scherzare, in Val di Sole gli abbiamo chiesto se anche questa vittoria sulla neve l’avrebbe venduta come NFT: «Beh, magari, perché no... Metti che tra 10 anni l’evento in Val di Sole sia il più importante del calendario, potrò dire di essere stato il primo ad averlo venduto come NFT... e diventerò finalmente ricco» ha risposto prontamente ridendo.

OBIETTIVO OLIMPICO - La prova di Cop­pa del Mondo in Val di Sole, però, aveva un duplice obiettivo, perché sulla gara era anche puntata la lente di in­grandimento del Comitato Olimpico In­ternazionale. Da anni, infatti, si di­batte sul fatto che il ciclocross debba trovare spazio nel calendario dei Gio­chi Olimpici invernali, ma per re­go­lamento la disciplina deve svolgersi su neve o ghiaccio. Bene, in Val di Sole si è avuta la conferma che il ciclocross è sport invernale esattamente come tanti altri. Tomas Van den Spiegel, CEO di Flanders Classic, ha ammesso di voler far diventare la Val di Sole un appuntamento fisso della Coppa del Mondo e che anche l’Italia deve essere al centro dei programmi internazionali di ciclocross.
Sull’argomento olimpico, Van Aert ha una sua opinione chiara: «Parliamo di una disciplina che richiede un altissimo livello di atletismo e allenamenti. Lo faccio da quando ho 8 anni quindi posso dirlo senza problemi: il ciclocross può senz’altro rientrare all’interno del programma olimpico. Quello che bisognerebbe fare è allargare il ba­cino di partecipanti e appassionati, perché per ora è sempre stato pressoché un monopolio di atleti belgi e olandesi, più qualche americano. Credo che pian piano si stia aprendo, basta vedere l’entusiasmo che c’è stato qua in Italia, ma da quando sono piccolo raramente sono uscito da Belgio e Olanda per correre una gara di Coppa del Mondo. Proprio per questo spero che molti bambini italiani abbiano guardato la gara in Val di Sole, così magari tra qualche anno avremo anche qualche campione italiano. Quindi, prima di tutto dobbiamo lavorare noi per rendere il ciclocross più internazionale, do­podiché potremo spingere per inserirlo nel programma olimpico, che a quel punto aiuterebbe la disciplina ad avere una visibilità ancora maggiore».
Quel che è certo è che, erba, fango o neve che sia, Van Aert è quasi imbattibile, Mathieu Van der Poel permettendo. Per molti è già diventato “il Re delle Nevi” e lo stesso fenomeno belga ha ammesso che gli piacerebbe eventualmente tornare per difendere il suo scettro. «Tutto bello, però, onestamente, preferirei essere chiamato "il Re del ciclocross...».

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