Editoriale

di Pier Augusto Stagi

TUTTI ASSIEME APPASSIONATAMENTE. Dal Trentino alle Fiandre, una lunga serie di successi e di emozioni senza tempo che con il tempo hanno a che fare. Nel senso che Filippo Ganna si è confermato in Belgio per il secondo anno consecutivo il re del cronometro, e sempre il nostro SuperPippo nazionale ha guidato la staffetta mista ad uno storico bronzo che farà storia a prescindere e che un altro Filippo, in questo caso Baroncini, ha rinverdito la storia della rassegna iridata under 23, andando a conquistare la sesta maglia di campione del mondo della storia dopo quelle di Giuliano Figueras, Ivan Basso, Leonardo Giordani, Francesco Chicchi e Samuele Battistella. E già che ci sono non posso dimenticare nemmeno Elisa Balsamo, pianista, prossima professoressa in lettere e forse giornalista, che per il momento è la nuova campionessa del mondo nella massima categoria femminile.
Dal Trentino alle Fiandre, un solo colore: l’azzurro di una squadra che comunque avrà anche delle lacune, visto che non dispone più di carte sicure come Vincenzo Nibali per i Grandi Giri o di un Paolo Bettini nelle classiche Monumento (se è per questo non abbiamo più nemmeno dei Cipollini o dei Petacchi…), ma ci difendiamo un po’ dappertutto, con quello che abbiamo, facendo di necessità virtù. Stiamo però vivendo l’età dell’oro nelle prove contro il tempo grazie a Ganna e ad una scuola di assoluto livello, mai così ricca e rigogliosa.
Dal Trentino torniamo con il titolo Continentale nella staffetta mista (team relay), dalle Fiandre con un bronzo che pesa. Lo dico senza tanti giri di parole: questa nuova specialità mi piace un sacco. Mi piace vedere questa commistione tra sessi. Questa unione di sforzi, sia atletici che tattici. Credo che servirà alla crescita esponenziale dell’interesse nei confronti del ciclismo femminile e, francamente, la butto lì, non mi dispiacerebbe affatto vedere un giorno una cronosquadre mista, con la gestione dello sforzo da parte dei ragazzi, che devono saper andare in perfetta armonia con le ragazze, senza metterle in difficoltà. Forza e delicatezza, potenza e gestione, velocità e armonia. Uomini e donne insieme, per un unico obiettivo, in una grande sfida di genere, non tra i generi. Forse pretendo troppo, ma siamo già sulla buona strada. Questa “team relay” è già adesso tanta roba, anche se sogno di vedere Ganna, Affini e Sobrero, con Longo Borghini, Cecchini e Cavalli, tutti assieme appassionatamente.

C’È QUALCOSA DI NUOVO. La sfida continentale di Trento è stata qualcosa di magico, ma la sfida iridata è stata davvero un sogno. Si pensava che la chiave per lo spettacolo fosse un circuito armonico ed esigente, ma non proibitivo (è così), con un chilometraggio importante, ma non monstre (177 km). La sfida iridata di Lovanio ci ha confermato che un percorso nervoso, aiuta parecchio, ma la chiave di volta nonostante i 90 chilometri in più rispetto a Trento, mi sembra che sia merito loro: dei corridori. Se hai interpreti all’altezza che non hanno paura di osare, ogni organizzatore è felice. Mi sembra che la svolta sia avvenuta al Tour 2019, vinto da Bernal, ma esaltato da un impareggiabile Julian Alaphilippe. Da quel momento in poi si sono palesati corridori di livello assoluto come Tadej Pogacar e Primoz Roglic, che in quello stesso anno sono andati a coprire due gradini del podio della Vuelta: il pupo sloveno terzo, e il connazionale ex saltatore sul gradino più alto. A questi si sono aggiunti con ferocia Wout van Aert e Mathieu Van der Poel, corridori per tutte le stagioni, capaci di correre sia in inverno sui campi del ciclocross che su strada, e Remco Evenepoel, autentico simbolo del nuovo che avanza. Questi hanno segnato un nuovo modo di intendere il ciclismo, incurante di prendere musate, ma desideroso di divertirsi per divertire.
Per molti anni siamo stati abituati alla programmazione esasperata, ad un ciclismo fatto di frequenze e pulsazioni, di frullate e andature folli, oggi c’è questa aria nuova che sa di purezza, sperando di non essere miseramente smentiti. Io godo e li ringrazio: uno per uno. Questa nuova generazione da tre anni ci sta facendo vedere qualcosa di nuovo. Anzi, per dirla con Pascoli, c'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico. Pensateci: quest’anno abbiamo assistito forse alla Tirreno Adriatico più bella di sempre. Ma non possiamo certo dire che Giro, Tour o Vuelta siano stati un condensato di banalità o prevedibilità. Sono corse libere, dove la tattica c’è, ma poi trova spazio anche l’istinto, quel sano gusto folle di provarci sempre e comunque e che avvicina tanti appassionati al questo adorabile sport. Trento e Lovanio, Maurizio Evangelista e Tomas Van den Spiegel: indubbiamente due grandi organizzatori. Ma la chiave di tutto questo è sempre la stessa: i corridori. Quelli buoni. Quelli giusti. C’è una nuova generazione di fenomeni, che rende le nostre corse diverse da quelle degli Armstrong e dei Froome. C’è davvero qualcosa di nuovo oggi nel sole, e sulle nostre strade…

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