Sangue e San Gennaro. Siamo costretti a parlare ancora una volta di sangue, piastrine, valori ematici e via elencando. L’ematocrito dei corridori, e in particolare quello di Claudio Chiappucci, è stato il leit-motiv di questa stagione contraddittoria.
Per il ciclismo la questione del sangue ha raggiunto la sacralità e il mistero dell’ampolla che conserva il plasma di San Gennaro, patrono di Napoli, il cui sangue due volte all’anno si scioglie con tutti i presagi positivi e beneauguranti del caso. Lo stesso si può dire oggi del sangue dei corridori: quando è bello fluido, sciolto, tutti felici e contenti; quando l’ematocrito segna valori elevati, di sospetta viscosità e solidità, sono dolori, per tutti. Ad ogni corsa si vive con il fiato sospeso: quale sarà la sorte del ciclismo? E allora tutti lì ad attendere che il sangue dei corridori si sciolga, per il bene del ciclismo e dei ciclisti.
Sangue e trasparenza. A San Sebastian il presidente della Federazione Ciclistica Italiana Giancarlo Ceruti ha affondato i colpi. La sua campagna a favore della salvaguardia della salute degli atleti ha il volto di Claudio Chiappucci, fermato in via preventiva perchè i suoi valori ematici erano superiori al tetto del 50%. La strada della trasparenza scelta da Ceruti ci trova completamente d’accordo. I corridori sapevano, hanno accettato e alla fine hanno affrontato le conseguenze. Ma quel che ci lascia perplessi è che fino al mondiale di San Sebastian la condotta della Federciclismo era stata ben diversa, nel rispetto della legge numero 675 del Governo Italiano («Salvaguardia delle persone e degli altri soggetti nel rispetto della privacy»), per intenderci. Al Giro baby, nel mese di giugno, sono stati fermati alcuni corridori con ematocrito alle stelle, e per loro è stato mantenuta l’assoluta riservatezza. Noi non vogliamo teorizzare o rimpiangere la pratica dell’insabbiatura, ma chiediamo che si usino metodi uguali per tutti: si è scelta la strada della trasparenza? bene, che si facciano i nomi di tutti.
Chiappucci fa bene a preoccuparsi della sua immagine, e ad appellarsi alla legge sulla privacy non rispettata, ma l’unica cosa che può realmente importargli è riuscire a dimostrare di avere l’ematocrito alto naturalmente, oppure provare che le norme del regolamento UCI sui controlli sanguigni effettuati in Spagna sono state lese. La legge sulla privacy non rispettata è al massimo un atto di ingiustizia, ma non cambia la sostanza del problema.Quello dei valori ematici alti, appunto.
Sangue e chiarezza. Questa vicenda ci ha confermato un dubbio: il regolamento sui controlli del sangue non è dei più chiari.
Si fanno i controlli del sangue e se qualcuno viene pescato con i valori alle stelle lo si ferma per «questioni di salute», non per «sospetto uso di doping». E allora se è una questione preventiva perché li si deve sbugiardare davanti a tutti come si è fatto con Chiappucci? Se una Federazione decide di fare dei controlli preventivi è perché vuole mettersi al sicuro da possibili figuracce davanti al mondo, e la nostra Federazione perché allora ha deciso di sbattere il «mostro» Chiappucci in prima pagina? A questo punto il lettore, sgomento, si domanderà: ma da che parte sta tuttoBICI? È favorevole alla linea assunta dalla Federciclismo o pende dalla parte di Chiappucci? Se avete l’impressione che siamo un po’ confusi avete visto giusto. Ma a nostra parziale giustificazione va detto che confusa è la regolamentazione che muove tutta questa procedura. Noi siamo per la chiarezza. Che si facciano i controlli, che si comunichino senza chiamare in causa la privacy e che si scriva che il corridore fermato non è stato fatto partire perché non regolare con la normativa doping. D’altronde la Federciclismo, ma se per questo anche l’Uci, ha fermato corridori perché «inadatti allo svolgimento dell’attività ciclistica» comminando loro una pena di 15 o 30 giorni. Se si trattasse di una semplice questione di salute, il corridore dovrebbe restare fermo il tempo necessario alla sua guarigione. Perché bloccarli, perché infliggere loro una pena?
La verità è che questi controlli altro non sono che un sottile stratagemma, peraltro giustissimo, per combattere il doping: e allora che li si chiamino con il loro nome. Non vorremmo però che questa battaglia altro non fosse che un modo per combattere altre battaglie, di carattere politico, a livello nazionale e internazionale. Il fine giustifica il mezzo, diceva Machiavelli, ma non è carino che ancora una volta, in mezzo, ci finisca il ciclismo.
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