L'ORA DEL PASTO. MACCHINE SENZA PAURA

INIZIATIVE | 27/12/2016 | 07:55
C’è un momento in cui la strada s’impenna o si addolcisce, la porta si allunga o si rimpicciolisce, il canestro si allarga o si stringe, la linea di meta si allontana o si avvicina, l’acqua sale alla gola o scivola sotto il corpo. C’è un momento in cui è come se si perdesse il senso della realtà: la salita è quella, è sempre quella, la stessa, e non può cambiare, ma per le gambe, per i polmoni, soprattutto per la testa, la pendenza può farsi più dura e cattiva oppure più umana e ragionevole.

Il limite – metri, centimetri, minuti, secondi, chili, grammi - sta dentro di noi. Limiti muscolari e sentimentali, familiari e genetici, caratteriali e agonistici. Una sottile linea rossa, un’infinita zona franca, una misteriosa terra di nessuno dove si danza, si balla, si gioca, si rischia, ci si avventura. La differenza fra un campione e un gregario, fra il guinness dei primati e quello dei privati.

Alessio Stefano Berti sostiene che, quelli che ce la fanno, sono “Macchine senza paura”: «I limiti, come le paure, spesso sono solo un’illusione, l’ha detto Michael Jordan e non si può che dargli ragione, perché i limiti e le paure hanno a che fare con la mente di un atleta, nascono dentro di lui e solo dentro di lui possono scomparire, come illusioni, appunto. E’ la paura che cambia la prospettiva, c’è chi materializza la paura in un avversario, c’è chi la prova immaginando una sconfitta, chi la vede persino di fronte all’idea di vincere, non esiste un antidoto universale, ciascuno deve trovare il suo modo di superarla, il trasformarla in un’illusione, e quando quel momento arriva, si aprono le porte di storie incredibili».

In “Macchine senza paura”, Berti ricorda il Tour de France del 1948, quando Gino Bartali conquistò le montagne, vinse la corsa e scongiurò la guerra civile in un'Italia che stava andando alla deriva. E racconta il Tour de France del 1998, quando Marco Pantani, abbattendo Jan Ullrich, “compì un’impresa leggendaria – dice Berti - che ha restituito al ciclismo l’orgoglio ferito”.

Parole di Berti (che è un padovano di Tombolo, come Beppe Beghetto), musiche degli Acustidò, cioè Davide Facco e Luca Violetto. Una recita, a Bassano del Grappa, venerdì 30 dicembre, alle 21, nel Caffè dell’Oste, in via Gamba 26.

Marco Pastonesi
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