PROFESSIONISTI | 30/11/-0001 | 00:00 Tra i corridori in attesa di un contratto per la
stagione 2017 c'è il milanese Daniele Colli. Classe 1982, professionista
dal 2005, ha difeso i colori di Liquigas Bianchi, Ceramica Panaria,
Carmiooro, Ceramica Flaminia, Geox, Team Type 1, Vini Fantini, Neri
Sottoli e Nippo negli ultimi due anni. Lo contattiamo mentre è impegno
ad Isola della Scala (VR) per lo shooting del nuovo catalogo di
Becyclist, il marchio di abbigliamento sportivo che ha creato in prima
persona.
Come stai? «Bene. Per quanto riguarda il mio futuro da
ciclista non ho in mano niente al momento quindi è dura, purtroppo ho
avuto qualche proposta ma non all'altezza di quanto mi aspettavo. Sono
stato contattato dalla GM Europa Ovini, ho ringraziato Marchesani ma ho
declinato l'offerta perchè vorrei partecipare a un calendario di primo
piano, la sua è una bella squadretta ma che avrà bisogno di qualche anno
per crescere e io a 34 anni non ho tempo da aspettare. Spero ancora che
possa palesarsi un progetto interessante al più presto, ad oggi mi
sento un ciclista imprenditore, ma da 1° gennaio magari il mio "titolo"
cambierà». Parliamo appunto del tuo, per ora, secondo lavoro.
«Becyclist è l'SRL che ho aperto un anno fa e ora conta già dieci
negozi. Mi sto guardando intorno, anche fuori dall'Italia, per far
crescere ulteriormente questo marchio. Il ciclismo in questo senso mi è
servito molto, quanto imparato in sella mi aiuta ad avere idee utili e a
creare qualcosa di nuovo. Il ciclismo, secondo me, ha voglia di
ringiovanirsi e lo sta facendo. Nel mondo del lavoro come in bici
bisogna organizzarsi ed essere una squadra. Nell'ultimo anno e mezzo
sono rimasto un po' da solo, mi sono sentito considerato poco anche se
mi sono sempre comportato da professionista».
Siete in tanti a
piedi... «Ho finito di correre in Cina un mese fa, ho iniziato il 2016
in Australia. Per me è stato un anno davvero lungo, ma a me piace
correre e non mi pesa. Sono stato così tanto in Asia che ormai era
diventata la mia seconda casa... Se dovessi finire così la mia carriera
qualche rimpianto ce l'avrei. Le conseguenze della caduta al Giro
d'Italia 2015 (causata dall'obiettivo di un fotografo che si è sporto
troppo dalle transenne, ndr) mi hanno condizionato parecchio, arrivavo
già da altre difficoltà che la vita mi aveva posto davanti (il
riferimento è al tumore benigno al ginocchio che gli fu diagnosticato al
termine della stagione 2010, ndr). In più non è facile emergere in un
ambiente un po' così così come quello delle due ruote, sulla mia strada
ho avuto a che fare con squadre che hanno chiuso e avuto problemi di
ogni genere. In Italia il ciclismo non sta passando un bel periodo, è
innegabile. Diciamo che non sono stato molto fortunato, ma alla fine per
carattere io tendo a guardare il bicchiere mezzo pieno. Rifarei tutto,
magari meglio». Giulia De Maio
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