REGIONI | 07/12/2016 | 10:48 Cordiano Dagnoni, 52 anni compiuti milanese di Rodano, ha ampiamente
meritato di passare alla guida del Comitato Regionale Lombardo della
Federazione Ciclistica Italiana. Passione travolgente quella di Dagnoni
per il ciclismo: figlio di Mario, grande stayers e personaggio delle due
ruote, ex corridore e attuale allenatore derny (gare in pista dietro
motorette), sabato scorso a Cavenago Brianza, dove si sono svolte le
elezioni, ha vissuto il più importante momento della sua vita dirigenziale. Ha
battuto il presidente uscente Francesco Bernardelli (288 voti contro
162).
Contento della nomina? «Non potrei dire altrimenti davanti ad un
riconoscimento di alto valore simbolico - racconta il neopresidente -. Ho
corso per vincere e ho vinto. Farò di tutto perchè la Lombardia dia una
spinta propulsiva al nostro sport».
La Lombardia è una potenza: 699
società agonistiche, quasi 26 mila tesserati. Lei è stato eletto
presidente della regione pilota d'Italia. «Se c'è una peculiarità che mi
riconosco, è il senso del dovere e l'affidabilità. Non tradirò la
fiducia che è stata riposta in me. Tra le priorità che mi ero posto
nella mia esposizione pre-elettorale, quella di ridare valore e un ruolo
di leader alla nostra regione. Io ce la metterò tutta, mi prendo questa
responsabilità con il Consiglio e con voi. Il mio obiettivo è essere il
Presidente di tutti e condividere con la base il mio operato e ricevere
belle parole, fra quattro anni».
Quanto conta il presidente della
Lombardia? «Si è parlato spesso della necessità di cambiare passo sotto
l'aspetto politico che da alcuni anni mancava. La nostra presenza deve
essere importante soprattutto nei confronti del Coni dal quale, a
seguito della mia elezione, ho ricevuto messaggi di considerazione in
maniera convinta e coerente». Quali sono i suoi primi ricordi di sport? «Al Vigorelli, la pista magica, dove mio padre Mario correva. Avevo 7-8
anni e già sentivo nel mio cuore il desiderio di salire in bicicletta.
Poi ho gareggiato, ho conquistato successi nelle categorie giovanili,
con la Dari-Mec sponsorizzata dalla mia famiglia».
Della sua attuale
squadra di collaboratori cosa ci dice? «Stiamo insieme da alcune
stagioni e sono felice di averli con me per i prossimi quattro anni. Con
Perego, Borghetti, Pioselli, Viganò, Alberti e Zini ci capiamo, ci
rispettiamo, ci confrontiamo nei giusti equilibri. Di quelli che
ipotizzavo purtroppo non è stato scelto Crisafulli, un dirigente bravo
nel suo ruolo, attento, di cui abbiamo davvero bisogno. Se ci sarà la
possibilità vedremo di farlo entrare nella nostra squadra».
Che ciclismo
si aspetta nel prossimo quadriennio? «In netto miglioramento. Più
credibile, con nuove strategie rivolte ai giovani in tutti i settori.
Una di queste sviluppare le piste di Bmx per avvicinare alla bicicletta i
ragazzi e gli stessi genitori, creare un ambiente sicuro e accogliente
per i loro figli. Sarebbe bellissimo».
Con quali parole si congeda. «Sono passati più di vent'anni da quando mio padre si era candidato alla
presidenza della Lombardia. L'avversario era - allora come oggi -
Francesco Bernardelli ma papà perse le elezioni. Se fosse ancora vivo sarebbe
fiero di quello che sono».
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