STORIA | 22/11/2016 | 07:23 KIGALI (Rwanda) – E’ stata la sua ultima corsa, il suo ultimo dorsale, il suo ultimo colpo di pedale. Ha detto fine, basta, stop. Bici al chiodo. Come quando Pietro Mennea ha chiuso con l’atletica, Dino Meneghin con il basket, Roberto Baggio con il calcio: un’epoca trasformata, in un attimo, in storia, memoria, leggenda.
Abraham Ruhumuriza, 37 anni, ruandese di Butare, è uno dei cinque corridori originali del Team Rwanda, la prima squadra formata da Jock Boyer nel 2007 rinascendo dalle ceneri del genocidio, il titolo del film-documentario che racconta un sogno, ma anche un bisogno, diventato partenza e arrivo, fughe e inseguimenti, attacchi e cadute, vita vera, vita vissuta, vita voluta. E il suo palmares è infinitamente superiore a quello documentato dai siti del ciclismo, fra tappe del Giro del Camerun e le classifiche generale del Kwita Izina Cycling Tour. Gambe e cicatrici sono certificati più affidabili di una esistenza dura, durissima, tutta in salita: aveva 14 anni al tempo del genocidio, di cui non vuole raccontare, ne ha viste troppe, e troppo crudeli, per riaprire ferite mai completamente rimarginate.
Lui che si era innamorato della bici del papà, un’autentica fortuna averla in casa, e poterci andare a spasso, o in giro, e conoscerne segreti e gioie, il sapore della libertà, il brivido dell’avventura. Lui che dei bici-tassisti era il più forte di tutti, fino a diventarne il campione, capace di lavorare dalle sei del mattino alle cinque della sera, sette giorni su sette, la coda di chi aspettava pur di farsi accompagnare da lui, un record di 4500 franchi ruandesi (l’equivalente di quattro euro, ma erano soldi) per un pedalare quotidiano di un centinaio di chilometri. Lui che solo a 20 anni, nel 1999, disputò e finì – 65 chilometri - la prima corsa, con una bici a un solo rapporto, ma che aveva già disputato, e vinto, tutte le sfide allestite con gli altri bici-tassisti. Lui che un giorno ottenne in regalo la bici da un americano, Tim Schilling, e con quella vinse il Tour of Rwanda dal 2002 al 2005, e poi ancora nel 2007, così che la gente, appena vedeva un corridore, urlava “Ruhumuruza Ruhumuriza Ruhumuriza”, e chi non conosceva il ruandese e i ruandesi pensava che Ruhumuriza significasse bicicletta, per poi scoprire, 15 anni dopo, che voleva dire molto di più, ciclismo, o addirittura sport. Lui che quando fu contattato da Jock Boyer per entrare nel Team Rwanda e sottoporsi a un test, disse che la bici era rotta, perché non sentiva proprio il bisogno di dimostrare qualcosa a qualcuno. Lui che un mese più tardi, visto che quell’americano, Boyer, faceva sul serio, accettò di uscire in bici con lui, ma pedalando dall’altra parte della strada, tenendo la sinistra, contromano. Lui che infine accettò perfino di pedalare su un cicloergometro al massimo, Boyer era stupito dei suoi valori, ma si capiva che Ruhumuriza si stava risparmiando. Lui che rinunciò ai guadagni da bici-tassista per avere uno stipendio di 100 dollari al mese e così aiutare la famiglia. Lui che è stato soprannominato “Punda”, asino, perché uno così forte, così duro, così resistente come lui qui non si è mai visto.
Fu in coincidenza con la nascita del Team Rwanda che Abraham, come per una maledizione, perse il padre, la madre, anche la moglie, e non potendo governare da solo i tre figli, si vide costretto ad affidarne uno. Adesso che ha un’altra donna e quattro figli, di 17, 15, 10 e 6 anni, avrà più tempo per dedicarsi a loro: Mucyo, il maggiore, va in bici e ci proverà con il ciclismo, gli altri tre sognano di diventare corridori come il papà. E magari lo faranno proprio con lui. Perché adesso Abraham diventa uno degli allenatori del Team Rwanda: base a Musanze, nel Centro tecnico creato da Boyer, materiale di prima qualità anche italiano (bici Pinarello, cambio Campagnolo, ruote Vittoria, Selle Italia, scarpe Sidi…), 12 persone fisse per governare l’attività, altre otto – fra tecnici, meccanici e massaggiatori - a disposizione dei corridori, programmi di allenamento aggiornati e personalizzati, calendario di corse internazionali, salario mensile.
L’altro giorno, chiacchierando al Centro tecnico, Jock ricordava di come avesse insegnato a nuotare ai suoi corridori. Abraham ha ammesso di essersene dimenticato. Ma uno così, nella vita, su o già dalla bici, saprà sempre rimanere a galla. Marco Pastonesi
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