LIBRI | 14/11/2016 | 07:59 Non servono 191 pagine per dire che Pietro Nascimbene, nella sua Montalto Pavese, vive di un presente fatto anche di un passato indelebile. Eppure nel "PèDAR - i percorsi di Pietro Nascimbene, il gregario che dava del 'lei' a Coppi" rivivono una dopo l'altra le pedalate che Franco Rovati mette in fila, sul percorso che conduce Nascimbene all'immortalità letteraria. Dal libro, con prefazione di Marco Pastonesi (Geo Edizioni, 19 euro), sgorgano i ricordi del ciclista nato e cresciuto tra i declivi fra Montalto e Borgoratto Mormorolo e decantato dalla sua terra come un bicchiere di Bonarda.
Nascimbene è sincero e genuino nel ripercorrere il suo passato da corridore, ascolta e condisce di dialetto pavese i ricordi che nella serata a lui tributata scorrono sul maxischermo dell'allestimento feste, o scivolano via nella narrazione. Accanto a lui ci sono Giuseppe Castelnovi, Claudio Gregori, Marino Vigna, Giuseppe Figini, Gigi Belcredi. Ma anche Dario Pastorelli, Vittorio Pasotti e Angelamaria Scupelli. Il Nascimbene dilettante, con le sue 9 vittorie e 7 secondi posti del 1953, sboccia con Eberardo Pavesi in Legnano, al primo anno da professionista. Due vittorie, poi la chiamata di Fausto Coppi per correre insieme, nel 1956. "Lui andava forte e poteva dire quel che voleva, ma era una persona alla mano". Ricordando "la tragedia" che fu la tappa del Bondone, che il Pietro ebbe il merito di concludere. E farlo, per giunta, in nona posizione. "Al traguardo le donne piangevano, non si capiva niente. Pensavo avessero ammazzato qualcuno. Io, per un mese, non ho più sentito i polpastrelli delle dita". E ancora: "Nel '56 ho vinto il traguardo volante di Pontedera, che metteva in palio una Vespa. Ma io non l'ho mai vista...". In tanti lo ascoltano, più di quelli che ancora oggi possono dire di averlo visto correre. "Ma il ciclismo per l'Italia è stato quello che il far west è stato per l'America", suggerisce Figini. E di suggestioni, Montalto, ne continuerà ad avere proprio grazie a Nascimbene. Per il quale - ha spiegato il sindaco di Montalto, Angelo Villani - verrà allestito un pannello lì, in centro paese, dove alla fontana ci si abbevera durante le escursioni a pedali sulle dolci colline dell'Oltrepo. "Perché questa terra era anche il buen ritiro di Candido Cannavò", narra Gregori. "E ricorda un suo figlio che dire gregario è poco.
Nascimbene ha vinto in Africa, in Spagna, in Francia, in Belgio, oltre che in Italia. Un corridore elegante, anche moralmente. Che ha finito 34esimo il Tour del '58, che lavorava per gli altri e portava il sorriso. Ha corso con Coppi, che appartiene alla fantasia e non alla realtà. Ho scritto un libro su Merckx, che ha vinto tutto. E mi sono posto la domanda: perché Coppi è il più grande? Coppi ha compiuto più assoli oltre i 100 km, i valori espressi lo hanno fatto il più grande. Trovo giusta la definizione di Ormezzano, poi ripresa da Goddet: 'Coppi il più grande, Merckx il più forte'. Coppi era il cavaliere delle fiabe". Lì affianco Vigna ascolta, lui che del Cannibale è stato direttore sportivo. Lui che ha un oro olimpico nel cassetto, lui che si schernisce dicendo che "il tempo che facemmo noi a squadre nel 1960 è quello che fanno adesso le ragazze Juniores". Lui che sottolinea come "nel gruppo non c'erano gregari, c'era amicizia. Che era la cosa più importante". Sessant'anni dopo, sono tutti lì a dimostrarlo a Nascimbene. Stefano Arosio
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