Fanini duro con Eddy Merckx: «Speravo che capisse, invece...»

| 27/01/2007 | 00:00
«L’archiviazione del caso Pereiro e degli altri 10 atleti implicati nella vicenda delle autorizzazioni ad uso di sostanze dopanti per scopo terapeutico e dei certificati consegnati in ritardo all’agenzia antidoping francese, è l’ultima prova di quanto sia grave la situazione nel ciclismo oggi». Ivano Fanini, patron di Amore&Vita McDonald’s, interviene ancora sul tema mai abbastanza discusso dell’uso autorizzato di farmaci con potenziale azione dopante nel mondo delle due ruote. «Un uso che affonda ulteriormente l’immagine del ciclismo e del Tour de France, ancora oggi senza vincitore ufficiale dopo la sospensione della maglia gialla a Parigi, l’americano Floyd Landis e mette in discussione anche la vigilanza dei dirigenti internazionali». Fanini non riesce a darsi una spiegazione di come siano tanti gli atleti che ricorrono ad autorizzazioni «per uso terapeutico» e come siano tanti i certificati concessi a fronte di uno sport che prevede sudore e fatica, nonché uno stato di salute ben saldo e certamente superiore alla media. «Qui invece - dice ancora Fanini - ci troviamo di fronte ad un ciclismo fatto da malati. Ma i malati è bene che si curino e stiano a casa, invece di partecipare alle gare. Secondo alcune indiscrezioni sembra che siano tantissime le “autorizzazioni” e le “eccezioni”. Al punto che se dovesse essere considerate vere positività ai test, la precentuale salirebbe verticalmente, forse anche al 50%. Come i corridori devono stare a casa medici e preparatori. Alle corse non servono. Non è più possibile andare avanti così: si spendono annualmente cifre enormi per la ricerca di nuovi test, ma poi, quando uno risulta positivo, ecco spuntare il certificato o l’autorizzazione. Fanno bene i francesi ad indagare e a verificare, ma bisognerebbe approfondire di più perché allontanare il sospetto che questi documenti siano fittizi». «Così non si va lontano - aggiunge Fanini - andiamo sempre in peggio. Se continua così il ciclismo sarà costretto a fermarsi. E forse è l’unico modo per salvare questo sport e ripartire da zero, dimenticando i risultati del passato che ormai, visti gli scandali, secondo me, hanno perso totalmente credibilità, almeno negli ultimi 15 anni. Mi dispiace inoltre che il mio amico Eddy Merckx che sembrava si volesse veramente dedicare insieme a suo figlio alla guerra al doping, abbia dichiarato sulla Gazzetta dello Sport che Musseuw con la sua confessione ha fatto un danno al ciclismo. La verità è che il doping si è diffuso a macchia d’olio da oltre 30 anni e lui è stato costretto a questa dichiarazione soltanto perché scoperto. Merckx lo sa benissimo. E’ proprio agendo in questo modo che si rende ancora più vergognosa la nostra immagine e si da un’ulteriore prova che tutto si può aggiustare per salvare quel poco che rimane di salvabile. Al contrario di Merckx, io non credo che la dichiarazione di Museeuw abbia danneggiato il ciclismo perché ormai questo sport non potrebbe essere più rovinato di così. Anzi, io penso che più cose vengono fuori più ci si avvicina al punto di ripartire da zero e questa, senza dubbio, sarebbe la soluzione migliore, così da indurre l’UCI a cambiare radicalmente e a non concedere più alcun certificato, perché lo sport deve essere praticato soltanto da chi è sano ed il Presidente McQuaid dovrebbe saperlo bene visto che ha un figlio professionista. E per quanto riguarda il signor Lefevre che ieri ha ribadito in conferenza stampa di aver sempre combattuto il doping, spero davvero che da ora in poi lo faccia», conclude Fanini.
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