CASSANI. «Nibali è da medaglia»

PROFESSIONISTI | 30/07/2016 | 10:40
Un Tour de France con pochi sussulti da ricordare se n’è finalmente andato in archivio e mentre Velociraptor Froome monetizza la sua terza vittoria nella Grande Boucle partecipando e vincendo a mani basse dei criterium in Belgio e Olanda (anche in notturna e qui si stenta a capire in quale strano modo il keniota stia preparando la sua unica uscita ai prossimi Giochi Olimpici di Rio de Janeiro, leggasi la prova a cronometro individuale) il quintetto azzurro composto da Fabio Aru, Damiano Caruso, Alessandro De Marchi, Vincenzo Nibali e Diego Rosa è in partenza per il Brasile, con il CT Davide Cassani che ci ha rilasciato questa intervista.

Ci puoi ricordare il programma?
«Partiremo oggi per Rio de Janeiro e già domenica conto di effettuare una prima ricognizione del circuito olimpico con i ragazzi; comunque avremo tempo per altre sedute di allenamento durante la settimana».

Ma com’è questo circuito di cui si è tanto parlato?
«Duro, adatto agli scalatori. Potrebbero ben figurare anche atleti come Gilbert o Van Avermaet ma non li vedo affatto adatti per il successo finale. I quattro giri iniziali sul circuito di Grumari, con due strappi di circa 1 e 2 chilometri, possono ricordare qualche Classica come il Fiandre, ma negli ultimi 80 km si dovrà percorrere per tre volte la salita di Vista Chinesa e qui sono favoriti gli scalatori, poiché i primi 4 chilometri presentano pendenze superiori al 10% poi, dopo una breve discesa, si tornerà a salire con una pendenza più dolce».

Anche i chilometri finali sembrano insidiosi...
«E’ così, dopo lo scollinamento ci saranno 6 chilometri di discesa tecnica, seguiti da 11 chilometri pianeggianti verso il traguardo di Copacabana».

Come immagini il finale di gara?
«La soluzione che mi sembra più logica è quella di un gruppetto di 3 o 4 concorrenti che si contenderà la vittoria fin sul traguardo».

I nomi dei possibili favoriti?
«Valverde e Purito Rodriguez su tutti, poi Daniel Martin, Bardet, Adam Yates e Poels più del connazionale Kruijswijk; occhio anche ai polacchi, con Majka e Kwiatkowski, a Rui Costa e asi colombiani, “orfani” di Quintana ma con i supercombattivi Chaves e Pantano che potrebbero dare vita a fughe da lontano».

Tanti clienti pericolosi, come sarà possibile controllare tutti?
«E’ questa la domanda da un milione di dollari. In effetti sarà una corsa quasi impossibile da controllare, poiché ogni nazionale avrà al massimo 5 atleti. Bisognerà stare con gli occhi bene aperti soprattutto nella fase iniziale, per neutralizzare possibili azioni di avversari pericolosi. Poi, sul Vista Chinesa, la corsa diventerà ad eliminazione e nell’ultimo giro dovrebbe venir fuori la selezione decisiva».

Un giudizio sui cinque azzurri?
«Nibali sta molto bene ed è estremamente tranquillo e motivato. Le ingiuste critiche ricevute al Tour non hanno scalfito il suo morale e io sono convinto che andrà a medaglia, magari riuscendo a lottare per l’oro. Aru sta recuperando dopo la brutta botta patita lungo l’ultima salita al Tour: da lui mi attendo un’impennata d’orgoglio. De Marchi gode della mia fiducia incondizionata e lo valuto come una pedina essenziale per la squadra. Caruso e Rosa sono usciti in crescendo dal Tour e due atleti come loro sono in grado di fare la differenza con le altre squadre, su di un tracciato così esigente come quello brasiliano».

Sarà un duello Nibali-Froome?
«Solo nella cronometro individuale, poiché sembra che l’inglese non prenderà parte alla prova su strada che, lo ricordo, misura 241 km».

I tuoi pronostici?
«Nella crono i favoriti sono Dumoulin e Froome, con Nibali nel ruolo di outsider. Su strada è difficile fare un nome, i pretendenti accreditati sono troppi. Ritengo che vincerà un reduce dal Tour de France».

Il tuo commento sul Tour 2016?
«Non mi è piaciuto, il Giro d’Italia è stato di gran lunga più avvincente. Lo strapotere di Froome e del Team Sky  è apparso indiscutibile, ma quasi nessuno dei suoi avversari più reputati ha provato ad attaccarlo, dimostrando una mancanza di gambe e di coraggio poco promettenti per il futuro».

Stefano Fiori

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