GATTI&MISFATTI. GUARDO NIBALI, CON UN ANGELO AL SUO FIANCO

GATTI&MISFATTI | 15/05/2016 | 16:09
di Cristiano Gatti

Dovremmo stare qui a ricamare sofismi sulla crono di Dumoulin e di Valverde, ma sinceramente stavolta è molto dura. Guardo Nibali in azione e proprio non riesco a ignorare quell’ombra, piccola e discreta, che lo segue lieve, metro dopo metro, come un malinconico pensiero. In realtà è un angelo, l’ultimo arrivato nelle maestose infinità del mistero. Per stare con Vincenzo, il suo mito, non deve faticare: è lo stesso Vincenzo a portarselo appresso, senza possibilità di perderselo per strada. Via, come lasciarsi dietro l’idea, l’immagine, il volto di Rosario, un suo giovane allievo, fiero di vestire la maglia della sua squadra messinese. Domenica mattina, era fuori in allenamento con il papà, lungo le strade di casa, tra sole e mare: un camion dell’immondizia se l’è portato via nel modo più atroce.

Guardo Nibali pedalare appena appresa la notizia, vedo al suo fianco l’ombra lunga di Rosario: non posso, proprio non posso, non pensare subito al padre del ragazzino. Questo papà appassionato, che un giorno ha creduto di avviare la sua creatura verso uno sport meraviglioso, faticoso e sano, convinto di insegnargli una pratica sportiva e un certo modo di affrontare la vita. Lo guardo e personalmente i miei non sono occhi di giornalista. Chissenefrega del giornalista, al diavolo il giornalista. I miei oggi sono occhi di padre, di padre appassionato che come tantissimi padri d’Italia avvia i ragazzini alla pratica faticosa e sana di uno sport fantastico, tutti convinti di contagiarli, magari di tirarli fuori dalla noia e dal vuoto dei loro tempi.

Gli regali la prima bici, lo porti fuori con te per le prime pedalate, gli dici di stare attento all’incrocio, si stare rigorosamente sulla destra, e mai dimenticare il casco. Poi un giorno lo porti alla società sportiva voluta da Nibali, l’idolo di Messina, e proprio non ti pare vero di vedere il tuo bambino così orgoglioso nella sua nuova divisa, in posa per la foto accanto al suo campione. Lo guardi e ti senti un uomo felice: guarda il mio ometto, guarda com’è contento. Tutti i padri vogliono la felicità dei loro piccoli, per essere anch’essi davvero felici. Il papà di Rosario lo è, fino in fondo, grazie a una semplice bicicletta.

Poi arriva una domenica mattina di maggio. Al pomeriggio tutti davanti alla tv per spingere Vincenzo, perché la prima crono può essere decisiva. Prima, però, l’allenamento. Bisogna fare le cose serie, nello sport. Rosario, andiamo fuori insieme, e mi raccomando: sempre sulla destra, sempre occhi aperti, perché la strada non perdona….

Guardo Nibali in azione, con il suo giovane angelo sempre di fianco, con la tristezza nel cuore, e prego il Signore per quel povero papà, chiamato a sopportare attimi indicibili: lui ha messo Rosario in bicicletta, lui è convinto di avere fatto la sua felicità, lui pedala al suo fianco in una domenica di sole, a lui tocca vederlo rapire da un camion dell’immondizia.

Non è facile, oggi, parlare del Giro d’Italia. O forse sì, è proprio qui che bisogna parlare di Rosario e del suo padre sventurato. Il piccolo si gode già la beatitudine delle volte celesti, il papà è condannato all’inferno di rimorsi ingiusti e insensati, però così invadenti e impietosi. L’ho messo in bici io, maledizione, l’ho messo in bici io…
Papà di Rosario, piangi tutte le lacrime per il tuo piccolo martire. Noi tutti, da qui, non possiamo fare molto per te. Soltanto pensarti e capirti. Di una cosa però siamo certissimi: resti un grande papà, anche se hai messo Rosario in bicicletta. Lo sei proprio per questo: sei riuscito a farlo felice, sulla sua bicicletta, fino all’ultimo.
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COMMENTI
tristezza
15 maggio 2016 21:17 ugom
Non ho un figlio e non posso immaginare cosa si prova quando perdi il tuo futuro..le tue speranze.
Bellissimo articolo e sentite condoglianze alla famiglia.
Essere tristi è dir poco

grazie papà
16 maggio 2016 03:50 palo
Grazie a te, Cristiano, per avere interpretato anche i miei sentimenti nei confronti di questa povera famiglia. Un forte abbraccio al papà di Rosario da parte di tutti noi papà di bimbi ciclisti. RIP caro Rosario e veglia su tutti loro.

Estremo dolore
16 maggio 2016 08:15 Daschi
Da padre non posso immaginare cosa si possa provare a vedere il proprio figlio morire e sentirsi responsabile per averlo invogliato ad andare in bicicletta. Signor Gatti le sue parole, seppur intense e piene di affetto, non possono lenire un dolore di un padre. Da parte mia posso solo esprime la solidarietà al papà e la mamma di Rosario, ma è poca cosa di fronte al loro tragedia.

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