I VOTI DI STAGI. MALEDIZIONE, C'È SAGAN! CANCELLARA GLADIATORE
PROFESSIONISTI | 03/04/2016 | 17:25 di Pier Augusto Stagi
Tanti tantissimi tifosi lungo le strade. Poche pochissime le moto e le vetture al seguito del Fiandre delle 100 edizioni: finalmente. Voto 8.
Peter SAGAN. 10. Chiede l’applauso, ripetutamente, poi impenna la bici, compiaciuto e felice come pochi er una vittoria che cercava da tempo e che resterà nel tempo. La maledizione della maglia iridata c’è, ma questa volta è per gli altri, i quali devono aver pensato: “Malediazione, c'è Sagan! ". Lo slovacco se ne va via potente, attento e accorto come pochi. Il folletto iridato si gode la prima “classica monumento”: e non sarà l’ultima.
Fabian CANCELLARA. 8,5. Coinvolto in una caduta lui, tanti intoppi tecnici per i compagni di squadra. Poi quando scatta Sagan pensa e spera che siano più reattivi anche i suoi avversari, ma così non è. Perde l’attimo Fabian, e lo sa anche lui, perché lo dice. Ma in ogni caso mette in scena una gara da autentico fuoriclasse. Se questo è uno che deve andare in pensione, sono tantissimi quelli che qui non dovrebbero neanche esserci. Dice di non essere “superman”, per noi resta per sempre un fantastico e inimitabile gladiatore.
Sep VANMARCKE. 8. Cadute e incidenti meccanici lo rallentano ma non lo fermano. Fa un Fiandre eccezionale, ed è l’ultimo ad arrendersi ad un superlativo Peter Sagan.
Michael KWIATKOWSKI. 5,5. Quando accelera fa paura. Sgasa come pochi e pochissimi gli riescono a stare a ruota. Poi però, sul più bello, sul vecchio Kwaremont, l’ex campione del mondo si spegne sotto la rabbiosa accelerazione di Peter Sagan.
Alexander KRISTOFF. 5,5. Perde molti treni, troppi. È sempre all’inseguimento, e alla fine non riesce più a riprendere quei tre là davanti. Per lui, comunque, un onorevolissimo quarto posto.
Marco MARCATO. 10. Tutta la Wanty corre per ricordare un amico, un compagno di squadra ideale, un marito e un figlio che ha lasciato un vuoto immenso. Marco e tutti i compagni di squadra hanno indossato e posato per le foto di inizio gara con delle magliette nere con l’immagine del povero Demoitié, e sulle loro bicilette una piccola scritta: «Ride for Antoine». Lo stesso è stato fatto per ricordare anche l’altro ragazzo belga Daan Myngheer, morto per una crisi cardiaca. Per questo, anche per lui, sulle biciclette del team una scritta simile a quella per Antoine, due figli della grande famiglia del ciclismo che non ci sono più. Anche per lui un «Ryde for Daan». Non bisogna essere docenti di ermeneutica per apprezzare il gesto. E per non dimenticare.
Greg VAN AVERMAET. S.V. Uno dei grandi favoriti della vigilia finisce molto troppo presto fuorigioco per una caduta. Rimane a terra tra lacrime di frustrazione e nervosismo (lancia il casco con violenza). Trasportato in ospedale, gli viene diagnosticata la frattura della clavicola. Perde una grande corsa, sarà costretto a perdere un bel pezzo di stagione.
Tony MARTIN. 8. Un campione, nel senso più stretto del termine: un modello, nel senso di esempio. Una guida, oggi anche una locomotiva, che stantuffa come pochi, che non si risparmia come nessuno. Infaticabile.
André GREIPEL. 8. All’attacco, con Politt, Van Hoecke, Erviti, Claeys, Houle e Gruzdev. Il tedesco è uno dei più reattivi ed efficaci. Un vero gladiatore, che non si tira mai indietro.
Federico ZURLO. 6,5. Il giovane della Lampre-Merida butta nella prima vera fuga di giornata con Lukas Pöstlberger (Bora-Argon 18), Hugo Houle (Ag2r - La Mondiale), Imanol Erviti (Movistar), Gijs Van Hoecke (Topsport Vlaanderen) e Wesley Kreder (Roompot Oranje). È uno dei pochi italiani che cerca di uscire dall’anonimato.
Arnaud DEMARE. 5. Il vincitore della Sanremo, accusato di essersi attaccato all’ammiraglia, si arrota e provoca la prima grave caduta di gruppo. Se già non lo vedevano di buon occhio per quello che avrebbe o ha fatto sulla Cipressa, ora la sua posizione si è aggravata ulteriormente.
Michael PALUTA. 20. Il corridore polacco della CCC Sprandi Michal Paluta, con il suoi vent’anni era il più giovane del gruppo. Il nonno? Svein Tuft, di 38 anni.
Zdenek STYBAR. 4. Ha in pratica la grande occasione, una squadra tutta per lui. Non si fa trovare pronto per la storia.
Ton BOONEN. 5. Non era in condizione, lo si sapeva. Oggi mostra una brutta copia di se.
Luke ROWE. 7. Arriva quinto, dopo una gara sempre corsa nel vivo della competizione. Non poteva fare di più.
Imanol ERIVITI. 7. Sempre con in vento in faccia, sempre là davanti a lottare. Finisce nei dieci, con un settimo posto che ha un valore, un peso.
Niki TERPSTRA. 5,5. Era uno dei grandi attesi della vigilia, oggi è sempre in ritardo, mai davvero reattivo.
Matteo TRENTIN. 6,5. Lavora tantissimo e come pochi. Sempre attento e propositivo, fa di tutto per lanciare i suoi che non si lanciano.
Daniel OSS. 6. È uno dei pochi Bmc che resta in piedi e cerca di tenere in piedi tutta la baracca: come può.
Oscar GATTO. 7. Pilota il suo capitano come meglio non potrebbe fare. Sagan lo ringrazia, e fa bene.
Lizzie ARMITSTED. 10. Finalmente il mondo del ciclismo maschile si apre a quello femminile. Si apre con le corse, si apre con le telecamere. Si apre per dare pari opportunità all’altra parte del cielo, che non è un’altra cosa, ma è esattamente la stessa coniugata al femminile. Finalmente riusciamo a gustare le fasi salienti del Fiandre femminile, una gara bella e appassionante, vinta da quel prodigio che risponde al nome di Lizzie Armitstead. La campionessa del mondo conquista anche il Giro delle Fiandre, battendo in un serrato sprint a due la svedese Emma Johannson, con la quale aveva attaccato ad una quindicina di chilometri dal traguardo. Per la britannica si tratta del terzo successo nelle cinque prove di World Tour disputate fino ad ora. Miglior italiana, ancora una volta, Elisa Longo Borghini (voto 8) la quale, dopo il successo di un ano fa, ha confermato di trovarsi a proprio agio sui muri delle Fiandre. Per lei un ottimo quinto posto.
Al di là dei grossi calibri, i cui voti mi sembrano tuttosommato azzeccati, accolgo con particolare favore i giudizi sulle gare di Erviti, bravissimo oggi, e Gatto anch'egli molto in palla.
Nota su Cancellara: meriterebbe un 11 per la sua grandezza, ma oggi, a mio avviso, l'8,5 del direttore premia più la carriera che le gambe. Non si è fidato nel rincorrere Sagan e Kwiato. La gara l'ha persa lì e resta il dubbio che potesse compiere il capolavoro.
A mio modesto modo di vedere..
3 aprile 2016 22:47teos
.. queste gare sono più di altre, spesso e volentieri, gare di attimi dove scattare prima o dopo, nel momento giusto o in quello sbagliato, può segnare il limite tra vincere e perdere. Quest'oggi Cancellara ha risposto tardivamente al guanto di sfida lanciato da Sagan, tardivamente sempre nell'ambito di attimi, e alla fine ha pagato dazio al traguardo. Ciò detto io ho visto un Sagan perfetto, Campione del Mondo tanto da un punto di vista tattico (è stato nascosto fin quando serviva e si è preso la ribalta quando il momento era quello giusto) quanto dal punto di vista fisico (dal momento che nonostante l'esigente chilometraggio non l'ho visto mai al gancio, senza dimenticare il poderoso allungo sul Paterberg). Cancellara, carpe diem ciccato escluso, non deve recriminare molto secondo me. L'allungo sull'Oude Kwaremont è stato numero d'alta scuola del pavè, tanto per l'impeto quanto per lo stile del gesto atletico, ma perdere contro l'enfant prodige nonché Campione del Mondo in pectore delle gare in linea, non può e non deve essere motivo di duratura recriminazione. Sagan secondo me oggi ne aveva un pizzico in più e credo che alla fine avrebbe vinto comunque, anche con un finale differente. Auguro a Spartacus di rifarsi domenica prossima nella "sua" Roubaix. Sarebbe bellissimo se potesse riuscire a raggiungere Boonen e De Vlaeminck a quota 4 affermazioni nella gara di cui è stato protagonista di spicco per un decennio e che ha contribuito a mantenere su livelli di leggenda con pagine indimenticabili di alto ciclismo. In bocca al lupo, Fabian.
Voti, pagelle
4 aprile 2016 18:03pedalatore72
Ascolti, caro Stagi, glielo vorrei scrivere con grande simpatia. Il sottogenere giornalistico "pagellina con i voti" va bene a scuola, va bene (forse) il lunedì mattina parlando o sproloquiando di calcio, ma non serve a nulla se uno pretende di ragionare seriamente intorno una cosa epica come il Giro delle Fiandre. Il ciclismo è un esercizio nobile e antico, nel quale persino la fatica degli ultimi merita da sempre il rispetto e l'ammirazione di chi si accosta allo sforzo di questi maiuscoli atleti. La sottocultura del risultato a tutti i costi, grazie al cielo, non ha mai avuto cittadinanza da queste parti: perlomeno fino ad anni recenti. Quando lei sbriga – faccio solo un esempio – la pratica-Stybar liquidando il povero corridore con due paroline sprezzanti, e poi affibbiandogli un insulso quattro, lei appattisce il senso di un intero ordine d'arrivo riducendolo a una povera e scialba morale ("se non vai sul podio, hai fallito"). Le faccio grazia di non assegnare un voto ("scarso, o gravemente insufficiente") al suo sciapo bilancio della corsa. Ma cerchiamo, per il futuro, di muoverci su un piano più sensato e confacente allo spessore sportivo degli avvenimenti. Cordialità.
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Nota su Cancellara: meriterebbe un 11 per la sua grandezza, ma oggi, a mio avviso, l'8,5 del direttore premia più la carriera che le gambe. Non si è fidato nel rincorrere Sagan e Kwiato. La gara l'ha persa lì e resta il dubbio che potesse compiere il capolavoro.