Luciano Conati ci ha lasciati. La morte è giunta improvvisa. Aveva concluso la sua consueta giornata di lavoro nel suo negozio di riparazioni bici in via Sant’Alessio, davanti alla chiesa di S. Giorgio a Verona. Lì giungeva ogni giorno, accompagnato dalla moglie Angela, da Ceredo di Sant’Anna d’Alfaedo dove aveva preso casa, alla quale dedicava molto del tempo libero. Era nato il 17 marzo 1950 e il 10 giugno prossimo avrebbe festeggiato i 40 anni dalla vittoria nella 20^ tappa del Giro d’Italia, a Terme di Comano, unico suo successo nei sette anni di professionismo alla Scic «nel giorno più bello - ricordava - della mia carriera».
Era nato in contrada Paverno di Valgatara, frazione del comune di Marano di Valpolicella. Papa Luigi l’aveva portato alle corse sin da giovanissimo e amabilmente l’incitava perché facesse il corridore. Luciano ha esordito con la Borgo Trento, poi ha corso con la Garibaldina dei compianti Morini e Zanca, quindi con l’Uc Veronese. Poi il passaggio alla mantovana Iag Gazoldo, una delle società più in vista in quegli anni, con Parecchini e Castelletti. Ma non si trovò bene e così accettò subito il passaggio al Ponton, che Giuseppe Sorio e Adriano Minotti, con la guida tecnica di Guido Zamperioli, stavano portando ad alti livelli. Ed il Ponton fu la sua rampa di lancio verso il professionismo.
Un commosso Giuseppe Sorio ricorda: «Luciano ci ha dato tante tante soddisfazioni. Era un ragazzo umile, mai spavaldo, sempre corretto, che in corsa sapeva dare spettacolo per la sua combattività, la sua grinta, la sua abilità in salita. Si andava via insieme il sabato e insieme si stava il giorno della corsa. Eravamo un gruppo compatto e la vittoria di uno era la festa di tutti. Luciano ci ha regalato tante belle vittorie. Era buono e, magari, pagava questa qualità in certe azioni di corsa, ma era forte. Luciano c’era, prima di Natale, all’incontro di ogni anno tra gli ex Bencini e Ponton. Da prof, poi, è stato un prezioso gregario dei suoi capitani. Per Saronni, in particolare, credo proprio che Conati sia stato un toccasana».

I suoi capitani sono stati Baronchelli, Saronni, Bitossi. Luciano li ha serviti in pianura e in salita, accettando che si attaccassero alle sue braghette. In una tappa del Giro, Bitossi gli aveva dato via libera «ma io non ne avevo più perché l’avevo spinto per tutta la tappa». Ne aveva, però, quel 10 giugno 1976 quando è Tista Baronchelli a dargli via libera e Luciano ne approfitta subito, andando in fuga con Guadrini e battendolo in volata. «A Valgatara - ricorda Giuseppe Degani - era stato fondato il Conati Fans club e si andava a seguirlo al Giro, al "Lombardia", al campionato italiano. Luciano, anche quando, a 15 anni è andato ad abitare in Borgo Trento, è sempre rimasto legato a Valgatara».
Conati (che ha corso 7 volte il Giro e una il Tour) ha smesso giovane, a fine 1979, a nemmeno 30 anni, cogliendo al volo l’occasione di fare il pasticcere. Poi, chiusa l’attività, aveva aperto il negozio di riparazioni biciclette dove era molto amato dai clienti per la sua abilità di meccanico, la capacità di dare consigli, di accudire le bici di piccoli e grandi, da quelle più semplici alle più evolute della tecnica. Padre di una figlia e di Lorenzo, che ha corso sino alla categoria juniores con la Car Diesel di Remo Cordioli.
Nell’ultima intervista, Luciano Conati osservava: «A volte penso che se fossi nel gruppo in questo periodo, sarebbe meglio per me. E penso che se avessi fatto la scelta di correre in una squadra più piccola di quello che era, allora, la Scic dove c’erano tanti capitani, avrei avuto maggiori possibilità di fare risultati». Era scettico sull’utilizzo delle radioline in corsa «perché mi sembra che ora, nel gruppo, siano tutti degli automi, in attesa dei comandi che arrivano dall’ammiraglia; io correvo secondo istinto, non stavo lì a fare tattiche e credo che le radioline impediscano quel pizzico di fantasia che renderebbe più spettacolari le corse». E sul doping osservava: «Io andavo a caffeina. Allora era ammessa. Spero che, con i maggiori controlli che ci sono oggi, si siano un po’ calmati. Importante, però, è che questi controlli siano uguali per tutti, che ci siano regole comuni a tutti».
Lunedì, l’ultimo saluto a Luciano.
Renzo Puliero, da Federciclismo.it