DOWN UNDER. La "leggenda" è Paolo Bettini

PROFESSIONISTI | 24/01/2016 | 08:06
Paolo Bettini è “la leggenda” di questa edizione del Tour Down Under. «Adelaide è una città molto bella e ho scoperto di avere molti fan in Australia», dice dal cuore della città capitale del South Australia.
Il Grillo entra a far parte del club esclusivo di campioni invitati negli anni precedenti per essere nominati "La leggenda": Greg LeMond, Sir Chris Hoy, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Anna Meares e Cadel Evans.

Come si sente ad entrare in questo club?
«È una novità, è fantastico, è un piacere».

Dopo gli impegni istituzionali, Paolo si concede con disponibilità ad una chiacchierata. Partiamo dall'unica volta in cui ha corso in Australia: i Giochi Olimpici di Sydney 2000.
«È stata una grande esperienza, avevo 26 anni e in squadra con me c’erano Michele Bartoli e Marco Pantani. Io ero il più giovane, ho lavorato tutto il giorno, cercando di entrare in tutti gli attacchi».

Il soprannome di Paolo è stato "Il Grillo", che in inglese si traduce in The Cricket.
«Me l’hanno dato i giornalisti italiani - spiega sorridendo - perché in gruppo mi vedevano dappertuto, ora davanti, ora in coda, ora davanti ora in coda e poi partivo all’attacco...».

Come soprannome era appropriato?
«È perfetto per le mie caratteristiche».

E veniamo al progetto di Fernando Alonso. Lei ha lasciato il suo incarico alla guida della nazionale italiana per assumere un ruolo di coaching con Alonso.
«Il progetto era valido, la contaminazione con altri sport può solo aiutare il ciclismo a crescere. Quali corridori erano coinvolti? Dico solo che erano grandi corridori».

Pensa che il ciclismo attuale sia più pulito di qualche anno fa?

«È impossibile dire che tutto sia pulito, ma tutti stanno lavorando duramente per cambiare la mentalità. Il ciclismo ha dimostrato il coraggio di voler cambiare, altri sport non hanno avuto la forza di fare le stesse scelte».

Un’altra pagina triste, è quella legata a Marco Pantani.
«La storia di Marco? È sempre difficile parlare. Il suo non è stato solo un problema con lo sport, ma con la vita. Marco ha avuto grossi problemi nel mondo del ciclismo e nella sua vita personale, quando ha lasciato l’attività. In bicicletta era molto forte, giù di sella era molto debole»

Paolo, come molti altri che sono stati vicini a Pantani, fatica ancora a parlare del grande campione romagnolo. Il suo umore si risolleva quando torniamo a parlare di corridori moderni. E senza nemmeno chiederglielo, il discorso va subito su Peter Sagan.
«È un artista. Ha una grande personalità. Fa piacere guardarlo perché è molto felice. Peter era già forte, ora che ha vinto una gara importante come il mondiale lo è ancora di più».

La chiacchierata giunge al termine perché Paolo deve prepararsi per la serata delle Leggende che si svolge presso il Convention Centre di Adelaide: deve correre ad indossare abito scuro e cravatta nera. È lui la star dell’evento...

James Raison
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