PROFESSIONISTI | 20/11/2015 | 14:53 RUBAVU (RUANDA) A 500 metri dall’arrivo la strada rimbalzava: lì, in una leggera curva vestro destra, precipitava una discesa lunga più di 30 km e decollava la volata in leggera salita. E dove la strada rimbalzava, sono rimbalzati anche quattro corridori: tre ruandesi e, a ruota, incapace di sottrarsi al volo, l’eritreo Mekseb Debesay. Ne ha approfittato un altro eritreo, Meron Teshome, quello che il primo giorno, alla partenza del cronoprologo, si era presentato senza bici e senza casco. Meron ha guadagnato quei 2” sufficienti per poter celebrare la vittoria come un torero dopo aver lnciato al cielo la “muleta”. Dietro di lui la maglia gialla Jean-Bosco Nsengimana, dal volto impenetrabile.
La Muhanga-Rubavu, quinta tappa del Tour of Rwanda, 139,3 km e sei gpm, è cominciata con un giallo: il forfait di Valens Ndayisenga, dorsale numero 1, il vincitore del Tour of Rwanda 2014, il primo ruandese a conquistarlo nell’era moderna (questa ne è la settima edizione). Ricapitolando: Valens che nelle corse di preparazione le prende da Jean-Bosco, Valens che prima della corsa abbandona il ritiro della Nazionale battendo cassa, Valens che ci ripensa, chiede scusa e torna indietro, Valens che nel cronoprologo deve inchinarsi a Jean-Bosco, Valens che ieri si stacca in salita e poi è punito con 20” per spinte ricevute, Valens che nella notte non sta bene e stamattina non si presenta alla partenza, Valens che – si dice – il prossimo anno si trasferirà nella Bike Aid (la squadra tedesca in cui corre anche Debesay), anche se Jock Boyer, team manager del Team Rwanda, vorrebbe che, con Valens, passasse un altro ruandese, in modo da rendergli meno difficile il salto a una squadra Continental, ma anche il salto da un continente all’altro.
Anche Meron andrà alla Bike Aid. Ventitrè anni, campione nazionale su strada e campione continentale a cronometro nel 2013, Meron ha poi vinto una tappa del Tour of Eritrea 2013 e il titolo ai Giochi africani a cronometro Under 23 nel 2015, nonché un secondo posto nella crono dell’Amissa Bongo Tropical in Gabon. “Noi eritrei siamo gli scalatori più forti, ma è difficilissimo lottare contro una squadra, quella ruandese, di 15 uomini. Inseguivo questa vittoria. E inseguo anche quella finale. Mai dire mai”. Quasi 5’ da recuperare sembrano una enormità, ma forse lui si riferisce alla vittoria di un eritreo: Debesay è quarto a 1’14”, Metkel Eyob settimo a 1’25”.
La tappa di oggi è anche quella del francese Julien Liponne, ingegnere, terzo della generale, che in discesa ha toccato i 94 all’ora; è anche quella di Ephrem Tuyishirmire, ruandese di Rwamagana, allievo nell’accademia di Adrien Niyonshuti, uno di quei tanti nati il primo gennaio (di 19 anni fa), che corre con tre punti al mento e ferite aperte nelle giunture, ma tiene duro “per orgoglio nazionale”; è anche quella di Jeroen Breewel, olandese, impiegato part-time in un negozio di bici, investito da un’auto al seguito in salita (succede anche qui); è anche quella di Peter Woestenberg, l’altro ingegnere, ma olandese, il più vecchio del gruppo (sono rimasti in 52), dentro il tempo massimo; è anche quella delle migliaia di bambini sulle montagne, che rincorrevano i corridori a piedi scalzi, e delle ragazzine che ai bordi della strada, sedute per terra, spaccavano le pietre, e delle donne, che lungo i sentieri trasportavano taniche di acqua e fascine di canne da zucchero, e degli uomini che sulla strada spingevano biciclette cariche di caschi di banane, sacchi di patate, ma anche tavoli da pranzo e lamiere per tetti. Processioni quotidiane.
Domani la Rubavu-Kigali, sesta e penultima tappa, 156,5 km. Eritrei contro ruandesi. Duello all’Equatore.
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