PROFESSIONISTI | 19/11/2015 | 16:38 NYANZA (RUANDA) Tappa a Mekseb Debesay, l’eritreo che aveva già conquistato la prima. E maglia a Jean-Bosco Nsengimana, il ruandese che la padroneggia fin dal cronoprologo. Ma questa quarta frazione del Tour of Rwanda, la Musanze-Nyanza di 166,2 km con sei gpm di cui quattro di prima categoria valicando la quota di 2467 metri, è ricca di storia.
La prima storia è quella di Umberto Poli, l’unico italiano in corsa. Dal Polisportivo dell’esordio, battagliero, fiducioso, ottimista, si è passati – causa malessere – prima al Poliambulatorio, poi al Policlinico. Ha resistito valorosamente per tre giorni, fin dove sono arrivati coraggio e orgoglio, ma stamattina era vuoto e si è arreso sulla prima interminabile salita. Diciannove anni, veronese di Bovolone, Policlinico ha ceduto, più che al diabete (corre per la squadra Novo Nordisk, aperta a chi è affetto dal tipo 1), alla dissenteria.
La seconda storia è quella delle squadre svizzera (Suisse Meubles Descarts) e francese (Haute-Savoie/Rhone-Alpes), di cui alcuni corridori sono stati costretti a passare la notte in bianco e in bagno. Siccome alloggiavano nello stesso albergo, l’ipotesi più probabile è quella di un cibo adatto agli africani, ma non agli europei. La malasorte intestinale non ha colpito i due francesi più forti, Julien Liponne e Jérémy Bescond, il primo è un ingegnere che ha sospeso l’attività per dedicarsi al ciclismo rivelando doti di scalatore, il secondo è un ex professionista della Cofidis rimasto a piedi e che ha trovato due ruote in una formazione dilettantistica.
La terza storia è quella di Metkel Eyob, 22 anni, eritreo, lanciato al successo quando, in fuga, da solo, a un paio di chilometri dal traguardo, è rimasto vittima di una foratura. Il gruppo non ha avuto pietà e l’ha divorato.
La quarta storia è quella di Debesay, che ha vinto nonostante la marcatura a pressing. L’eritreo è svelto, forte, veloce, e un finale così – strappo a 1,5 km e poi a 500 metri dall’arrivo, fra i due strappi una discesa a tutta, il finale in leggera salita – sembrava dipinto per lui. “Penso di poter ancora vincere la classifica generale – ha poi spiegato Debesay -, un minuto si può recuperare anche senza gli abbuoni. E penso anche che i ruandesi abbiano paura di me: mi conoscono, mi controllano, mi circondano”.
E la quinta storia è quella di due ruandesi, Valens Ndayisenga e Janvier Hadi, penalizzati di 20” per spinte. Non succede spesso, quando si gioca in casa, di essere giustiziati. E per i tre Team Rwanda, oggi è stata una giornata difficile: non era mai accaduto che il primo dei corridori locali arrivasse soltanto decimo.
Volendo, c’è sempre un’altra storia, quella dell’olandese Peter Woestenberg, il più vecchio – 41 anni e tre mesi – del gruppo: rullando e remando, succhiando e stringendo, è arrivato nel tempo massimo. Domani quinta tappa, la Muhanga-Rubavu di 139,3 km, con sei gpm, di cui tre di prima categoria. Rubavu è la Saint-Tropez (con le dovute proporzioni) del Ruanda. Ma tre anni fa si sentivano gli echi della guerra nel vicinissimo Congo.
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