LE STRADE DEL FIGIO. Inedito angolo di Friuli

GIRO D'ITALIA | 30/09/2015 | 07:53
Sempre avanti, in anticipo, sempre intelligentemente curioso, propositivo, realizzativo Enzo Cainero dischiude un’altra porta d’accesso e di conoscenza del “suo” Friuli, Friuli-Venezia Giulia per rifarci alla denominazione ufficiale della regione. Un territorio che, con il suo impegno quasi a tutto campo e a tutta fattiva passione, ha visto negli ultimi tre lustri il Friuli-Venezia Giulia proporsi alla ribalta del grande ciclismo con la regìa appassionata di chi, professionalmente, è titolare di un importante studio di commercialista in Udine ma, nello stesso tempo, un promotore sportivo di primo livello, in varie discipline, con al centro la passione, meglio l’amore, per il suo territorio. Sempre contando sulla preziosa collaborazione dei volontari, dei suoi alpini (è ufficiale del corpo) e sapendo motivare e mettere in campo le istituzioni, ai vari livelli, con progetti recepiti e condivisi che raggiungono gli obiettivi prefissati.

Per il ciclismo il nome di Enzo Cainero, già presidente del Consiglio del Ciclismo Professionistico, si lega all’organizzazione di due campionati tricolori nella sua terra e – soprattutto – a quello, ciclisticamente maestoso, del Monte Zoncolan, un suo fiore all’occhiello diventato subito una montagna, se non “la montagna” evocativa della salita più “cattiva” e dura, con pendenze carogna, senza respiro, simbolica rappresentazione del “ciclismo vertical”, oltre a varie e riuscitissime tappe del Giro d’Italia.

Per il 2016 i riflettori della corsa rosa si accenderanno nuovamente, con particolare intensità, sulle prospettive offerte dal Friuli-Venezia Giulia con le telecamere che proporranno una tappa tracciata in uno spettacolare scenario mai toccato dal grande ciclismo, anzi dal ciclismo, se non per brevi tratti, da competizioni locali. Continua così a proporsi nel ruolo di novello Cristoforo Colombo ciclistico Enzo Cainero e, con la sua consueta tenacia, è riuscito pure nell’intento d’anticipare una parte del programma del Giro d’Italia 2016 nel Friuli-Venezia Giulia che è previsto fra il 20 e il 22 maggio, convincendo i responsabili di RCS Sport, inserendosi sapientemente in una nuova tendenza, ad anticipare la presentazione della 13^ tappa di venerdì 20 maggio 2016, da Palmanova a Cividale del Friuli. E, come suo costume, ha avuto al suo fianco l’on. Debora Serracchiani, presidente della Regione con il vice-presidente e assessore allo sport Sergio Bolzonello, i rappresentanti degli enti locali interessati unitamente al direttore generale di RCS Sport, Paolo Bellino e – last but not least - Mauro Vegni, il responsabile del Giro d’Italia.

Vista la cornice, entriamo nel merito del quadro di questa tappa di soli 161 chilometri tracciata tutta in provincia di Udine percorrendo strade e salite in gran parte inedite per il ciclismo, sicuramente per il Giro d’Italia.
La partenza è in pianura, da Palmanova, nel passato città-fortezza costruita dai veneziani alla fine del 1500 e che conserva ancora la sua caratteristica pianta poligonale che forma una sorta di stella a nove punte e che ambisce al massimo riconoscimento Unesco. Sono qui nati diversi personaggi di rilievo in vari settori fra i quali il prof. Ardito Desio (1897-2001), esploratore e geologo che fu tra i volontari ciclisti nel 1915 nella prima guerra mondiale. Sempre in pianura, costeggiando il fiume Natisone che accompagna per lunghi tratti il percorso della tappa, s’incontrano  San Giovanni al Natisone, compreso nel “triangolo della sedia” che ha caratterizzato un’attività di rilievo della zona, si fiancheggi la caratteristica abbazia di Rosazzo, ai piedi dei primi rilievi del Collio, zona di pregiatissimi vini, soprattutto bianchi ma pure rossi.

Si prospetta quindi il primo passaggio da Cividale del Friuli, l’antichissima Forum Iulii fondata da Giulio Cesare e che ha dato il nome alla regione ed è stata la capitale del primo ducato longobardo del Friuli e, via via nel tempo, sempre importantissimo riferimento del territorio per storia, cultura e monumenti. Dal 2011 è stata inserita nel patrimonio dell’Umanità Unesco. Di significativo rilievo sono l’Ipogeo celtico, scavato nel sottosuolo, il complesso del Tempietto con preziose architetture e sculture altomedievali, il Duomo con il Museo cristiano e altre strutture di culto e civili di particolare valore. Un simbolo di Cividale, luogo di confluenza delle valli del Natisone, è il famoso e spettacolare “ponte del Diavolo” che attraversa il fiume Natisone dove transiterà anche la corsa rosa prima d’abbandonare la pianura e inoltrarsi nelle Prealpi Giulie orientali con i suoi inediti scenari per il grande ciclismo.

Si supera San Pietro al Natisone e quindi, da Savogna, la strada inizia a salire, passando per Stregna, per il primo GPM di giornata a Montemaggiore a quota m. 955, poco sotto il Matajur, montagna simbolo delle valli del Natisone, con la sua caratteristica forma conica visibile dalla pianura e che segna il confine con la Slovenia. Nel primo conflitto mondiale è stato teatro d’importanti fatti d’armi dove, nell’ambito della battaglia di Caporetto dell’ottobre 1917, si distinse un, allora, giovane tenente che è passato alla storia con la seconda guerra mondiale, il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel. Si prospetta la discesa su Cepletischis per superare poi il dentello in salita di Monte San Martino e quindi riprendere la picchiata su Clodig. C’è quindi l’immediata risalita verso un altro GPM a Cras, quota m. 663, nel comune di Drenchia. Una salita che fra le località di Trusgne e Oznebrida si rizza sotto le ruote con pendenze in doppia cifra.

Altra discesa su Tribil Superiore, frazione di Stregna, e ancora giù per il secondo passaggio da Cividale per Ponte San Quirino e passando sempre il ponte del Diavolo. Segue un breve tratto di pianura toccando i centri di Moimacco, Ronchis, Faedis, nota anche come la “zona dei castelli” e quindi, dopo Attimis, inizia la salita al GPM di Porzùs, m. 910 d’altitudine, nome che richiama alla memoria un discusso e tragico episodio del 1945 legato alla lotta partigiana.

Si affronta l’impegnativa discesa fino alla località di Canal di Grivò e quindi immediata risalita con pendenze sensibili verso il quarto e ultimo GPM ai m. 694 di Valle, lungo la vecchia strada, cui segue una discesa tecnica verso Campeglio. Il traguardo di Cividale, toccata per la terza volta, è lì, a soli sei chilometri di pianura.

La distanza della tappa è di soli 161 chilometri ma i metri in salita da superare sono 3.400, un numero da “tappone” dolomitico, lungo strade che non concedono in concreto respiro sia in chiave altimetrica, sia per andamento planimetrico. Sono strade da vecchio ciclismo, con molteplici e suggestivi scorci paesaggistici, ben conosciute dai cicloamatori locali ma una novità per i professionisti.

In tal senso Cainero si è avvalso della competenza e della conoscenza del territorio del suo corregionale, Stefano Di Santo, cartografo della corsa rosa e appassionato cicloturista, per disegnare questa sorta di doppio “ricciolo” attorno a Cividale del Friuli in un territorio di straordinaria valenza da fare conoscere e apprezzare nelle sue varie sfaccettature. E' una terra naturale, praticamente incontaminata, con peculiari prerogative, meritevole di nuova valorizzazione per contrastare uno strisciante spopolamento dei territori montani. Sono diciassette i comuni interessati dal percorso di questa nuova sorta di sfida che Cainero propone a beneficio del Friuli e che tutti hanno accolto e si apprestano a vivere con entusiasmo.

Altra ciliegina sulla torta è che questa tappa la domenica successiva, il 22 maggio, con la sola variante della partenza da Cividale, sarà il teatro della Granfondo del Giro d’Italia, riservata agli amatori. Un’occasione di confronto e partecipazione che richiamerà nelle Valli del Natisone un grande numero d’appassionati delle due ruote, un mezzo che consente una straordinaria e unica possibilità di conoscenza delle realtà territoriali.

Per il resto del denso programma del Giro d’Italia 2016 in Friuli-Venezia Giulia c’è da aspettare solo qualche giorno e poi festeggiare con gubana e slivovitz, tipicità delle Valli del Natisone.

Giuseppe Figini
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