L'ORA DEL PASTO. Pasotti, il ragazzo di Bastida

STORIA | 11/09/2015 | 15:55
Era veloce: “Intanto allarga Pasotti: lotta in curva con Schotte, irrompendo irresistibilmente sul rettilineo finale. Pasotti vince di forza, perché è il più fresco. Ha una paura matta a muoversi in pista, dirà poi” (Gianni Brera).
Era sincero: “Quante volte, quando non avevo esperienza, me la sono lasciata fare appunto perché tiravo come un mulo, con gli altri a ruota, fino a un chilometro dal traguardo? Perché io non avrei dovuto fare altrettanto? I ‘premi platonici’, che solitamente vengono assegnati a coloro che si distinguono in corsa, contano fino a un certo punto. Quelle che rimangono sul libro d’oro sono le vittorie” (Rino Negri).
Era tosto: “Sull’interminabile ma pedalabile salita del Colle di Nava, Alfredo Pasotti e Alfredo Martini ci vennero vicini per comunicarci che sarebbero scappati dal gruppo all’inseguimento di Seghezzi e De Santi. Lì per lì pensammo a uno scherzo, ma quando lasciarono come palle di schioppo il grosso sonnecchiante ci mettemmo nella loro scia per un buon tratto di strada” (Rino Negri).
Era autonomo: “Pasotti, che è giunto terzo, non fiata: aveva tre compagni all’arrivo, nessuno gli ha dato una mano” (Gianni Brera).
Era vincente: “Nella vittoria di Pasotti c’è l’esaltazione dell’intelligenza” (Guido Giardini).
Era anche sfortunato: “Alfredo è scaraventato a terra da un tifoso di Coppi un po’ troppo ‘esuberante’ che non si accorge del suo arrivo”.
“Un ragazzo di Bastida” (Geo Edizioni, 208 pagine, 19 euro) è “l’avventura umana e sportiva di Alfredo Pasotti, corridore ciclista” raccolta e raccontata, indagata e spiegata, documentata e numerata da Franco Rovati su un piccolo grande eroe del ciclismo italiano (con la prefazione di Ernesto Colnago e un omaggio di Giuseppe Figini a Rino Negri). Rovati si è affidato ad archivi e testimoni per resuscitare pedalate d’autore e altre da attore, da scattista e da velocista, da gregario e da comprimario. “Alfredo Pasotti si chiama ‘Fredo’ nel suo paese dell’Oltrepò Pavese. E’ piccolo, snello, furbo, con la vocina un po’ chioccia e piena di ironiche inflessioni che sono proprie del dialetto lombardo” (Gianni Brera). “E’ forse il corridore più grazioso. Non cinematograficamente bello come Leoni ma ben proporzionato, smilzo, la faccia ancora da adolescente, gentile nel tratto, armonioso e composto sul sellino. Se fosse meno minuto e fragile probabilmente sarebbe già un grande campione” (Dino Buzzati). “Ogni giorno Pasotti veniva a dirmi che stava bene e che un giorno o l’altro avrebbe fatto il colpo, a patto che qualche volta si parlasse di lui” (Gianni Brera). E di colpi ne fece: due tappe al Tour del France del 1950, quelle che – come avrebbe cantato Paolo Conte – avrebbero fatto incazzare i francesi.
Pasotti il “Pasottino”, Pasotti il succhiaruote. Pasotti che cominciò a vincere – aveva 17 anni - il 14 giugno 1942 (Coppa Saranga a Bussero) concedendo il 5 luglio 1942 il bis (campionato italiano allievi) e finì il 3 luglio 1955 – a 30 anni – conquistando il Gran prix Le Locle in Svizzera. Pasotti il pescatore e il cacciatore, anche se sparava a vuoto e non mirava mai agli animali. Pasotti che andò in fuga anche dalle SS. Pasotti che, al Tour, era così stravolto che allo specchio neppure si riconobbe.
E Pasotti verrà ricordato stasera, nella sua Bastida Pancarana, alla Società operaia mutuo soccorso, con la presentazione del libro di Rovati. Il ciclismo come storia e geografia, anche come letteratura, il ciclismo come divina commedia umana.

Marco Pastonesi
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COMMENTI
Pasotti… Chi era costui?
11 settembre 2015 17:39 canepari

Ve lo spiega subito nel titolo Rovati, autore del volume. Pasotti era un ragazzo di Bastida. E dov’è Bastida? Bastida Pancarana è un comune di 983 abitanti della provincia di Pavia. Si trova nella pianura dell'Oltrepò, riva destra. Ne sapete tanto come prima?
Ebbene allora dovete leggere questo libro che racconta le avventure ciclistiche di un ottimo professionista degli anni “50. Si, allora dopo aver letto, comprenderete come un ragazzo normale, dopo una guerra vissuta durante il periodo più delicato del suo sviluppo, riesca a diventare un buon corridore.
Primi anni di vita, scenario il Po, sempre presente in chi nasce sulle sue sponde: tuffi, marachelle, pesci e anguille. La bicicletta per conoscere nuovi orizzonti. Una vittoria al Campionato Nazionale Allievi del “42. In supporto ai partigiani durante la Resistenza. Colpito all’addome da proiettili tedeschi; curato col digiuno assoluto. Dopo qualche mese riprende ad alimentarsi e torna a pedalare. Secondo alla Milano Rapallo del “46, corsa che non lo sapeva ancora, ma sarebbe diventata una classica dei “puri”. Passa alla Benotto e dopo un paio di stagioni altalenanti ma convincenti, nel 1950 fa un bel Giro e un ottimo Tour vincendo due tappe a Lilla e a Bordeaux. E’ il Tour delle aggressioni, verbali e oltre, agli italiani accusati di essere succhiaruote nelle fughe e vincitori allo sprint (e come lui Corrieri, Magni, Leoni…). E questa parte del libro sviscera molto bene il momento dove i cugini di oltralpe, raggiungendo il massimo del loro sciovinismo, si “incazzano” (come dice Paolo Conte) per il complesso di inferiorità che li opprime. Il momento tecnico-tattico è sostenuto e avallato da godibilissimi articoli di Brera e Ambrosini sui giornali dell’epoca.
Ma che corridore è Pasotti, o meglio Pasottino? E’ un corridore di taglia leggera ma veloce e resistente; in salita è uno degli ultimi a staccarsi e tatticamente risulta accorto, al limite della astuzia. Non per niente riesce a giustiziare fior di velocisti e finisseurs da Casola a Schotte, da Van Steenbergen a Blomme. Il difetto maggiore (ma chi non ne ha) è che forse si dimostra un po’ poco propenso alla “sofferenza”. Però, tutto sommato, una onesta carriera, insomma. E il libro in questione ne esalta gli aspetti salienti.
Degno di nota e curioso il capitolo dedicato al 1955 quando si reca a correre nella Jugoslavia del compagno Josip Broz, in “arte” Tito il quale lo omaggia con un set di valigie per aver vinto due belle corse. Spazio poi alle vicende private con una bella famiglia, la sua passione per il ballo e gli amici del fiume e delle grigliate.
Che dire… Franco Rovati ha fatto un bel libro su questo corridore che pochi conoscono, raccogliendo anche splendidi documenti fotografici. Ce ne vorrebbero decine di Rovati per ricordare i tanti protagonisti dimenticati della nostra storia ciclistica; e forse non basterebbero.

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