LIBRI | 31/03/2015 | 11:53 Accertato che non esiste un doping per ogni sport ma una farmacia proibita che coinvolge tutti, vale la pena di leggere «Qualcuno corre troppo – Il lato oscuro del calcio» (Edizioni Gruppo Abele, 335 pagine, 20 euro), un’approfondita ricostruzione dello storico legame fra il gioco più popolare e le medicine firmata da Lamberto Gherpelli. Un viaggio che parte dalla Nazionale di Pozzo e arriva ai giorni nostri, senza voler dimostrare una tesi in particolare, ma nemmeno accettando la menzogna che accompagna da sempre l’argomento: nel calcio il doping non serve. «Non è vero che non esiste e non è vero che non serva: cambia la prestazione, eccome», racconta Julio Velasco, ct del volley passato da grandi club come Inter e Lazio: è una delle tante testimonianze del volume forse più completo sul doping nel pallone, dove non viene dimenticato nessuno dei tanti, troppi calciatori che, poco tempo dopo aver chiuso l’attività, si sono ammalati o sono prematuramente scomparsi, spesso lasciando una lunga scia di sospetti. Un’analisi divisa per squadre e per malattie, come nel caso della Sla, lo spietato morbo che nel calcio ha percentuali 24 volte superiori rispetto al resto della popolazione e al quale viene dedicato un capitolo a parte. Una ricerca che non tralascia alcun medicinale, tutti citati da chi li ha presi prima delle partite, a conferma di un’abitudine sanitaria che nel tempo si è perpetuata: somministrare ad atleti sani e spesso inconsapevoli («prendevamo pillole e facevamo flebo senza sapere cosa contenessero») sostanze destinare a malati veri. «E’ un viaggio all’interno di una memoria talvolta dimenticata, con numeri, date e un elenco di morti premature, oltre che contenuti di atti processuali. Nasce da esperienze personali e dal mio amore per il calcio, certe problematiche le ho vissute in prima persona», dice Gherpelli di un libro che non ha l’obiettivo di suscitare scandalo, ma semplicemente far chiarezza su episodi che al grande pubblico sono stati raccontati in parte o per nulla (fra i più divertenti, quello recente di un campione del mondo che durante un controllo ha allungato la pipì con l’aranciata...). Un modo per chiarire le dimensioni di un fenomeno che negli anni Sessanta ha spinto la Lega calcio a pubblicare un libro, «Doping e calcio professionistico», scritto dal professor Gerardo Ottani, ex calciatore del Bologna e successivamente primario dell’ospedale Maggiore, dopo che un’inchiesta aveva rilevato che un’alta percentuale di atleti usava amfetamine, stimolanti del sistema nervoso e della muscolatura. Per non parlare di quelli della respirazione, come il popolarissimo Micoren.
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