IAM CYCLING. Thétaz: «Credetemi, il ciclismo è un vero affare»

PROFESSIONISTI | 23/03/2015 | 09:54
Michel Thétaz, manager finanziario alla guida del colosso Iam, sta seguendo da vicino i primi passi della sua squadra, la Iam Cycling, nel ciclismo. «Il mio lavoro di manager mi concede poche occasioni per seguire le corse in prima persona - ha spiegato in una lunga intervista concessa alla Radiotelevisione Svizzera Francese - ma ho voluto essere alla partenza della Parigi-Nizza e della Tirreno-Adriatico per caricare la squadra alla vigilia dei primi due grandi appuntamenti della stagione. Discorsi? No, il tempo dei discorsi è nell'inverno, quando si fanno i programmi e si gettano le basi per la stagione. Al massimo un incitamento a dare sempre il massimo. A luglio però sarò in vacanza e potrò seguire meglio la squadra sulle strade del Tour de France».

Nella vostra squadra non c'è il classico grande leader…
«Non abbiamo grandi leader oggi, ma abbiamo sicuramente leader in divenire: penso a Frank o Reichenbach, per fare due nomi. Siamo una squadra che sta crescendo e oliando i propri meccanismi: alla Parigi-Nizza, per esempio, abbiamo potuto testare la squadra, i meccanismi e tutto quello che serve per cercare di essere protagonisti nel corso della stagione. E un corridore come Haussler ha preparato le grandi classiche».

Punterete alle grande corse in linea o alle corse a tappe?
«Per noi contano più le corse a tappe, anche perché è più facile ottenere qualche risultato. Nelle grandi classiche, invece, è tutto più difficile, non puoi sbagliare nulla e non dipende nemmeno solo da te».

Quindi nel mirino avete…
«Il Giro di Romandia sarà una delle corse più importanti per noi, perché corriamo sulle nostre strade. E poi io sono nato vicino a Champelac, dove si concluderà una delle tappe più belle, è normale che mi stia particolarmente a cuore. Il Tour? Tutti sanno quanto è difficile fare risultato alla Grande Boucle perché tutti si presentano al via con la migliore formazione e nelle migliori condizioni».

Qual è il bilancio di tre anni di investimento per la Iam?
«Questi tre anni ci hanno dato grande visibilità, anche perché i nostri concorrenti tradizionali - vale a dire le società che operano in campo finanziario - investono piuttosto sul golf e sulla vela. Nel ciclismo ci siamo solo noi e cerchiamo di sfruttare al meglio questo spazio: la nostra squadra ha come obiettivo quello di portare sulle strade la stessa filosofia della casa madre. Siamo una squadra svizzera, l'unica squadra professionistica svizzera, e al tempo stesso un team di stampo internazionale».

Avete scelto uno sport che viene spesso associato alla parola doping.
«Abbiamo riflettuto molto sull'argomento prima di decidere di entrare nel mondo del ciclismo e l'abbiamo fatto ponendo regole precise. Per esempio ho fortemente voluto una partnership con l'Ospedale Cantonale di Ginevra, non ho voluto affidare la squadra ad un solo medico. Il doping un tempo era organizzato direttamente dalle squadre, quindi diversi corridori erano coinvolti. Oggi noi vogliamo essere protagonisti di un cambiamento delle regole, non abbiamo bisogno di barare, piuttosto vogliamo dare sempre il massimo e questo ci basta. In tante squadre c'è questa volontà: ricordo che siamo tra i fondatori del MPCC e sono convinto che questa sia la strada da seguire. In futuro, tra cinque o dieci anni, guarderemo a questi anni come a quelli di un profondo cambiamento. Certo, sappiamo bene che non tutto è risolto ma le squadre del MPCC hano voluto regole più severe per continuare a lottare:, in ogni azienda, in ogni ambiente ci sarà sempre chi bara, ma con misure sempre più severe e con una giustizia veloce ed efficace si riuscirà ad isolare sempre di più questi casi».

E se un corridore della Iam risultasse positivo?
«Sarebbe un giorno bruttissimo per noi perché noi stiamo facendo di tutto per combattere il doping. Il nostro impegno è totale: il nostro staff medico non fa capo al team manager ma direttamente allo sponsor, cioè a me, e questo implica un impegno a 360 gradi della nostra struttura».

Ci spiega la scelta di entrare nel WordTour?
«Alla fine di un secondo anno di attività nel quale abbiamo ottenuto risultati migliori di vari team Worldtour, abbiamo deciso di non dipendere più dagli inviti altrui, ma di fare il grande salto e di invitarci da soli a tutte le gare più importanti del mondo. Lo scorso anno non siamo stati invitati al Giro d'Italia, quest'anno l'abbiamo fatto da soli. Siamo cresciuti ed oggi sono i corridori che cercano Iam, i grandi corridori che ci cercano. Confesso che siamo cresciuti più velocemente di quanto io stesso pensassi o ami fare, l'abbiamo fatto grazie all'impegno di tutti. Oggi in squadra siamo 75 ed è incredibile se pensate che la casa madre IAM ha solo 45 dipendenti… Ovviamente vogliamo continuare a crescere: un colpo di pedale dietro l'altro e possiamo andare davvero lontano».

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