Torre del Greco e quel Vesuvio che aspetta Nibali

STORIA | 10/01/2015 | 12:12
Il Vesuvio, sinora, Nibali lo ha visto solo dal basso. Ma per un ragazzo, un campione in bicicletta del Sud più estremo, lui che viene da Castell'Umberto, provincia di Messina, dal limitare dei Nebrodi, sarà un belvedere magnifico. Se sarà, come a Torre del Greco sperano, il totem ieratico, o il traguardo d' arrivo emozionante, di una frazione del Giro d' Italia 2016.
L' ultima volta che abbiamo visto, per amore di bici, il Vesuvio, è stato nell'indimenticabile, per più ragioni, Giro del 2009. Fu il Giro del gentile Denis Menchov, il russo della Rabobank olandese, e per inciso fu l' unico Giro d' Italia - e qui si fa storia, non solo cronaca del ciclismo - che abbia visto in corsa Lance Armstrong. Sul Vesuvio, quel giorno, il 29 maggio, un meraviglioso pomeriggio di sole, con tappeti di fiori che evocavano più Foscolo che Leopardi, intorno all'Osservatorio, si saliva da Ercolano, arrivò primo uno spagnolo, Carlos Sastre, dinanzi a Pellizotti ed a Di Luca, Menchov e Basso, quel Basso che di quel Giro fu la promessa mancata. Ma a vincere fu la platea sterminata di gente, di appassionati, di innamorati, che popolò i tornanti della ascesa come fossero le stazioni di un Santuario. Nibali non c'era, allora, nella Avellino - Vesuvio: aveva prescelto il Tour, che avrebbe concluso al settimo posto.
Ma il Vesuvio, quella sua arrampicata severa e letteraria, da Puy de Dome, era stata una montagna sacra già prima. Lì si era conclusa, nel 1990, ad una quota inferiore, la Sala Consilina - Vesuvio, seconda tappa in quella edizione della corsa rosa, che fu conquistata da un altro spagnolo, Eduardo Chozas, che per una manciata di secondi aveva difeso il suo trionfo dall'imperiosa rincorsa della maglia rosa, Gianni Bugno. Quel Bugno che Nibali un po' ricorda, per la sobrietà dei sorrisi e l' equilibrio dei toni. Quel Bugno che il Giro del '90 lo avrebbe vinto, indossando la maglia rosa dal primo all' ultimo giorno...
E se Nibali nel '90, beato lui, non aveva ancora compiuto sei anni, la prima comparsa assoluta del Vesuvio al Giro, quasi una vita fa, va illustrata e non solo a lui, ancora meglio. Era il 1959, e non c'era il colore, le maglie le immaginavamo per radio, le raccontavano Ameri e Carapezzi, prima di De Zan. Ed il Vesuvio dell' esordio, il 22 maggio, in una cronoscalata di 8 chilometri, fu il sigillo di un immenso giovane scalatore, Charly Gaul, Gaul, lo scricciolo lussemburghese che nel '56 si era imposto nel gelo del Bondone, e che sul Vesuvio nel '58 vinse invece nel sole di una altra fantasia. Ma tutto questo, nell' augurio del Vesuvio e del Nibali che verrà al comando, è romanticamente tutta un' altra storia.
 
Gian Paolo PORRECA
da 'Il Mattino', 9 gennaio 2015

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