AIMEC. Caldo o freddo, qual è il limite?

CONVEGNO | 16/11/2014 | 07:44
Il XXIII Convegno dell’Associazione Italiana Medici del Ciclismo si è svolto in questo fine settimana presso il Centro Congressi dell’Hotel Le Robinie di Solbiate Olona, moderna e funzionale struttura sovente sede di vari e diversi accadimenti dello specifico ciclistico.
E’ stato un fine settimana denso di temi, incontri, dibattiti. Il venerdì ha avuto una connotazione più strettamente medico-scientifica e con un finale dedicato adempimenti associativi mentre la giornata di sabato si è aperta con il tema “I possibili rischi della pratica del ciclismo agonistico in condizioni climatiche estreme. E’ ipotizzabile una impraticabilità di campo anche nel ciclismo?”. Un tema con numerosi, quasi infiniti, risvolti e variabili interdipendenti  che possono prestarsi a molteplici interpretazioni e chiavi di lettura influenzati anche dall’angolo di visuale dei differenti soggetti e degli interessi - tutti legittimi - delle componenti coinvolte nel dibattito.

Ha iniziato Mario Zorzoli, responsabile medico dell’UCI, che si è inoltrato in un giro d’orizzonte scientifico e normativo relativo ad altre discipline sportive; “ciclismo nel caldo” è sinteticamente il tema trattato dal dott. Sebastien Racinais che opera a Doha, nel Qatar e, di contro, per il freddo - sintetizzando e banalizzando un po’ il tutto - è stato il dott. Federico Schena dell’università di Verona e specialista dello sci di fondo a parlare degli effetti e delle incidenze del freddo.

Il piatto forte della giornata è stato rappresentato dalla “tavola rotonda” A.C.C.P.I.-A.I.Me.C., condotta da Pier Augusto Stagi, intitolata “Strategie per ridurre i rischi delle condizioni climatiche estreme". “Impraticabilità di campo” anche nel ciclismo? Ai tre relatori citati in precedenza, si sono affiancati il presidente dell’ACCPI, Cristian Salvato con il segretario, l’avv. Federico Scaglia e Ivan Basso con Filippo Pozzato, due nomi che non necessitano certamente d’ulteriori presentazioni, il d.s. Alberto Volpi e il giudice di gara Mirco Monti, un internazionale di lungo corso.

E’ stata un’ora e più di racconti d’esperienze personali, di vita vissuta, di citazioni d’episodi “casi di scuola”, di proposte, auspici, indicazioni, legittime rivendicazioni di tutela della salute degli attori primi del ciclismo, i corridori. Sia per difendersi dal troppo freddo e/o dal troppo caldo le cui definizioni, misurazioni, previsioni sono sovente soggettive e determinate anche dalle condizioni psico-fisico contingenti, attitudini e propensioni personali, dagli interessi dettati da posizione in classifica e molteplici altri fattori, sia soggettivi, sia oggettivi. Si deve trovare la famosa quadratura del cerchio. E, a questo proposito, soprattutto Ivan Basso, ha posto l’accento sull’assoluta necessità che prima d’intraprendere qualsiasi percorso presso le massime istituzioni sportive per statuire una regolamentazione univoca, ci sia una base d’accordo discussa e pienamente condivisa fra tutte le componenti che danno vita al ciclismo: corridori, gruppi sportivi, organizzatori e altre figure e enti del movimento. Le sollecitazioni di Stagi hanno condotto i partecipanti alla tavola rotonda a esporre valutazioni e idee anche alla luce dei recenti episodi e delle relative ricadute mediatiche riferite soprattutto alla Milano-Sanremo 2013, alla tappa annullata dello Giro dello stesso anno e alla tappa del Gavia e dello Stelvio del Giro d’Italia 2014. I corridori, in primis, hanno dato atto che l’organizzazione ha comunque sempre operato alla ricerca e salvaguardia della sicurezza e della tutela dei corridori. Ognuno ha portato il proprio contributo d’esperienza auspicando che in questa delicata, delicatissima, materia sia trovata una linea comune, difficile da individuare ma che rimane un obiettivo primario da perseguire con costanza, applicazione e buon senso, da tutte le parti.

Non ci addentriamo oltre nello specifico ma ricordiamo il desiderio espresso in modo univoco sulla necessità di conoscere, per poterli andare eventualmente a riconoscere, percorsi alternativi già con adeguato anticipo rispetto alla partenza di una corsa a tappe.
Giusto per dare due riferimenti numerici è stato ricordato che, per regolamento, nello sci di fondo non si gareggia se la temperatura è inferiore a meno di 20 gradi mentre, nella specialità del ciclocross, il limite è di meno 15 gradi.
Alla curiosità se per i corridori è meglio (o peggio) il freddo del caldo Cristian Salvato ha ricordato un adagio in voga da tanto nel tempo nel gruppo “Meglio sudare che tremare”.
Affaire à suivre, direbbero i francesi. Argomento che è dibattuto con l’auspicio espresso che, in tempi relativamente brevi, trovi un seguito adeguato alle istanze in sede U.C.I.

Nel pomeriggio è di scena il ciclismo agonistico amatoriale. Il primo titolo è: “L’agonismo come patologia. Usi, costumi (e abusi) del ciclismo amatoriale italiano”. E Marco Bonarrigo, giornalista e polisportivo praticante, attento osservatore e studioso della materia, presenta numeri e situazioni che dovrebbero indurre a profonde riflessioni e adeguate azioni di contrasto di certi fenomeni patologici.
Per contro, in conclusione, l’avv. Gianluca Santilli, responsabile FCI della Struttura Amatoriale Nazionale, con facondia forense, si è misurato sul tema “Etica contro doping nel ciclismo amatoriale: una sfida da vincere”.
Anche nel pomeriggio il dibattito è stato vivace trattando temi e numeri di praticanti di considerevole rilievo con un’estesissima gamma di collegamenti e implicazioni.
Roberto Corsetti, presidente A.I.Me.C., con il C.D. composto da Daniele Tarsi, Antonio Angelucci, Gaetano Daniele e Alberto Pietra, ha espresso la soddisfazione dell’Associazione per lo svolgimento dei lavori del convegno che ha avuto il supporto di sponsor quali il Centro Ricerche Mapei Sport, Ozone-Elite e DS Medica, per le differenti indicazioni emerse per lo svolgimento del delicato lavoro degli associati in favore dei ciclisti di tutte le categorie e tipologie.

g.f.


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