E comunque, grazie. Al netto di equivoci o
carognate, di malintesi o imboscate: grazie ragazzi. Senza se e senza
ma. Grazie per come avete lottato, sofferto, sopportato. Grazie per come
avete onorato il Giro. Grazie per come avete riabilitato il ciclismo.
Grazie per aver dimostrato a tutti gli altri sport, a tutti gli altri
tifosi, di che cosa siano capaci i fachiri della bicicletta.
Vi
abbiamo visto combattere contro tutti gli elementi avversi della natura e
della corsa: freddo, pioggia, neve, tensione, rarefazione dell’aria.
Niente da dire, stavolta. Davvero nessuna critica e nessun rilievo.
Soltanto una sincera, incondizionata, riconoscente ammirazione.
Vorrei
fosse molto chiaro: quello che vi rivolgo non è il grazie del sadico.
Cioè di uno dei tanti snob che vorrebbero il ciclismo sport sanguinario,
che si eccitano soltanto quando è mattanza, che sognano l’epica delle
cataste in volata, delle cotte a quaranta gradi, degli stoccafissi
sottozero. Non è l’estetica dello sport estremo – o del circo equestre –
che mi fa dire grazie. Il ciclismo è bello sempre. Ma ci sono giornate
in cui le sue cose migliori si sublimano fino alla perfezione. Il
tappone della Val Martello diventa a pieno titolo uno di questi
affreschi totali, che ripropongono nella cornice di una sola giornata
tutta la simbologia migliore di un intero mondo.
Mentre voi
andavate incontro al supplizio, mogli e fidanzate si scatenavano sulle
reti sociali contro gli organizzatori: “Questa tappa andava annullata, è
una cosa da pazzi”. Ebbene sì, ci sono giornate in cui il ciclismo
diventa una vera cosa da pazzi. Ma è proprio per questo che nessuno
sport riuscirà mai a eguagliarne l’epica. Non può essere una coincidenza
se i picchi di ascolto televisivo coincidono sempre immancabilmente con
queste giornate pazze e inverosimili. C’è un nesso diretto: il pubblico
capisce al volo la differenza tra uno spettacolo normale e uno
spettacolo eccezionale. Mai una tappa del Giro era riuscita a vincere
l’ostilità di Gavia e Stelvio nella stessa giornata: ci siete riusciti
voi, ragazzi di oggi, figli degli agi e del benessere. Una bella
lezione.
Per tutto questo, grazie. Grazie al primo e grazie
all’ultimo. Senza se e senza ma. Ci sono giornate in cui la critica
serena deve ammutolire, alzarsi in piedi e applaudire. Personalmente
sono strafelice di applaudire. Pronto, già domani, a fischiare se lo
spettacolo sarà deprimente. Senza malizia, senza cattiveria. Perché
ciascuno deve sforzarsi tutti i giorni di fare per bene il proprio
mestiere. Non solo voi.
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