«Qualcuno avrebbe visto...». Caro Eugenio, non è giornalismo

ATTACCHI & CONTRATTACCHI | 12/05/2014 | 16:24
di Cristiano Gatti           -

Kittel non è mio fratello e nemmeno mio cugino. Tanto meno ambisco a diventare il suo difensore di fiducia. Solo per spiegare che non ne faccio una questione personale: in tema di ciclisti, quasi trent’anni di frequentazioni mi hanno insegnato a non mettere mai – mai più – la mano sul fuoco per nessuno. Però c’è un limite. Ci deve essere.
Leggo questa mattina sulla “Repubblica”: «C’è qualcosa di strano nel tedesco dagli occhi di ghiaccio. Qualcuno lo avrebbe visto pedalare in quel di Toscana, nel range di azione di un noto e discusso preparatore. Ma lui nega decisamente. Forse un suo sosia…».

Conosco Eugenio Capodacqua, l’autore di questo articolo, da tanto e tanto tempo. Gli riconosco senza problemi, e non da oggi, d’essere il vero pioniere nella lotta al doping, quanto meno a mezzo stampa. Con qualche inevitabile furore integralista, con qualche perdonabile imprecisione: ma sempre con innegabili competenza, rigore, efficacia.

Ma proprio perché penso d’essere davanti a un signor professionista, non mi riesce di accettare questo passaggio su Kittel. Caro Eugenio, lasciatelo dire: non è giornalismo, è solo un gratuito schizzo di fango. Non te lo dico perché mi senta maestro di giornalismo di nessuno: te lo dico perché questo scritto è sgradevole e ingiusto di suo.

«Qualcuno lo avrebbe visto»? Ma che modi sono, ma qual è il senso. Se passano questi metodi, allora c’è davvero spazio per tutto. Chiunque può insinuare simpaticamente qualunque cosa. Chiunque può impallinare chiunque. Senza un nome, una circostanza, un indizio serio (come vedi, non ho preteso una prova).

Ho sempre ammirato l’impegno civile – certo: è impegno civile – di un giornalista che ha costruito la sua carriera sulla dura ricerca della verità. Per questo, s’è preso negli anni insulti, sarcasmi, emarginazioni. S’è preso pure secchiate dalle finestre dei corridori. Non si è rivelata per niente facile e giocosa la vita di Eugenio Capodacqua, tutti devono riconoscerlo. Ma a maggior ragione questo non gli dà la licenza di lanciare schizzi “a gratis”. Come gli gira, quando gli gira.

«Qualcuno avrebbe visto Kittel». Qualcuno chi? Avrebbe o ha visto? Facci capire, vecchio Eugenio. Se invece il giochino è quello della bomba preventiva, cioè insinuo subito sospetti su chiunque, così alla fine qualche volta ci prendo, mi sembra semplicemente una colossale carognata.

Se ti riesce, prova solo per ipotesi a immedesimarti. Un autorevole cronista scrive di te una cosa del tipo «qualcuno avrebbe visto Capodacqua frequentare la casa di un noto e discusso boss mafioso». Che dici, non fai una piega?
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COMMENTI
Il Migliore
12 maggio 2014 16:51 Bogaert
Caro Gatti, Sei sempre il migliore poche parole e dirette al punto....

E qualcuno invece ha scritto...
12 maggio 2014 20:45 Bartoli64
Eh si, bisogna riconoscerlo: lanciare un’insinuazione usando il condizionale non è molto elegante, e nemmeno eticamente corretto per chi di mestiere fa il giornalista e dovrebbe riportare i fatti per come sono e per come accadono.

Chi però conosce la storia professionale di Eugenio Capodacqua sa che questo coraggioso giornalista si è beccato più di qualche denuncia per diffamazione a mezzo stampa con conseguenti cause legali (tutte puntualmente vinte), il che fa perlomeno pensare che quel “qualcuno avrebbe visto” non è poi così lontano dalla realtà (l’esperienza, d’altro canto, non è cosa che si compra dal salumaio).

Se a questo sommiamo anche le molteplici conoscenze che il Dr. Capodacqua vanta nel sempre “agitato” mondo ciclistico toscano - dalle quali attinge informazioni professionali sufficentemente qualificate - si può anche pensare che quello “schizzo di fango” lanciato nei confronti di Kittel forse tanto “fangoso” non è.

Per il momento c’è da registrare come dei valori di potenza espressa in volata da Kittel ancor nulla si sappia al riguardo, e la circostanza può anche destare qualche interrogativo soprattutto se, al contrario, negli “stupefacenti anni ’90” c’erano sprinter in grado di raggiungere i 1.800 watt e/o di matenere i 1.500/1.600 per 300/350 mt. (e sono dati reali non fantasie giornalistiche).

Per il momento il nuovo astro dello sprint mondiale dice che non vuol regalare preziose informazioni agli avversari, per cui i suoi watt resteranno “top secret” (anche se non sarà poi cosi difficile calcolarli con una più che sufficiente approssimazione).

Ora però ci resta questo brutto esempio di “giornalismo che non è giornalismo”, ma consoliamoci...

Chi oggi critica l’operato di Capodacqua (e magari ci fornisse notizie senza fare le pulci su ciò che scrivono i colleghi) forse dimentica di qualche suo articolo smaccatamente provocatorio, gionalisticamente inutile, informativamente inconsistente e persino offensivo nei confronti dei lettori di questo blog.

Per carità, lavorando si sbaglia (io lo faccio spesso) e solo chi non fa nulla nella vita non sbaglia mai, però...

Un pò di mea culpa sugli errori professionali commessi in passato (magari unito ad un’integrazione di fosforo) non farebbero affatto male... e lo dico senza astio alcuno.

Bartoli64

a dire il vero
12 maggio 2014 20:52 fedaia66
Capodacqua con Nibali qualche soldino l'ha dovuto elargire.lui e Fanini.

12 maggio 2014 23:05 carlino
Gia' che la notizia e' su Repubblica e'tutto dire.....

13 maggio 2014 00:10 Turi31
I giornalisti di Repubblica sembrano fatti con la dima, in politica così come nello sport.

Ha ragione
13 maggio 2014 11:41 cesco381
Eugenio ha ragione, su tutto il fronte. Tutti hanno già dimenticato il problemino del tedesco circa la indagine sul sangue avvenuta alcuni anni fa, quindi fermo restando la meravigliosa macchina umana che è Kittel, però non diventiamo corti di memoria cancellando tutto per poi ritrovarci da capo a riflettere sul perché è sul come! Eugenio e' sempre diretto, non ha fatto mai tanto bene al ciclismo, ma ha cercato di salvare la salute dell'uomo, e di questo gli va dato merito.

OK Turi31
13 maggio 2014 13:14 emmemme53
Credo che tu abbia centrato l'argomento. E' una malattia di Repubblica e di tutti i giornali di sinistra fare sempre i primi della classe, a prescindere. Tutti portatori della verità assoluta, tutti pieni di boria e di ipocrisia. Ma intanto nel piatto in cui mangiano sputano volentieri, questa è la loro ideologia. Tanto domani: chi ha avuto, avuto, avuto chi a dato, dato, dato ..............

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