Sono del partito chi c’è c’è, e chi non c’è peggio per lui. Lo penso alle cene tra amici e alle gite di gruppo, figuriamoci se non lo penso al Giro d’Italia. Non sono tra quelli che piagnucolano tutto il tempo perché manca questo e manca quello: troppi ne ho visti, dico di campioni e di big, venire al Giro solo per umiliarlo, svaccando in coda al gruppo e a due ore in classifica generale. Ricordo il mitico Lemond, prototipo e paradigma di questo offensivo turismo rosa: durante un Giro, ad un certo punto, inventai per lui la speciale classifica Ghiro d’Italia, raccontando tutti i giorni per filo e per segno la sua presa in Giro, senza pudore e senza vergogna.
Non ho il minimo dubbio: la storia si fa coi presenti. E comunque meglio avere due o tre outsider assatanati che cento campioni di malavoglia. Questa edizione mi sembra terreno esemplare per discutere dell’eterno tema. Raccontare un Giro minorato solo perchè i fuoriclasse delle corse a tappe – Froome, Contador, Nibali – sono assenti? Non lo farò mai. Il Giro resta il Giro, perché è il Giro che crea i campioni, non sono i campioni che creano il Giro.
Certo non sono sceso da Marte l’altra sera: so bene che una lotta tra Froome, Contador e Nibali, accanto ai Quintana, ai Rodriguez, agli Evans che qui ci sono, sarebbe il massimo. Ma ormai mi sono messo il cuore in pace: non succede più – e non da oggi – che tutti i migliori si sfidino nelle stesse gare. Da questo punto di vista, io coltivo da sempre un grande sogno: parlando di riforme del ciclismo, la prima che farei sarebbe obbligare i primi venti o trenta del ranking mondiale a correre le cinque classiche monumento e almeno due grandi giri. Su tutto il resto scelta libera, ma in questi sette appuntamenti tutti i migliori devono esserci. Sì, anche se significherebbe avere uno scalatore di 55 chili alla Roubaix: non importa, è uno dei migliori, vediamo come se la cava anche sul pavé.
Nell’inutile attesa che un giorno qualcuno prenda in considerazione questo mio sogno, mi adatto alla situazione reale. E cioè prendo quello che passa. Faccio sempre il tifo perché Vegni e compagnia riescano a convincere tanti big a venire, ma se poi non vengono pace e amen. Il Giro non ha i grandi big? Ce ne facciamo una ragione e ci gustiamo i presenti, tendenzialmente meno timorosi, più coraggiosi e più disinvolti, cioè più liberi di giocarsi le proprie carte. E di costruirsi come nuovi big (certo, il recente Hesjedal non è il migliore degli esempi…).
E comunque: forse gli assenti non hanno sempre torto, nel ciclismo. Però soltanto uno non ha mai torto: quello che vincerà il Tour. Di lui si potrà dire che ha fatto bene a puntare tutto sulla Francia. Gli altri finiranno a concludere che in fondo non vale la pena giocarsi un’intera annata per un appuntamento solo. Si ripropone l’eterno dilemma dello sport: meglio secondo sul massimo palcoscenico o meglio primo su palcoscenici un po’ meno mitici? Io dico che primo al Giro resta una laurea di prestigio assoluto. E comunque meglio di un secondo posto a Parigi. Ad ogni modo, posso capire Froome (che ha già vinto e vuole puntare al record di Armstrong, però vero), capisco Contador (che cerca la rivincita totale), capisco Nibali (che cerca l’unico grande giro non ancora vinto). Ma fatico a capire tutti gli altri. Quelli che comunque puntano solo al Tour e snobbano il Giro. I Valverde, ad esempio. I Voeckler. E anche i Cancellara, perché no: Fabian parla sempre in modo romantico delle sue origini italiane, ma venirci a fare un Giro, ogni tanto, nell’amata Italia? Non li capisco, ma mi adeguo. Senza rimpiangere nessuno. So che i presenti ci faranno dimenticare gli assenti. E’ sempre stato così. E comunque, chi vincerà non sarà un vincitore dimezzato. Sia chiaro. Se vince senza battere Froome la colpa non è sua, ma di Froome che se la svigna. Tanti auguri però a chi andrà a sfidarlo in Francia. Se Froome li bastonerà di nuovo tutti, so già che avranno comunque la scusa buona. Diranno che in ogni caso un podio al Tour è sempre un podio al Tour. Vero. Però al Tour come in tutte le gare del mondo, di tutti gli sport, in realtà non sei secondo o terzo: sei solo un battuto.
Ma Come?Prima Gatti se la prende con Lemond perché con la sua presenza "umiliava" il nostro Giretto,poi vorrebbe obbligare tutti i grandi nomi del ciclismo mondiale a correre almeno 2 grandi Giri!A parte il fatto che,se passasse questa regola,quasi tutti sceglierebbero Tour e Vuelta(che ha il vantaggo enorme di disputarsi DOPO il Tour,e non prima),quali sarebbero le motivazioni dei corridori obbligati a correre controvoglia?Esattamente le stesse di Lemond,Ullrich,Delgado & c.O no?Voeckler non corre il Giro perché in Francia,del Giro,non frega assolutamente niente a nessuno.Ricordiamoci la partenza da Nizza,nell'indifferenza,che dico,nel fastidio generale.
Memoria corta
11 maggio 2014 10:48battaglin
Caro signor Gatti,lei ignora che Lemond venne al Giro e fece un terzo e un quarto posto,addirittura il terzo dietro "forzatamente" a capitan Hinault,il quarto lo fece in un giro dal percorso scandaloso,tanto è vero che al Tour un mese dopo bastonò tutti Hinault compreso.Probabilmente ignora anche il fatto che nel 1987 ebbe un incidente di caccia nel quale rischiò la vita,il quale fece da spartiacque alla carriera andando ad incidere su un fisico che già era debilitato per la funzionalità corretta di un solo rene.Vada a rivedere gli ordini d'arrivo di tutte le classiche in linea dell'epoca prima del già citato 1987,lo troverà in tutti gli ordini d'arrivo,dal mondiale al Lombardia dalla Roubaix alla Liegi,dalla Sanremo al Fiandre.Abbi rispetto per un corridore che ad averne oggi ci leccheremmo i baffi.Cordiali saluti Massimo.
X BATTAGLIN
11 maggio 2014 13:12berto41
IL SIGNOR LEMOND NON HA MAI AVUTO PROBLEMI AD UN RENE ,E TUTTOGGI GODE DI OTTIMA SALUTE .
SENZA UN RENE AVREBBE POTUTO PARTECIPARE SOLO A UNA CORSA PER DISABILI
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