CIAO MARCO. Gianni Mura: «Ho pensato di lasciare tutto»

APPROFONDIMENTI | 14/02/2014 | 08:11
Con il menisco evaporato: «È a pezzi, strano per uno che dallo sport è stato lontano» e le sigarette razionate: «Ormai,  a un passo dalla crisi d'astinenza, prediligo solo quelle più importanti: al cesso, dopo il caffè, alla fine del pasto» Gianni Mura non ha mai venduto fumo. Non firma appelli e rifiuta da sempre di iscriversi al Partito. A 68 anni, non ha cambiato idea: «Vorrei chiamarmi fuori dai due schieramenti che dalla morte di Pantani si danno battaglia con immutabili argomentazioni che non mi appartengono».

Ce le espone?
«Chi urla: ‘Cazzo, ancora ce la menate con questo drogato' e chi risponde: ‘Lo hanno imbrogliato, era un angelo caduto dal cielo, vittima di un complotto cosmico'. Pantani aveva una grandissima umanità. Se lo sono dimenticati tutti».

Non i tifosi.
«Pantani ha vinto una quarantina di corse, quante Merckx in una sola stagione. Ma sapeva accendere la fantasia come pochissimi altri. Durante il tour del '98 l'Italia si bloccò. Le vecchiette in estasi, la gente accalcata al bar come negli anni 50. Se ancora, in quei sacrari verticali che sono le salite, la gente mette cartelli per ricordarlo significa che l'eco delle emozioni non si è spenta. Nei suoi confronti c'è una gratitudine che va oltre il rimpianto e la Pietas. È un riconoscimento costante, silenzioso, non appariscente».

Perché secondo lei?
«Non conta solo vincere. Conta soprattutto come lo si fa. E Pantani, rispetto al suo microcosmo, era un alieno. Nel parlare e nella pedalata. Se lo osservi, manifesta un'inesausta stanchezza. Una sofferenza nutrita da pochi sorrisi e nessuna ombra di felicità, neanche sul traguardo. Non ho mai trovato ciclisti che per rilassarsi ascoltassero Charlie Parker, né scalatori che come lui dicessero: "Vado forte in salita per abbreviare la mia agonia". Pantani era di quella pasta. E comunque, come lui non ne vediamo più».

Lei lo aveva soprannominato Fossile.
«O Pantadattilo. Un cardellino di 56 chili in mezzo alle aquile che portava fieramente pizzetto e baffi non diversamente dai primi ciclisti dei tempi eroici alla Petit-Breton. Entusiasmava perché scuoteva dalle fondamenta uno sport di ragionieri o, per essere più precisi, di grandi passisti che andavano forte a cronometro e in salita si limitavano a controllare. Pantani in salita tirava colpi pazzeschi. Non calcolava. Che gli andasse bene o male, giocava d'istinto. Dava retta a pochissime persone. Non distingueva gli amici veri da quelli falsi. Un vizio che alla lunga lo ha progressivamente avvicinato alla fossa».

A chi avrebbe dovuto dar retta?
«A chi cercava di riportarlo in pista perché gli voleva bene e capiva che senza bici, Pantani era mutilato. C'era chi gli riempiva le notti di coca e donne a pagamento per scroccargli denaro o stordirlo. La sua fine, tristissima e molto dolorosa, tecnicamente è un suicidio lungo 5 anni. Con tentativi di riemersione e nuovi inabissamenti. Ed è soprattutto una storia di profonda e straziante solitudine. Se avesse avuto vicino uno come Luciano Pezzi, l'ex comandante partigiano che era stato con Gimondi e che a Marco fece firmare un contratto mentre era in stampelle parlando in romagnolo stretto, Pantani forse sarebbe ancora qui».

La avvertirono a pranzo.
Ero con mia moglie, in ferie, senza computer. Mi chiamò un collega quasi omonimo, Aligi Pontani: "È morto Pantani". Io di getto: "Che cazzo dici? Inventatene un'altra". Poi dettai a braccio. Un quarto d'ora. L'articolo meno scritto della mia vita».

Lei su Pantani ha scritto molto.
«Anche se a lui è legato il momento più difficile del mio percorso, non ritiro una virgola. Dopo Madonna di Campiglio, quando venne trovato con l'ematocrito impazzito, venni investito dalle lettere. Il senso era: ‘E adesso, dopo averci aiutati a innamorarci di lui, come la mettiamo con la sua squalifica?'. Mi mandarono in crisi. In questo sempre più sputtanato mio mestiere, il rapporto di fiducia con il lettore è tutto. . Avremmo dovuto disporre di provette e intercettazioni. Non le avevamo. Puoi andare a 200 all'ora in autostrada, ma se il Tutor non ti becca sei pulito».

Cosa è cambiato in 10 anni?
«L'unica cosa nuova è che l'ultima disperata invocazione di Pantani: ‘Leggi uguali per tutti', è stata inascoltata. Per qualcuno, un nome a caso Armstrong, si faceva un'eccezione. Per tenergli un bell'ombrello aperto sulla testa si scomodava L'Uci, L'unione ciclistica internazionale. Non Fracazzo da Velletri».

Malcom Pagani e Andrea Scanzi per «Il fatto quotidiano» del 9 febbraio 2014
Copyright © TBW
COMMENTI
15 febbraio 2014 09:59 uybello79
tra tutti gli articoli questo è quello che preferisco, di Mura ho molta stima ed è stato in grado di darmi alcune risposte che da tifoso cercavo.
Se poi su Pantani i giornalisti facessero i veri giornalisti analizzando e contestualizzando bene i fatti, i numeri, la gestione del Coni e della FCI, gli interessi in gioco, invece di venderne il mito e ragionar di stomaco sarebbe molto meglio e schiarirebbe le idee...

Hai dimenticato i tuoi dati, clicca qui.
Se non sei registrato clicca qui.
TBRADIO

00:00
00:00
Il Giro bulgaro tira, interessa, fa gola. Diciamocelo quando è il caso di dirlo: la nostra corsa faro, il nostro fiore rosa all’occhiello piace ed è appetibile. Da notizie in nostro possesso ci sono almeno due brand, due colossi dell’industria...


Domenica scorsa, dodicimila appassionati di ciclocross hanno affollato le pendici della Cittadella di Namur per assistere  al debutto stagionale di Mathieu van der Poel a all'avvincente battaglia contro Nys, e compagni. Se a Namur i biglietti si sono esauriti rapidamente,...


Si correva di sabato pomeriggio tra maggio e giugno. Il Trofeo Vittorio Boffi è stata la classica del Velo Club Lentatese società di Lentate sul Seveso presieduta da Damiano Terruzzi. Ventotto furono le edizioni ininterrotamente dal 1977 al 2004. Fior...


E' stato un nuovo debutto quello di ieri al Giro d'Onore per Elia Viviani, il Profeta e simbolo della rinascita della pista azzurra, che adesso è il team manager delle Nazionali strada e pista. A 36 anni, l'olimpionico veronese apre...


I numeri parlano chiaro: 97 medaglie nel 2021, 130 nel 2022, 122 nel 2023, 105 nel 2024 e 106 nel 2025. Sono questi i successi del ciclismo azzurro nelle cinque stagioni di presidenza di Cordiano Dagnoni: 560 podi. Sono 44...


Era il 2015 quando l’Italia festeggiava l’ultima vittoria alla Vuelta España applaudendo l’impresa di un venticinquenne Fabio Aru, superbo nell’occasione a salire sul gradino più alto del podio di Madrid davanti a Joaquim Rodriguez e Rafal Majka. Da allora,...


Campionessa olimpica dell'Americana a Parigi 2024 con Vittoria Guazzini, e adesso ancora iridata del quartetto dell'inseguimento, come già nel 2022, con Fidanza, Alzini, Guazzini e Venturelli. Chiara Consonni è l'anima e il simbolo delle Rocket girls azzurre, che ormai da...


La tre volte campionessa del mondo di ciclocross Fem van Empel ha deciso di prendersi una pausa a tempo indeterminato dal ciclismo agonistico. «Il mio corpo e la mia mente hanno dato un segnale molto chiaro. Al momento mi mancano...


Alla presenza del campione italiano Filippo Conca e Marco Tizza è stata presentata la quinta edizione del Ciclocross città di Seregno-2° Trofeo BCC Barlassina organizzata dalla Respace Asd BikeTeam di Marco Tagliabue con la collaborazione della Salus Seregno De Rosa...


UAE Team ADQ è felice di annunciare la promozione della 21enne belga Febe Jooris alla rosa WorldTour per le stagioni 2026 e 2027. Specialista delle cronometro, la classe 2004...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024