Marchegiano a ruota libera sulle problematiche del ciclismo

INTERVISTA | 07/12/2013 | 17:20

E’ passato ormai un anno dalla Sua candidatura a Presidente Nazionale della FCI. Pentito?


No, assolutamente. Credevo e credo a maggior ragione oggi, che la Federazione debba cambiare rotta, ritornare in modo determinato a guardare la base del nostro sport. Serve una maggior attenzione  verso chi costruisce l’attività giovanile, sia organizzando gare sia gestendo le società . Senza di loro ci fermeremmo...


 

Si parla di costi troppo elevati che limiterebbero l’attività.

Certo. Se riprendiamo in mano il mio programma elettorale, avevo prospettato l’abbattimento dei costi per fare attività ciclistica. Ferma restando la sicurezza, proponevo per esempio,  per le corse giovanili, tracciati in circuiti facilmente controllabili con poche persone senza l’intervento di motostaffette e mezzi al seguito.  Un’altra strada, percorsa dal CR Piemonte, attraverso corsi di formazione, è quella di aumentare il numero dei Direttori di Corsa e dei motociclisti abilitati con conseguente calo delle pretese economiche. Come CR Piemonte siamo direttamente intervenuti con aiuti economici in realtà dove esisteva una chiara capacità  di costruire un valido progetto. Una maggior sinergia fra le varie Società è un altro aspetto da incentivare. E’ insostenibile, in molti casi, svolgere seriamente un’attività stradale e  una fuoristrada magari con pochissimi mezzi e ragazzi; a pochi chilometri molte volte esistono due, tre se non più squadre in queste condizioni. Basterebbe, mantenendo comunque identità ed autonomia,  razionalizzare il campo di azione.  Aumenterebbero di colpo capacità e numeri rendendo anche più semplice un intervento economico in sostegno laddove ne esistesse la necessità.

Troppi paletti che limitano l’attività. Lo stop domenicale, senza valide alternative non ha senso. Molte volte si caricano le famiglie di costi aggiuntivi costringendole  a trasferte economicamente pesanti per correre…

 

Il Piemonte quindi non soffre

Ci mancherebbe. La crisi c’è e si fa sentire. Ma abbiamo tagliato i fronzoli e mantenuta la sostanza. Il numero di squadre è praticamente invariato, mentre i tesserati sono aumentati, ma c’è tanto da fare…

Per esempio

Abbiamo limitato i contributi per le premiazioni di fine anno, abbiamo organizzato le trasferte agonistiche con il sussidio di un nostro veicolo attrezzato di tutto punto per abbattere i costi logistici, si è aumentata  l’autonomia dei Comitati Provinciali, responsabilizzandoli ad una maggior attività; in molti casi hanno  alleggerito i costi del Comitato Regionale.

Mi innervosisco quando assisto quotidianamente a festeggiamenti promozionali  con inviti ad ospiti altisonanti al solo scopo di farsi pubblicità che addirittura molte volte non coinvolgono assolutamente la Federazione e che hanno costi organizzativi con i quali si potrebbe fare attività giovanile per qualche anno… Mi chiedo dove sia l’amore verso il  ciclismo.

 

Senza investimenti non arrivano i risultati

Investimento  non equivale   a spreco. Per anni abbiamo sperperato fondi senza mai raccogliere nulla. I discreti risultati ottenuti oggi, sono frutto esclusivo di iniziative locali e non certo dei pessimi investimenti del passato. In Piemonte, grazie ad una programmazione attenta,  proprio in questi ultimi anni abbiamo ottenuto un buon risultato dalla pista e dal Ciclocross.

 

La pista

Addirittura due atleti e due atlete delle squadre azzurre sono piemontesi  e le medaglie ottenute ai Campionati Italiani sono sicuramente un successo, soprattutto in rapporto ai numeri  del CR Piemonte.

 

Ciclocross

Settore abbandonato ma vivo. Una ricostruzione mirata ed investimenti ad hoc ne hanno decretato l’esplosione.

Da due anni abbiamo una media partecipanti superiore ai duecento atleti per gara. Una enorme soddisfazione aver accolto il CR Lombardia ed organizzato il Challenge Piemonte Lombardia che sta riscuotendo  l’ennesimo plauso.

 

Torniamo ai grandi, all’UCI ed al suo nuovo Presidente.

Conosco personalmente Brian Cookson. E’ una persona capace e di larghe vedute. Bisogna attendre per capire se avrà tutto lo spazio e la possibilità di realizzare quello che ha in testa. Certo è che l’Italia a livello di rappresentanza politica ne esce con qualche ossicino rotto… Cosa diversa è l’aspetto tecnico.

Bisognerà capire a quanti interessa cambiare qualcosa o invece continuare a vivacchiare di vecchi privilegi.

 

E lei cosa vede?

Guarderei sicuramente più  in FCI intesa come organizzazione  dell’attività di base ed in questo contesto confido nella nuova Presidenza del Coni, già attiva nel cambiamento di rotta nella gestione delle attività sportive.

 

Esempio?

Mi piacerebbe si studiassero  i numeri per capirne il significato.

Oggi quanti ragazzi già dalla categoria allievi smettono con il ciclismo per mancanza di mezzi e/o società?

E’ giusto che solo i più forti a 16, 17 anni possano continuare a correre o lo sport dovrebbe insegnare altro?

Oggi non esiste nessuna alternativa per chi smette. Nessun ripiego o possibilità per chi, per esempio, vorrebbe porre maggiore attenzione nello studio e l’organizzazione dei Campionati Italiani in pista giovanili e open coincidenti con gli esami di maturità e con l’inizio dell’anno scolastico ne sono l’esempio.

 

Ciclismo femminile questo sconosciuto…

Sono felice di parlarne! In Piemonte abbiamo tre formazioni Elite e altrettanti team giovanili con richieste di tesseramento in continuo aumento. I risultati ci sono, basti pensare ai titoli nazionali strada, pista, Ciclocross e Mountain Bike.

 

Proprio la Mountain Bike, parliamone.

E’ un settore con sviluppo esponenziale, ma senza regole, proprio “fuori strada”. Occorre disciplinare l’attività senza necessariamente imporre troppi limiti, ma occorre comunque un regolamento dell’attività più efficace.

 

La multidisciplinarietà.

Balle. E’ un tentativo, l’ennesimo di colmare una gap. Molti  campioni stranieri facevano MTB? Allora anche noi. Non è con l’imposizione che si ottengono i risultati. I percorsi formativi vanno studiati e occorrono investimenti, non tentativi. Inghilterra e Australia hanno deciso di investire sulla pista e lo hanno fatto costruendo velodromi e portando i ragazzi in pista, non pianificando sulla carta. L’anno scorso la FCI non ha partecipato ai mondiali in pista per mancanza di fondi…

Quindi ben venga la multidisciplinarietà ma senza inutili  imposizioni dall’alto; con una pianificazione che la renda allettante e facilmente attuabile.

Occorre innanzitutto formare tecnici e dirigenti multidisciplina. Non è sufficiente, anzi sarebbe dannosa , affiancare nella preparazione dell’atleta due tecnici con preparazioni limitate al proprio settore. Si tratterebbe di semplicemente di una doppia attività senza nessun tipo e giovamento propri  della multidisciplinarietà. di  Un esempio il doppio costo da sostenere per l’acquisto di due tipologie di biciclette…

 

Che idea ha oggi della Federazione Ciclistica Italiana?

Un gran pentolone dove bolle di tutto, ma senza sapere cosa.

Come si possono razionalizzare costi, ma soprattutto rendere credibile un’attività se esistono Commissioni replicate con a capo ben  110 persone?  Siamo certi che siano tutte indispensabili, ma soprattutto capaci di non sovrapporsi, creando confusione normativa e continui fraintendimenti con ricaduta sul movimento di base? Io stesso, come CR Piemonte sono stato penalizzato nella partecipazione, poi mancata, al Giro della Lunigiana. Occorrono poche persone capaci e regole efficaci.

Fortunatamente tecnici quali Villa nella pista e Pallhuber  nel fuoristrada compensano con la propria competenza molte delle lacune presenti in altri settori.

Marco Pasquetti

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