Saxo Bank: ecco perché crediamo nel ciclismo

PROFESSIONISTI | 03/12/2013 | 09:02
Non capita, ma se capita, allora l’occasione è da prendere al volo. Quel che non capita spesso è di avere un incontro con uno dei grandi sponsor di un team importante come Saxo Bank ed avere l’opportunità di capire meglio cosa spinga un’azienda ad investire nel tanto bistrattato mondo delle due ruo­te. Un esempio di come la mondializzazione, in questo caso, stia funzionando.
Un’analisi piuttosto approfondita, che potrebbe tornare utile anche ad alcuni team manager, impegnati in questa fase della stagione, nei rinnovi o nella ricerca di partner finanziari.
Il nostro incontro si svolge a Milano, tra analisti finanziari, economisti, po­tenziali clienti di Saxo e appassionati di ciclismo. La sede è quella elegante di Palazzo Serbelloni, nel centralissimo Corso Venezia. 
E così, tra discorsi che riguardano spread, coperture, posizioni corte e differenziali sui tassi, si riesce anche a co­gliere interessanti considerazioni sull’investimento nel ciclismo e il suo ri­torno in termini di resa, d’immagine e di business.

A spiegarci meglio questi concetti è Lars Seier Christensen, Co-Fondatore e Co-Ceo di Saxo Bank. È il numero uno della banca danese che da anni af­fianca Bjarne Riis, e nelle ultime due stagioni anche Alberto Contador, uno dei più grandi campioni da corse a tappe che il ciclismo ha saputo esprimere.
La sua analisi parte da lontano, Riis e Contador, al suo fianco, ascoltano con molta attenzione. «Potremmo cominciare dagli inizi della nostra avventura nel ruolo di sponsor - racconta Seier Christensen -: nel 2008 eravamo una piccola banca che stava cercando delle soluzioni per riuscire a crescere e per farsi conoscere in tutto il mondo. La nostra fortuna era quella di avere un business internazionale, con dei gruppi selezionati di clienti. Proprio in quel periodo abbiamo iniziato a valutare una serie di opzioni, per promuovere il brand e i prodotti Saxo, valutandone i pro e i contro».
A questo punto il danese inizia ad es­sere più dettagliato nel racconto, facendo uno sforzo di memoria, ed entrando meglio nell’argomento. «Abbiamo pensato ad una serie di iniziative pubblicitarie quando ci è stata presentata questa opportunità nel mondo del ciclismo. Devo essere onesto e dire che non conoscevo l’ambiente e solo con il tempo ho iniziato a capirlo meglio. Subito però ne ho apprezzato le qualità e ben presto mi sono reso conto che nessuno sport era in grado di garantire il ritorno, a livello mondiale, che dà il ciclismo. Pensando ad altri sport credo che un potenziale simile potrebbe averlo solo la Formula 1, ma a costi esorbitanti. Inoltre, gli appuntamenti della F1 sono circa 20 all’anno, un numero decisamente più basso rispetto ai 75-80 del WorldTour. Ho pensato anche all’opzione calcio, ma in questo caso l’investimento per noi avrebbe senso solo su grandi team. Anche qui però devo fare delle precisazioni. Mi spiego meglio. Io sono un grande tifoso del Copenaghen, ma se volessi investire su questa so­cie­tà, ad esempio, ne avrei un ritorno di tipo regionale, intendo in Danimarca. Per quello che riguarda i grandi team invece pongo un’altra obiezione. Se io fossi lo sponsor del Manchester, non potrei mai chiamare la formazione Manche­ster-Saxo Bank. E anche se potessi, avrei sempre molti tifosi che tiferebbero contro il mio brand».

Tornando al mondo della bici sono invece individuati questi punti di forza. «Sicuramente, oltre al miglior rapporto qualità prezzo, posso fare altre considerazioni. Il ciclismo è un esempio di marketing subliminale che racchiude in sé un grande valore aggiunto perché tutti lo percepiscono positivamente. In questo mo­mento vedo tre grandi vantaggi per la mia azienda. Il primo è quello della conoscenza. Miliardi di persone sanno di noi. Certo, questo non vuol dire che andranno ad aprire un conto corrente nei nostri istituti, ma intanto, quando ci presentiamo a loro, sanno già chi siamo e questo è un fattore molto importante, soprattutto al primo contatto. Vi faccio un esempio: la scorsa settimana abbiamo aperto una nuova sede con uffici a San Paolo, in Brasile. La grande esposizione di cui godiamo, grazie al team Saxo, ha fatto sì che loro conoscessero già la nostra realtà, eppure lì non eravamo ancora presenti a livello business. Lo stesso per il Giap­pone dove abbiamo iniziato a lavorare».

Il racconto del banchiere si fa sempre più appassionato e subito snocciola il secondo punto. Una passione ardente che lascia capire quanto lui creda nel progetto e lascia ben presto intuire quello che Riis annuncerà pochi giorni dopo: il rinnovo dell’accordo di partnership.
«Credo che il ciclismo stia diventando il nuovo golf, nel settore finanziario. Molti gestori di Hedge fund lo praticano, così come i clienti che invitiamo agli eventi. Spesso capita di portare i nostri top client alle gare e farli sedere in ammiraglia o tra i corridori, a vivere un’esperienza unica nel suo genere».

Seier Christensen passa infine al terzo punto. «In conclusione possiamo ag­giungere che abbiamo un effetto interno molto positivo. Come sapete la re­putazione delle banche è pessima e meritata. Invece noi vogliamo che al­l’interno della nostra banca il clima sia ottimo tra i dipendenti e molti di loro seguono con passione crescente l’attività ciclistica. Inizialmente qualcuno ha storto il naso, sia per le vicende legate al passato di questo sport, ma credo siano problemi degli anni ’90. Tor­nan­do alla banca, vogliamo che la gente si senta orgogliosa di far parte del nostro gruppo, e non è risparmiando sugli in­vestimenti che si crea profitto. I nostri dipendenti hanno iniziato a seguire, in modo crescente, le sorti del team Saxo Bank, creando un positivo senso di ap­partenenza».  

Il banchiere sembra essere veramente entusiasta della sua creatura. Dopo tante considerazioni, approfittiamo di questo suo slancio per porre due do­mande che ci portiamo dentro. La pri­ma riguarda il ritorno in termini di economici di un investimento così importante. La cosiddetta “Media Value”, ri­cordando come Liquigas, nel libro Otto anni di storia avesse avuto una stima di 42 milioni solo in Italia, nel 2012.
«Al momento non sono in grado di fornire un dato numerico preciso - è la sua risposta - ma mi posso impegnare per farvelo avere. Di sicuro il dato però è impressionante e superiore ad ogni aspettativa, anche se difficile da quantificare con esattezza». (Di lì a pochi giorni sono usciti i dati di AG2R che testimoniano un ritorno pari a 100 milioni, ossia 10 volte l’investimento, senza avere un campione del calibro di Contador, ndr).

Alcuni dei dati illustrati mostrano co­me il brand “Saxo Bank” in certi periodi dell’anno, in corrispondenza del Tour de France ad esempio, arrivi a toccare picchi di valore assoluto, con livelli di esposizione e popolarità pari a quelli di Coca Cola ed Apple.
Infine l’ultima considerazione riguarda i motivi della permanenza nel ciclismo in un periodo in cui tutti sembrano voler scappare.
«Io ci sono entrato e, come avrete capito, sono felice di averlo fatto. Gli altri fuggono? Non so per quale motivo lo facciano, ma a me va bene così perché altrimenti dovrei sopportare un costo decisamente maggiore. Questa situazione mi sta bene, ma è solo il mio pun­to di vista».

di Pietro Illarietti da tuttoBICI di novembre
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