Ratto: Rossella, il futuro d'Italia

DONNE | 05/11/2013 | 09:01
Rossella Ratto, alias il pilastro dell’Italia. Anche nella rassegna mondiale 2013 la nostra nazionale si aggrappa alle ragazze del ct Salvoldi. Casa az­zurri dalla Toscana non è tornata a bocca asciutta grazie al bronzo conquistato da questa promessa, che sta per compiere 20 anni. Il suo nome non è di certo una scoperta: già campionessa eu­ropea su strada e a cronometro tra le juniores, sesta dopo una splendida pro­va tra le Élite l’anno scorso ai mondiali di Valkenburg, a Firenze ha conquistato un bronzo che vale oro. Come il terzo posto della compagna Longo Bor­ghini l’anno scorso, il suo podio iridato è una certezza nel presente e una garanzia per il futuro. Non è retorica e la prima a rendersene conto è proprio Rossella, plurititolata fin da giovanissima, che non si è mai emozionata tanto quanto sabato 28 settembre.
«Ho vissuto un sogno. Sapevo di stare bene e che con le mie compagne saremmo state protagoniste, ma a 19 anni an­che se vai forte non è scontato che tut­to vada come previsto. Alla mia età es­sere tra le prime tre al mondo, al fianco di due campionesse che ho sempre ammirato come Marianne Vos ed Em­ma Johansson, è qualcosa al limite dell’immaginabile» ha raccontato a caldo do­po averci regalato l’unica medaglia nel mondiale di casa (la numero 133 della gestione Italia targata Dino Sal­voldi, ndr) e aver segnato un altro re­cord: mai un’azzurra così giovane era salita sul podio della corsa Élite.
Cuore, gambe, strategia. Queste le car­te vincenti del gruppo rosa della nostra nazionale che, ancora una volta, ci ha regalato una delle corse più appassionanti, almeno a livello patriottico.
Senza radioline, le atlete schierate da Sal­voldi si sono mosse in sincronia perfetta e come previsto hanno dominato la corsa. Dall’inizio alla fine non c’è mai quasi stato scritto altro che “Tro­pea” sulla lavagnetta esposta dalle ri­serve Dalia Muccioli ed Elena Cecchini ai box, in codice: “va tutto bene”. Dopo aver controllato la prima parte di gara con la campionessa europea Under23 Susanna Zorzi (Faren Kuota) e con Va­lentina Scandolara (MCipollini Gior­dana), è entrata in scena propio Ros­sella per testare il terreno e la condizione delle avversarie. Poi è stata la volta di Francesca Cauz (Top Girls Fassa Bor­tolo) che con tre attacchi a ripetizione è riuscita a far saltare il gruppo riducendolo alle migliori. Delude purtroppo Noemi Cantele (BePink), che nonostante l’ottima condizione, incontra una giornata no e non riesce ad es­sere della partita nel finale, chiudendo sottotono una splendida carriera in azzurro. Niente da fare per la due volte iridata Giorgia Bronzini (Wiggle Hon­da), an­che lei con una gran gamba, a due giri dalla conclusione non resiste a un trac­cia­to adatto alle scalatrici e non alle ruote veloci come lei. Quindi al fian­co di Rossella restano Tatiana Guderzo (MCipollini Giordana), iridata nel 2009 a Mendrisio, e un’eccellente Elisa Longo Borghini (Hitec Pro­ducts), protagonista di una corsa eroica, se si pensa che neanche tre mesi fa era a guardare il Giro Rosa a bordo strada in carrozzina con una profonda ferita addominale e una frattura scomposta alla cresta iliaca di sinistra del ba­cino. Restano in sette, due olandesi contro tre italiane. Non si può sbagliare. Marianne Vos parla con An­na van der Breggen, sua spalla eccezionale, Rossella si confronta con Elisa e Ta­tiana. Chi sta meglio delle tre? L’unica che ha ancora qualche energia per cercare di contrastare la favorita indiscussa è “Ross”, le altre due si met­tono al suo servizio e provano ad attaccare a ripetizione. Niente da fare, si arriva all’ultimo giro e al muro di via Salviati, duro per gli uomini, durissimo per le donne. Non per Vos che accelera e lascia la compagnia an­dando a conquistare il suo secondo titolo consecutivo dopo cinque secondi posti. Terzo oro iridato per la fuoriclasse olandese su strada, che nel suo palmares vanta anche l’oro olimpico di Londra 2012, 6 mondiali di ciclocross, 2 su pista, l’oro olimpico a Pechino 2008 nella corsa a punti e due Giri d’Italia. Rossella sulle pendenze del 18% non riesce a resisterle, resta con la svedese Johansson a giocarsi il metallo delle altre due medaglie in palio. Sfinita non fa neanche lo sprint e scoppia a piangere, di gioia.
«Per battere Marianne avrei dovuto avere un paio di gambe di scorta! Ho provato a tenere la sua ruota su via Sal­viati, ma le mie pedalate hanno avuto un effetto diverso dalle sue... Ad ogni modo sono felicissima e sinceramente emozionata. Nel passare per il centro di Firenze ho avuto la pelle d’oca, non ho resistito e mi sono voltata a guardare il Duomo, bellissimo! E che tifo, mai visti così tanti tifosi ad una gara femminile. L’energia del pubblico mi ha fatto andare ancora più forte, ma agli ultimi chilometri davvero non ne avevo più» racconta con la leggerezza della sua età.
«Sentivo il pubblico che urlava il mio nome, non ho mai sentito così tanto tifo per me. Correvo quasi in casa, visto che pri­ma di approdare alla norvegese Hi­tec Pro­ducts ho corso per due anni alla Giusfredi di Vangile, vicino a Mon­tecatini. Alla partenza ero già emozionata per tutte le persone che sono venute a salutarmi e a farmi il loro in bocca al lupo. Durante la gara ho realizzato che questo mondiale era un’occasione speciale per me, per chi ha sempre creduto in me e per tutta la gente che era lì a incitarmi».
Tra tutti mamma Monica, a cui va la dedica del risultato insieme a papà Ro­berto e al resto della famiglia, sempre presente al suo fianco, in bici e in ammiraglia, nel cuore e spesso nella testa (per qualche direttore sportivo fin troppo, ndr) che la guida e la sprona e sabato ha scavalcato le transenne pur di applaudirla sotto il podio dove i rigidi stewart non volevano farla passare. I genitori raccontano di una figlia speciale, organizzata e tenace: «Nel 2011 cad­de due volte, fratturandosi mandibola e ma­scella, rompendosi i denti, ma non ha mai mollato».
La giovane bergamasca di Colzate, ha incantato il mondo a pedali e parole. Di­plomata al liceo linguistico Giovanni Falcone di Bergamo, parla (bene) quattro lingue: inglese, francese, spagnolo e tedesco. Cresciuta circondata da due fratelli maschi, entrambi maggiori di lei, non ha mai giocato con le bambole, ma ha sempre pedalato. Ha dovuto sopravvivere o meglio adeguarsi alle passioni di famiglia. Su tutte il ciclismo, visto in tv tutti assieme sul divano fin da quando era bambina e si faceva chiamare “Tetè”, come la so­vrimpressione “tête de la course” che appariva durante le tappe del Tour de France e il fratello Enrico (Peruffo, ndr) leggeva male, «mi sono sempre pia­ciuti i corridori che andavano all’attacco». Nei due anni in cui la famiglia era senza macchina e le vacanze si facevano pedalando, l’amore per la bici non ha avuto più freni. In sella at­torno a casa a inseguire Daniele ed En­rico e crescendo, giù per le discese e su per le salite a cercare di tenere il passo dei maschi, che nelle categorie giovanili batteva regolarmente e oggi, ne siamo quasi certi, non la staccherebbero facilmente. Tanti gli aneddotti che Rossella regala della sua famiglia, del legame viscerale che la lega alla madre e ai suoi fratelloni, come quel giorno che Da­niele le disse «vestiti e usciamo». Lei in bici, lui in motorino. Direzione San Roc­co, dalla parte di Leffe. Su e giù finché in discesa lei non fosse riuscita a staccarlo. «Per fortuna dopo due volte ebbe pietà e tornammo a casa». E ancora a proposito di un’adolescenza dedicata alle due ruote: «Sembrerà strano a chi non mi conosce, ma non mi alleno mai più di quattro ore, come è giusto che sia, ho una vita oltre al ciclismo». Gli amici, i viaggi, la cucina (dicono vada forte con le torte, ndr), le passeggiate con i suoi cagnolini Chef e Charly. Un tempo sognava di diventare giornalista sportiva ma man mano che ha avu­to a che fare con la nostra categoria ha cambiato idea, da grande sarà meglio aprire un agriturismo e darsi ai fornelli. Come immagina i prossimi anni? «Pieni di fatica... (ride, ndr)». Prima di pensare alla prossima stagione in cui vestirà la maglia della Faren Kuota, si merita pe­rò un bello e meritato periodo di riposo. Sul comodino ha da finire il libro filosofico “I sette pilastri del successo”. Quando è salita sul podio iridato aveva letto solo i primi due capitoli...

da tuttoBICI di Ottobre,
a firma di Giulia De Maio
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COMMENTI
e' un piacere leggere
5 novembre 2013 23:27 borgo53
complimenti ancora e' un piacere leggere articoli del genere diversamente da altri magari sulla stessa ratto fatti con estrema leggerezza e da pseudo giornalisti avanti cosiiiii

Complimenti Giulia
6 novembre 2013 11:59 discesaesalita
Giornalisti così ? raro nel ciclismo , forza non ci abbandonare , grazie

COMPLIMENTI ALLA GIULIA DE MAIO
9 novembre 2013 22:45 viga
complimenti alla giornalista con la g maiuscola visto che e' laureata ma complimenti alla rivista dove scrive che seleziona i giornalisti oltre che per le competenze nello scrivere e nel sapere di ciclismo tecnicamente parlando anche per i requisiti scolastici passati e non come altri giornali dove scrivono recentemente gente solo con diploma e articoli con poca sostanza e per questo che anchio sono passato a leggere la vostra rivista e l'articolo sulla Ratto e' la dimostrazione di come e' bello leggere la vostra rivista

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