Botta&risposta con Daniele Colli

PROFESSIONISTI | 17/10/2013 | 08:22
Bentornato!
«Grazie. È bello riattaccare il numero perchè correre in bici è quello che amo fare da quando a 7 anni ho iniziato a gareggiare e reputo di saperlo fare bene. È il mio lavoro. Il rientro alla Vuelta Burgos è stato duro perché, an­che se mi sono sempre allenato, mi mancava il ritmo gara, però ho dimostrato di non essere troppo lontano dai primi».
Perchè hai scelto la Fantini?
«È l’unica squadra che si è fatta avanti concretamente: ero in contatto con Scinto da marzo ma c’era in ballo l’ingaggio di Di Luca...».
A proposito, dopo la sua positività e il caso Santambrogio avevi twittato: “Per fortuna esistono anche ciclisti puliti, purtroppo qualcuno di questi rimane sen­za squadra ed è costretto a guardare le corse da casa”.
«Non mi riferivo esplicitamente a loro, la mia era una riflessione più ge­nerale. Io sono ri­masto a pie­di, no­nostante le mie quali­tà e i miei valori, mentre tanti ex positivi continuano ad ave­re spazio. Io credo in questo sport, da tifoso mi sen­to tradito e da cor­ridore pen­so che ci sia qualcosa che non va».
E della vicenda Arm­strong, tu che hai dovuto lottare come lui con il cancro, cosa pen­si?
«Mi ispiravo molto a lui e alla sua storia, umanamente per me resterà un esempio però, come ho sempre detto, le vittorie che ti dà la vita non valgono sette Tour de France. Continuo ad ammirarlo nonostante tutto per quello che ha fatto per la gente malata, ha aiutato tanto la ricerca con la sua fondazione. Per quanto ri­guarda quello che ha combinato nello sport, l’ha fatta grossa, purtroppo come tanti altri».
Chi ti è stato vicino in questo duro periodo?
«Non è stato semplice trascorrere diversi mesi ad allenarmi da solo senza obiettivi e guardando le corse in tv, ma il fatto di essere ritornato due anni fa dopo aver sconfitto il tumore al ginocchio sinistro, di aver anche vinto, mi ha impedito di mollare. Ora che sto bene voglio vedere cosa sono in grado di raccogliere correndo con maggiore continuità. A supportarmi come sempre mamma Paola, papà Elido, mia sorella Ales­sia, la mia fidanzata Stefania e gli amici più cari».
A proposito, un pensiero per Bru­no Arena?
«Per me è come un fratello. Due anni fa era a fare il tifo per me alla Ber­nocchi, ora è costretto a letto in una clinica riabilitativa dopo l’ictus che l’ha colpito a gennaio. A lui ho regalato la pri­ma maglietta della Fantini, è stato tra i primi a sapere dell’ingaggio. Ogni volta che posso vado a trovarlo, sta combattendo come un matto per ritornare l’uomo che era e non è solo».
Non hai mai pensato di in­tra­pren­dere un al­tro mes­tiere?
«Mi sono divertito a commentare qualche gara per Eurosport, ma si tratta di un lavoro occasionale per il quale ci sono persone più preparate di me. Ogni esperienza però è preziosa, anche perché il ciclismo è solo una pa­rentesi della vita. Inoltre ho portato avanti un progetto sem­pre legato alla bici, un’invenzione tecnica di cui al momento non posso rivelare di più, ma di cui presto spero sentirete parlare».
Il tuo motto?
«La mia fidanzata si è tatuata da poco carpe diem e mi ha suggerito di fare lo stesso, le ho risposto “qui c’è poco da cogliere...” (ri­de, ndr). Forse per me an­dreb­be bene la canzone di Jo­vanotti che recita “sono un ragazzo fortunato”, mesi fa ho perso uno zio per la stessa malattia che ho sconfitto. Rimanere senza squadra non è piacevole, ma nella vita c’è di peggio».
Qual è il tuo più grande pregio?
«Penso di essere buono».
E il tuo peggior difetto?
«Sono ariete, a volte sono troppo testardo e molto impulsivo».
Passioni extraciclistiche?
«I motori. Seguo in particolare due amici alla Ferrari, Fe­derico Leo e Gimmi Bruni. Mi piacciono così tanto le macchine che in casa mi sono fatto una postazione di guida con il simulatore per divertirmi».
Stai scrivendo un libro sulla tua storia?
«Ero a buon punto ma mi han­no rubato il computer su cui avevo salvato tutto, l’unica volta che l’ho lasciato in macchina... Ora sto rimettendo insieme i pezzi».
Nel prossimo capitolo cosa vorresti scrivere?
«Di un ragazzo prima di tutto in salute, felice e con una bella fa­miglia. Da poco mi sono trasferito a Monza con Stefania, i presupposti per un futuro radioso ci sono tutti».

di Giulia De Maio, da tuttoBICI di settembre
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COMMENTI
BRAVO!
17 ottobre 2013 09:35 piuomeno
Bravo Daniele, penso tu sia davvero un ragazzo fortunato, oltre che bravo, poiché hai capito, da quanto ho letto, che il ciclismo non è tutto e la felicità puoi trovarla anche altrove. Ottimo come "spalla" ad Eurosport...mi sei piaciuto.
Maurizio

17 ottobre 2013 20:10 lele
Quando il nostro Pietro era malato ti abbiam chiamato e non hai esitato un secondo per venirlo a trovare. Per noi rimarrai sempre una persona unica!
Finche' nel ciclismo esisteranno persone come te non vedo quale altro motivo non si debba amarlo!

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