Certificati medici e sport. È caos dopo le nuove leggi

SOCIETA' | 02/09/2013 | 13:29
Certificati medici per attività sportiva amatoriale, ludico - motoria e non agonistica, con distinzione tra quella a basso e quella ad alto impatto cardiovascolare. Queste alcune delle novità in materia di sport introdotte con il decreto Balduzzi, pubblicato il 20 luglio sulla Gazzetta Ufficiale n° 169, ed entrato in vigore il 5 agosto. Novità che sono durate ben poco. Il 20 agosto, infatti, con la pubblicazione della legge di conversione del «decreto del fare» sulla Gazzetta ufficiale n° 194, l'articolo 42bis ha cancellato tutte le novità in materia di certificazione medica. Non tutte però sono state abrogate in maniera esplicita, il che ha lasciato sul tavolo numerosi interrogativi cui far fronte. Due settimane, infatti, bastano per causare confusione.

Se con il primo decreto, infatti, si introduceva una distinzione fra tre tipi di certificazioni mediche a seconda che il soggetto richiedente praticasse attività amatoriale o ludico motoria, attività non agonistica o attività non agonistica ad alto impatto cardiovascolare, con l'articolo 42bis del «decreto del fare» titolato «ulteriore soppressione di certificazione sanitaria» si stabilisce che «al fine di salvaguardare la salute dei cittadini promuovendo la pratica sportiva, per non gravare cittadini e Servizio sanitario nazionale di ulteriori onerosi accertamenti e certificazioni, è soppresso l'obbligo di certificazione per l'attività ludico-motoria e amatoriale, e nel contempo rimane l'obbligo di certificazione presso il medico o pediatra di base per l'attività sportiva non agonistica. Sono i medici o pediatri di base annualmente a stabilire, dopo anamnesi e visita, se i pazienti necessitano di ulteriori accertamenti come l'elettrocardiogramma».

Quindi viene eliminato anche l'obbligo di sottoporre il soggetto a elettrocardiogramma a riposo per il rilascio del certificato non agonistico e tutto viene lasciato alla discrezionalità del medico.

La terza tipologia di certificato, introdotta con il decreto Balduzzi, invece, riguardava i non tesserati alle federazioni sportive, o agli enti di promozione, o alle associazioni sportive dilettantistiche. In questo caso si parlava di certificato per la partecipazione ad attività ad alto impatto cardiovascolare (gare podistiche oltre i 20km, o di sci di fondo, o di ciclismo o nuoto) per cui serviva un certificato con rilevamento della pressione arteriosa, elettrocardiogramma a riposo e con prova da sforzo ed eventuali altri accertamenti ritenuti necessari. In questo caso il certificato oltre che dal medico generale e dal pediatra di libera scelta poteva essere rilasciato anche dallo specialista in Medicina dello sport.

Oggi anche questo certificato non è più richiesto per legge. Ma le potenziali implicazioni normative non sono superate, visto che la norma che lo prevedeva non è stata abrogata esplicitamente. Quindi, come si fa? E ancora, c'è la discrezionalità lasciata al medico sugli accertamenti da fare per il rilascio dei certificati medici non agonistici. E come si differenziano le discipline o gli sport a basso o alto impatto cardiovascolare?

Da qui la richiesta di una circolare interpretativa presentata da Giacomo Milillo, segretario della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e al presidente della federazione degli Ordini dei medi, Amedeo Bianco.

Per rispondere, in parte, a questi interrogativi abbiamo sentito Domenico Accettura, direttore dell'Istituto di medicina dello sport pugliese. «In effetti il decreto Balduzzi è un po' farraginoso - ha detto - ma ha rinnovato una normativa vecchia di 30 anni (il decreto del Ministero della Salute che regolamentava l'attività sportiva risaliva al 1983 - n.d.r.) introducendo una visione illuminata per il futuro. Sarebbe bene però chiarire i punti rimasti in sospeso. In questo senso la richiesta della Fimmg è più che giusta. Sarebbe auspicabile - prosegue Accettura - che nella circolare interpretativa fosse predisposto un distinguo delle discipline, per aiutare anche i titolari delle società e gli esercenti degli impianti a fare chiarezza. Nel caso si finisse in tribunale per un accidente, infatti, un magistrato oltre a coinvolgere il medico potrebbe infatti coinvolgere anche l'eventuale esercente per non aver fatto tutto quanto in suo potere per evitarlo. C'è questa ambiguità che andrebbe fugata. Nel frattempo, visto che spetta al titolare fare una distinzione tra le discipline, sarebbe bene per lui chiedere una consulenza ad un medico specialista in Medicina dello Sport da conservare a futura memoria. Questo è il consiglio che io posso dare in questo momento».

Dott. Accettura, ci faccia capire con un esempio. Chi si iscrive in palestra e sceglie di frequentare un corso di «power walking» che tipo di certificato deve chiedere?

«Serve un certificato per la pratica non agonistica. Va premesso che chi gestisce una palestra e fa corsi che portano i clienti a un impegno cardiaco che supera il 70% non può tuttavia ignorare che per sicurezza sarebbe bene che il soggetto presenti un certificato completo di elettrocardiogramma sotto sforzo. Sfido qualsiasi medico coscienzioso - rilancia poi il direttore dell'Istituto di Medicina dello Sport di Bari - a non chiedere accertamenti specifici prima di rilasciare un certificato medico non agonistico a chi deve iscriversi a corsi di cardiofitness, zumba, o ginnastica con cyclette in acqua. Il medico coscienzioso dovrebbe farlo sempre».

Con queste norme certo è che oggi il medico si trova incastrato nell'incertezza burocratica. Un certificato rilasciato senza elettrocardiogramma, infatti, potrebbe essere considerato, in sede legale, un'imprudenza. E questo farebbe propendere tutti per la prescrizione di un approfondimento diagnostico.

Intanto chi lavora nel settore e il popolo sportivo resta con mille interrogativi. Come si devono comportare palestre, scuole, associazioni sportive? Chi farà tutti questi elettrocardiogrammi? Quanto saranno lunghe le liste di attesa negli ambulatori o negli ospedali? E soprattutto chi pagherà tutti questi accertamenti? La speranza è che le risposte non tardino ad arrivare.

da «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 2 settembre 2013 a firma Alessandra Montemurro
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