Savio, il re di Coppa che sogna il mondo

ANDRONI | 31/01/2013 | 09:03
Lo scudetto tricolore luccica sul­le maglie per il terzo anno consecutivo e stavolta ha portato in dote un inverno tranquillo: l’annuncio di RCS Sport, arrivato all’indomani della conclusione della Coppa Italia, ha aperto alla Androni Ve­nezuela le porte del prossimo Giro d’Italia e di un inverno tranquillo, nel quale Gianni Savio e il suo staff hanno potuto programmare serenamente la nuova stagione.
«Innanzitutto - esordisce il team manager torinese - mi piace sottolineare co­me la nostra sia stata una volata entusiasmante con la Colnago Csf, risolta a nostro favore solo alla penultima giornata. E meno male che non ce la siamo giocata al Gp Beghelli, altrimenti i miei cardiologi sarebbero andati in... fibrillazione per me».
Non dimentichiamo, infatti, che nello scorso mese di settembre Gianni Savio ha dovuto fare i conti con un serio problema cardiaco: «Per fortuna il cuore non ha riportato lesioni e questo mi ha consentito di recuperare velocemente e di rimettermi al lavoro con il solito grande entusiasmo e la solita determinazione».
E allora... mettiamoci al lavoro. Che stagione dobbiamo aspettarci dalla Androni Venezuela?
«Una stagione di sostanza, come sempre. Con due obiettivi ben chiari da­van­ti a noi: il Giro d’Italia e la Coppa Italia. In questo inverno abbiamo cambiato molto, lasciando partire pedine di peso come Roberto Ferrari e Josè Ser­pa, approdati entrambi con pieno merito nel WorldTour. Josè, lo sappiamo, è un corridore di sicuro affidamento men­tre Roberto è più estroso e naif, ha bisogno di prendersi qualche pausa a livello mentale, ma è un velocista di talento al quale auguro di far bene an­che con la Lampre».
A capitanare la squadra sono rimasti Pel­lizotti e Felline.
«Sì, ma non sono soli. Mi piace pensare di avere a disposizione un pokerissimo di uomini di riferimento: accanto ai due già citati, aggiungo Emanuele Sel­la, Riccardo Chiarini e Miguel Rubiano  Chavez. Tutti ragazzi di sicuro affidamento che incarnano perfettamente lo spirito della nostra squadra, quello spirito di gruppo che è diventato un po’ il nostro marchio di fabbrica e che ci ha permesso di far nostro lo scudetto nel­le ultime tre stagioni».
Nel settore “nuovi arrivi” tanti giovani e due uomini da rilanciare.
«Parto dal fondo e comincio da due uomini che considero davvero importanti: il primo è Francesco Reda, corridore che, a mio modo di vedere, fino ad ora non ha raccolto quanto avrebbe meritato e che per noi potrà rivelarsi prezioso come uomo squadra e ricoprire al tempo stesso il ruolo di arma vincente. E poi c’è Mattia Gavazzi, un ra­gazzo che torna alle corse dopo tante disavventure: lavoriamo insieme dallo scorso mese di giugno e mi ha colpito l’entusiasmo che ha negli occhi, lo stesso che avevo io alla sua età quando giocavo a calcio e che è rimasto tuttora invariato. In questi mesi ha lavorato con grande serietà al fianco dei tecnici del Coach Team As­sistant del Pro­fes­sor Tacchino e ha una gran voglia di ripartire: esordirà in Argentina, al Tour de San Luis, e poi sarà impegnato nelle corse italiane, che restano per noi quelle più importanti. In più, abbiamo rin­forzato la rosa con giovani interessanti: Di Serafino è il campione italiano Élite, Facchini nella stessa categoria ha vinto l’Oscar tutto­BI­CI e poi c’è Diego Rosa, uno scalatore pie­montese che proviene dalla mountain bike e che ho seguito personalmente in alcuni appuntamenti e che mi fa ben sperare».
Sarà Pellizotti il vostro capitano al Giro?
«Per quanto riguarda la classifica generale certamente, ma non vogliamo riununciare alla nostra abituale predisposizione di cacciatori di tappe. E abbiamo tanti corridori che possono lasciare il segno nella corsa rosa».
In un momento di particolare confusione a livello internazionale, avete scelto di ade­rire anche voi al Movimento Per un Ci­­clismo Credibile: eppure nelle vostre fi­la avete corridori con un passato discutibile in fatto di doping.
«Preciso e spiego: non rinnego affatto le scelte compiute, anzi - pur senza en­trare nel merito delle singole vicende - le confermo con grande convinzione. Ma negli ultimi tempi tante cose sono cambiate e oggi non è più possibile accettare che un corridore si faccia “sorprendere” dall’antidoping, oggi non è più tollerabile. Questo è il mo­mento in cui non si può più tendere la mano a nessuno. E quello che sto di­cendo a voi l’ho detto e scritto anche a Roger Legeay, il presidente del MPCC, nella lettera in cui ho chiesto l’adesione della Androni Venezuela al Mo­vimento».
Il futuro del ciclismo appare piuttosto ne­bu­loso, eppure lei non perde la voglia di progettare.
«Ho sempre fat­to del rea­lismo il mio compagno di viaggio e non in­ten­do separarmene proprio adesso, quin­di bando ai voli pindarici. Nel concreto, stiamo portando avanti un progetto importante con il governo venezuelano per aiutare a crescere tutto il movimento ciclistico di quel paese. Co­sì già quest’anno, a rotazione, i talenti emergenti di quel paese verranno in Italia per disputare corse dilettantistiche internazionali con la maglia della nazionale, della quale sono re­sponsabile. In questo modo potranno fare esperienze importanti e noi - in­ten­do Gio­van­ni Ellena, Roberto Mi­o­dini, Leonardo Canciani ed io - avremo modo di valutarli da vicino. Il progetto, estremamente complesso e articolato, dovrebbe sfociare poi nel 2015 nella costituzione del pri­mo team sudamericano di World­Tour, ma sappiamo bene che di strada da fare ce n’è ancora mol­ta: stiamo lavorando alacremente insieme al presidente federale Artemio Leonett, al coordinatore generale Fran­ci­sco Pazos e al tecnico Edgar Da Sil­va. Per il momento guardiamo al 2013, agli obiettivi che ci siamo posti e alle soddisfazioni da regalare a Mario An­droni, Pino Buda, Tarcisio Per­se­gona, Stefano Di Saverio, Renzo Bordogna e a tutti gli sponsor che hanno deciso di pedalare al nostro fianco».

da tuttoBICI di gennaio a firma di Paolo Broggi
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