DUE DOMANDE. CORSA ALLA PRESIDENZA FEDERALE. 4a parte

| 11/01/2013 | 11:40
Sabato prossimo a Levico Terme scopriremo il nuovo numero uno della Federazione Ciclistica Italiana. Per farveli conoscere meglio, abbiamo intervistato i sei candidati alla presidenza della FCI: Salvatore Bianco, Davide D'Alto, Rocco Marchegiano, Claudio Santi, Gianni Sommariva e il presidente uscente Renato Di Rocco. Come faremo fino alle elezioni del prossimo 12 gennaio, anche oggi vi proponiamo le loro risposte alle nostre "due domande".

7. Se il professionismo è in crisi, meglio non sta il movimento dilettantistico, la strada accennata delle squadre Continental che potrebbero andare a sostituire quelle degli Under '23 è per lei quella giusta?

Salvatore Bianco.
«È una delle tante situazioni positive che hanno preso piede all'estero ma che da noi faticano ad affermarsi, forse perché abbiamo perso anche quel gusto per la sperimentazione e l'innovazione che nei decenni scorsi ci ha resi un punto di riferimento mondiale. Sono auspicabili formazioni semiprofessionistiche che fungano da tirocinio per i giovani più bravi, chiamati a un primo confronto internazionale in corse minori, e che dall'altro lato accolgano qualche "vecchio leone" che ancora volesse far sentire qualche suo ruggito. Avere più squadre Continental permetterebbe probabilmente di avere nei dilettanti meno ordini d'arrivo monopolizzati dalle "solite" corazzate, con più spazio per emergere per le società minori».

Davide D'Alto. «Non sono del tutto convinto che risolva da sola il problema, che è più strutturale ed è legato al tipo di attività dilettantistica che si svolge in Italia».

Renato Di Rocco.
«Discordo ancora con il suo giudizio, visto che il nostro movimento dilettantistico fornisce il maggior numero di atleti professionisti al World Tour. Per la precisione 68 nel 2012, seguito da Spagna con 61, Belgio e Francia con 52, Olanda 39, Australia 33, Stati Uniti 19, Germania e Russia 18. Come ho detto la soluzione Continental potrebbe essere la strada giusta per mettere ordine in una categoria di transizione in cui gli atleti più maturi passano al professionismo di alto livello. Le nuove regole che autorizzano il passaggio al professionismo hanno calmierato i numeri ed inserito un vero criterio di maturità tecnica e meritocratica. Mantenere gli Under 23 nell’attuale limbo crea solo confusione. Occorre tracciare una linea netta tra chi ha già acquisito il pass e gli altri».

Rocco Marchegiano.
«Visto quanto ci siamo già detti, credo sia limitativo affrontare un solo aspetto della questione».

Claudio Santi.
«Una delle tante sciocchezze elettorali: far fare i professionisti ai dilettanti e i dilettanti ai professionisti. A mio avviso è un percorso sbagliato, anzi impossibile, sia sportivamente che fiscalmente. Preferirei che le Continental fossero vivai delle squadre professionistiche che corrono nelle gare minori. In ogni caso prima bisognerà ragionarci con la base e solo successivamente parlare ai giornali, l'esatto contrario di quello che avviene ora».

Gianni Sommariva.
«Questo è un problema spinoso, per certi aspetti se facciamo diventare le squadre Under 23 Continental i vantaggi sarebbero notevoli ma d'altro canto non potrebbero più partecipare alle gare regionali, che sarebbero costrette a chiudere. In più trovo assurdo che al mondiale Under 23 corrano assieme ragazzi già professionisti con altri che ancora devono firmare un contratto per la massima categoria. La situazione è troppo confusa, a questo punto torniamo a chiamarli tutti dilettanti...».

8. Il ciclismo femminile è sempre più abbandonato a se stesso. Mancano tutele e qualificazioni: perché una donna non può essere considerata professionista?

Salvatore Bianco.
«Chiediamolo anche all'UCI, sulle cui politiche si è adagiato il nostro attuale presidente, che in quella sede riveste anche il ruolo di vicepresidente... Si spiega anche così l'appiattimento di Di Rocco sulle tesi di quel McQuaid che per primo definisce impossibile il professionismo femminile. Io dico invece che il ciclismo femminile è sin troppo trascurato, e coerentemente al discorso del "rifare sistema" anche coi costruttori, dico: ma è giusto lasciare inesplorato un pianeta come quello delle donne, che rappresenterebbe un fenomenale mercato, se solo venisse adeguatamente spinto? Abbiamo avuto diverse campionesse del mondo negli ultimi anni, ma non c'è stata una che fosse una politica federale volta a incentivare il ciclismo femminile, basandosi su questi clamorosi risultati. Il Giro femminile naviga in cattive acque, pur essendo la corsa più importante del mondo nel settore. Direi che questo spiega tutto e che il rilancio in grande stile di questa corsa debba essere il primo mattoncino su cui ricostruire un edificio solido e sempre più bello».

Davide D'Alto.
«Il professionismo è figlio di domanda e offerta. Il settore femminile con la legislazione attuale non ha margini per professionalizzarsi in senso economico. Almeno nel senso del ciclismo maschile».

Renato Di Rocco.
«Vedo che insiste su giudizi drastici che non trovano corrispondenza nella realtà dei fatti. Abbiamo recuperato e valorizzato alcune delle corse femminili più importanti del calendario mondiale. Abbiamo fatto importanti convegni per affrontare i problemi posti dalla domanda. Abbiamo definito proposte precise da presentare in sede internazionale, dove soltanto da poco tempo siamo ben rappresentati e in grado di farci valere. Intanto, per quanto ci riguarda, abbiamo parificato i premi a quelli degli uomini e garantito assistenza e supporti a molte atlete azzurre grazie alla collaborazione con i gruppi sportivi militari in accordo con le società di appartenenza. Stiamo curando e valorizzando un vivaio giovanile polivalente, strada, pista e fuoristrada, con risultati che altre nazioni ci invidiano. Dire che il settore è sempre più abbandonato a se stesso mi sembra davvero ingiusto. Peraltro se si guarda il quadro delle candidature l'unico candidato che ha presentato una donna atleta sono stato io con la Cantele».

Rocco Marchegiano.
«È fuori dubbio l'importanza del ciclismo femminile, testimoniato dai recenti risultati ottenuti dalle nostre atlete, alle quali non è stato riconosciuto a mio parere un idoneo supporto. Non farò mancare il mio impegno all'attività e alle iniziative di pari opportunità assunte dalle atlete italiane. È comunque evidente che quando un mondo vive grandi difficoltà, il settore considerato più debole ne subisce le maggiori conseguenze».

Claudio Santi.
«Chieda a chi gestisce la federazione, lei sta parlando con l’organizzatore di una gara internazionale su pista, cui gareggiano uomini e donne, provenienti da 20 nazioni. Per il professionismo le ho risposto nella domanda precedente sulla Lega. Mi consenta una battuta: le donne atlete servono ai mondiali e alle elezioni, ma solo se stanno agli ordini e dal giorno dopo hanno cucinato, si è pranzato, si sparecchia e il tavolo delle decisioni rimane dei maschi. Controllate fra le elette degli ultimi due quadrienni, dopo pochi consigli sono scappate, e sono tutte ragazze intelligenti e perbene».

Gianni Sommariva.
«Nelle categorie minori abbiamo numeri importanti, il ciclismo femminile italiano è una grande realtà. Per riconoscimenti ad alti livelli non abbiamo i numeri sufficienti per richiedere maggiori qualifiche, ma per il futuro sono fiducioso. Il settore femminile per me è sempre stato una priorità, sono stato io ad aver iscritto la prima squadra nazionale italiana femminile della storia al mondiale in Cecoslovacchia, fino a qualche tempo prima guai a parlare di donne in bicicletta».

4a puntata - segue

a cura di Giulia De Maio


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COMMENTI
Bianco
11 gennaio 2013 12:36 mailman
è assurdo che Salvatore Bianco dopo che è stato commissariato come presidente della FCI Puglia, si candidi alla presidenza dell'FCI nazionale, se non è riuscito bene in terra di Puglia come può fare bene in Italia?
per me rimane un ottimo presidente solo per LA TERRA DEL SALENTO, da salentino DOC qual'è in Puglia investiva solo nella sua provincia, le altre sono state libere di crescere con UISP, CSAIN ecc
Massimo Nardò

nemo profeta in patria
11 gennaio 2013 14:55 nano
Nardò, aveva ragione forse Bianco. Lui investiva nel Salento, come tu dici, con i soldi suoi. Di Rocco ha investito nel resto della Puglia con i soldi della FCI, i nostri.

... sarà
11 gennaio 2013 15:42 mailman
sarà così, certo che è che noi pratichiamo il ciclismo per passione mentre c'è chi pratica il ciclismo per POLITICA
M.Nardò

A proposito di politica
11 gennaio 2013 18:07 Melampo
Il primo atto della nuova FCI potrebbe essere quello di promuovere una petizione popolare (idea che lancio anche a questa testata) per far nominare Alfredo Martini senatore a vita.

pari sono
11 gennaio 2013 19:44 sasa
secondo me sono tutti uguali, tutto sta a scegliere il... meno peggio

Cosa dice Di Rocco sul ciclismo femminile?
11 gennaio 2013 22:46 Monti1970
"Abbiano recuperato e valorizzato alcune corse più importanti". A questo é fuori di testa . Ma se nel 2013 il giro d'Italia non verrà disputato.... Qualch'uno lo potrebbe informare...

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