GIORNO DELLA SCORTA. La sicurezza che potrebbe esserci...

| 12/11/2012 | 15:00
Tutte le cose di buon senso sono utili per la sicurezza delle gare ciclistiche: dal codice della strada alla più vecchia balla di paglia. In questo spazio, tra regolamenti e semplici protezioni, c’è l’infinita prateria dell’operatività del personale impiegato, che non sempre viene analizzata con la dovuta attenzione e tempestività. Per la formazione delle scorte e del personale di presidio, sono evidenti gli sforzi compiuti, ma non altrettanto per quando riguarda la razionalizzazione dei loro interventi, da cui discende quella  produttività ed efficacia che inevitabilmente occorre misurare ogni qualvolta si ricorre a servizi che hanno un costo, per giunta non da poco. In Italia la Polizia Stradale è pagata per i suoi servizi, la sua operatività è diversa da quella dei colleghi francesi e spagnoli che, ad esempio, curano tutti gli aspetti comprese le segnalazioni dei pericoli, eppure non abbiamo mai sentito un solo organizzatore interrogarsi se anche da noi questi servizi di Polizia potrebbero essere gestiti diversamente o implementati da nuovi regolamenti o funzioni.
Sul versante parallelo, quello delle moto staffette e delle scorte tecniche, si discute invece ogni volta sul numero delle moto da mettere per non spendere troppo, senza mai che un organizzatore o un dirigente sportivo abbia chiesto una riflessione compiuta su ciò che questi volontari debbono opportunamente fare per garantire un rapporto corretto tra risorse impiegate e sicurezza raggiunta, condiviso dalle parti interessate e assunto come regola generale dalla Federciclismo e gli Enti di promozione sportiva. Facendo giustizia delle molte circostanze in cui si finge di non avere visto la negligenza, tanto non è successo nulla, oppure trovato comodo buttare la croce addosso ad un povero motociclista della scorta che nulla ha potuto di fronte all’esasperato e scorretto comportamento del corridore o dell’automobilista. Nelle gare regionali, per esempio, le rotonde andrebbero obbligatoriamente  superate da destra, pena la sanzione per i trasgressori, onde evitare che i motociclisti si debbano fermare continuamente ad indicare ciò che è già sufficiente visibile o per impedire che si vada a sinistra contro le auto correttamente ferme. Per qualsiasi corsa che non fosse quella a tappe, gli atleti attardati oltre il gruppo (ad esclusione di quelli in rientro per incidente meccanico o caduta) andrebbero messi fuori gara, punto e basta. Senza stabilire tempi a priori tempi di tolleranza che poi molti direttori di corsa non gestiscono per incapacità o per paura di ricevere critiche. Nelle Granfondo poi, si dovrebbe mettere fine a questa strumentale ambiguità tra competizione e semplice partecipazione sportiva, con la conseguenza di disagi insopportabili per la viabilità che prima o poi qualcuno ci chiederà di saldare. Per il bene di queste manifestazioni e del ciclismo in genere, è tempo di essere più netti: serve una competente e corretta gestione dei tempi tra l’inizio gara e il fine  gara, poi, dopo il passaggio di quest’ultimo,  si incominci pure a multare chi, pur pedalando per semplice diletto,  non intende farlo rispettando il codice della strada. Infine: tutti i motociclisti di scorta alle gare ciclistiche dovrebbero possedere una seconda radio, che oltre a non interferire col servizio informazioni, consenta loro di coordinarsi con efficacia e assoluta tempestività, sempre nell’intento di prevenire le situazioni di rischio, piuttosto che gestirne le conseguenze.
La libertà di competere non va intesa con la libertà di fare quello che si vuole, e qualche nuova regola, se adottata, aiuterebbe certamente a trovare quella sicurezza in più che potrebbe esserci, ma che per pigrizia e conformismi vari, molti faticano a vedere. Insieme alle nostre proposte, tante altre potrebbero venire e da più parti: dirigenti sportivi, atleti, organizzatori, direttori di corsa, forze di polizia, gruppi di moto staffette e volontari in genere. Non è certo il risultato d’insieme raggiungibile, ma è certo che anche la sicurezza è un po’ come la bici: bisogna spingerla avanti perché resti in equilibrio.
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