CICLOPOLI. Carpani: «Su Vinokourov noi non abbiamo niente»
| 03/11/2012 | 18:19 La stagione del ciclismo è finita da tempo ma lo sport del pedale continua a guadagnarsi le prime pagine, tra vecchi e nuovi scandali. I corridori assistono allo sgretolamento del mondo che loro stessi contribuscono a demolire, mentre gli appassionati si chiedono una volta di più che specie di sport hanno seguito in questi anni. In tutto questo, l'Uci mantiene atteggiamento attendista, limitandosi a certificare decisioni prese da altri, come nel caso Armstrong. A dare una nuova picconata alla credibiltà del ciclismo è, ancora una volta la magistratura italiana. La Procura di Padova ha fatto luce su un presunto caso di frode sportiva nella edizione 2010 della Liegi-Bastogne-Liegi, una delle classiche del Nord che quell'anno fu vinta da Alexandr Vinokourov. Il kazako - che solo tre mesi fa, a ben 39 anni, ha vinto l'oro olimpico a Londra prima di annunciare il suo ritiro -, è accusato di aver pagato 150 mila euro al russo Alaksander Kolobnev farsi superare nella volata finale a due. I pm patavini, che da tempo seguono il filone del doping nel ciclismo, non hanno competenza su un reato che sarebbe stato commesso tra Belgio e Svizzera e hanno disposto la trasmissione degli atti all'Uci e alla Procura di Liegi (Belgio) per eventuali determinazioni in sede penale e disciplinare. In attesa delle carte, l'Unione ciclistica internazionale non prende posizione. «Non abbiamo nulla in mano - fa sapere l'addetto alle relazioni esterne Enrico Carpani (nella foto) - dunque non possiamo giudicare niente e nessuno». La storia sulla presunta combine del pedale era già stata denunciata in Svizzera alcuni mesi fa. Poi non se n'era più parlato. «Solo avendo accesso alle prove - conclude Carpani - possiamo intervenire». A quanto pare, per l'ennesima volta, devono essere altri - come l'Usada che ha sollevato lo scandalo Us Postal-Armstrong - a 'sporcarsi le manì per fare luce su vicende quantomeno sospette e che peraltro erano sulla bocca di tutti. Se la massima autorità del mondo del ciclismo fatica a scrollarsi di dosso un'atavica ingnavia, forse per il timore di scoprire troppi vermi sotto il tappeto - i corridori cominciano a pretendere che si faccia pulizia. Tra loro c'è Damiano Cunego, che quel giorno dell'aprile 20120 arrivò 21/o sul traguardo di Liegi. Sul caso in sè, il veneto dice di non sapere nulla. «Ero in difficoltà e non potevo certo rendermi conto di cosa poteva avvenire in testa alla corsa», ma chiede che «venga fatta luce, e in fretta, su questo episodio che mina ulteriormente la credibilità del ciclismo». «È come se in questo momento tutto congiurasse contro la nostra disciplina. Auspico chiarezza e spero che di queste vicende molto poco sportive non si parli mai più in futuro. Chi deve decidere lo faccia in tempo brevi e, soprattutto, una volta per tutte». (ansa).
L'UCI dove noi abbiamo un impresentabile ed inflessibile (solo in Italia) Vice Presidente, non può mica mettere in discussione i mostri kazaki? Se volevano farlo, bastava che si riguardavano la volata barzelletta con Uran delle olimpiadi, dove il colombiano si è spostato e si è messo a guardare dietro come un cicloamatore alle prime armi, per permettere a Vino di sorprenderlo ma, pensate che l'UCI voglia perdere la gallina dalle uova d'oro? Io non credo proprio, così come non mi scandalizzo se il settore in Italia è in crollo verticale. Abbiamo un Presidente federale e Vice Presidente UCI che è troppo preso a difendere se stesso e non può mica pensare anche al settore? ................e tra poco gli omuncoli che dovranno rieleggere il nuovo presidente, rivoteranno l'inguadrabile!!!!!
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