ARMSTRONG. New York Times: era "la" storia americana
| 30/10/2012 | 09:05 Negli ultimi 15 anni, non c'è stata una storia migliore nello sport di quella di Lance Armstrong: un ciclista professionista colpito dal cancro che batte la malattia e va a conquistare il Tour de France sette volte di fila. Armstrong poi ha sfruttato le sue vittorie per creare e far crescere LiveStrong, una fondazione per le persone colpite dal cancro, un nome che è finito al polso di molti. E’ stata una storia molto amata dalla stampa e dal pubblico, che sembrava non stancarsi mai di leggerla. Il 10 ottobre, però, la Usada ha pubblicato un rapporto in cui svela come Lance Armstrong aveva organizzato un programma di doping sistematico per la sua squadra. Il corridore ha rinunciato al suo diritto di contestare le conclusioni e lunedì scorso l'Unione Ciclistica Internazionale gli ha tolto i Tour de France vinti dal 1999 al 2005. Per quelli di noi che avevano solo un'attenzione occasionale per il ciclismo, la sua umiliazione - è stato lasciato cadere da Nike e da altri sponsor e si è dimesso da presidente di LiveStrong - ha rappresentato uno shock profondo. Certo, c'erano costanti voci di sospetto, ma Armstrong non era mai risultato positivo e le sue smentite erano sempre decise e convincenti. Inoltre, c'era una storia di eroismo a frenare i tasti dei giornalisti, o perché coinvolti dalla sua leggenda o perché preoccupati di non perdere il contatto con una delle figure più importanti nello sport americano. Tra i primi i primi dissidenti, il giornalista irlandese Paul Kimmage, David Walsh, e Giulietta Macur di The New York Times. Ma per la maggior parte, i giornalisti ci hanno detto pochissimo, il minimo appena di quello che ruotava attorno alla Us Postal. Perché dubitare di Armstrong era dubitare del sogno americano.
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