SCHWAZER. Bragagna, ciclismo offeso, ma lo scandalo è altrove
| 07/08/2012 | 10:54
Lo scandalo è scoppiato alle 18.48 di ieri sera: al terzo minuto del TG Olimpico Franco Bragagna viene chiamato a commentare la notizia, appena arrivata, della positività all’Epo di Alex Schwazer. Ed arriva una frase infelice che recita: «E’ vero che lui [Schwazer] aveva praticato il ciclismo, che è sport uso [sottinteso: al doping, ndr]. Pareva anche che lui ne fosse venuto fuori, dal ciclismo, anche per certe ragioni… il suo modo di vedere la vita sportiva non si conciliava…».
La rete è completamente impazzita, Bragagna ricoperto di insulti su facebook e su twitter, l’indignazione dei ciclisti e degli appassionati alle stelle.
Nel collegamento successivo, Bragagna - che nel frattempo sembra abbia ricevuto anche una telefonata da Di Rocco - chiarisce il suo pensiero: «In una intervista rilasciata dopo l’oro del 2008, Schwazer aveva lasciato intendere di aver lasciato il mondo del ciclismo per quel che aveva visto e quel che era stato invitato a fare».
L’indignazione del ciclismo è giustificata, Bragagna - che è ottimo collega - avrebbe certamente fatto bene a spiegarsi meglio, ma non ha commesso delitto di lesa maestà (ricordiamo, purtroppo con dolore, che il ciclismo è l’unico sport che hacostretto l’Italia nella sua storia sportiva a restituire una medaglia olimpica).
Come spunto di rflessione e di conclusione sulal vicenda, ci trova d'accordo quanto apparso sulla pagina facebook ufficiale di Rai Ciclismo: “Grazie a tutti per le segnalazioni e la solidarietà. L'increscioso episodio accaduto ieri (non facciamo nomi) ha dimostrato che la comunità nata attorno a @RaiCiclismo è vigile e attenta e difende con orgoglio lo sport che ama e, nella gran parte dei casi, pratica.
A coloro che fanno insinuazioni senza prove, diciamo solo che stiamo ancora attendendo uno sport che affronti il doping in modo serio e rigoroso come lo fa il ciclismo, e in particolare l'Italia.
Il ciclismo non ha mai nascosto i suoi problemi, è sempre stato all'avanguardia nella ricerca ed ora più che mai si può affermare che doparsi nel ciclismo è molto più difficile che in altri sport.
Il doping, l'inganno, c'è e ci sarà sempre in tutti gli sport: negli sport di motore si bara su gomme, benzine, particolari tecnici, nel calcio le partite possono essere decise da delle simulazioni, ma nessuno fa delle crociate contro questi episodi.
I delinquenti ci sono dappertutto, nello sport come nella società, ma non si deve additare il ciclismo quando si parla di doping, solo perchè in quest'ultimo c'è la polizia migliore”.
Ma si può fare un ulteriore passo in avanti: detto che la vicenda più grave - e non va dimenticato - resta la positività di un atleta come Schwazer (campione olimpico 2008, stella della nazionale, servito e riverito più di un ambasciatore), viene spontanea un’altra associazione “alla Bragagna”, che non c’entra con il ciclismo ma tira in ballo il Coni...
Ricordate quel che scrisse il 21 giugno scorso il nostro direttore a proposito di Michele Ferrari? «... Ma questa volta abbiamo la chiara impressione che il primo a non voler scoperchiare il pentolone è proprio il Coni...”.
Andate a rileggerlo, se volete - il link è /index.php?page=news&cod=50467 - e fateci su una bella riflessione... Perché a pensar male, è vero che si fa peccato, ma...
Paolo Broggi
Ps: scrive OGGI gazzetta.it: «Ci sarebbe una lista di atleti che frequenterebbero Ferrari e in questa lista emergerebbe il nome di Schwazer (che non sarebbe l'unico degli azzurri olimpici a intrattenere rapporti di collaborazione con il medico). Il controllo a sorpresa sarebbe stato dunque figlio della raccolta di queste informazioni, coordinata dall'unità speciale che ha sede all'Interpol di Lione. Arricchita anche dal fatto che Schwazer, prima della Germania, aveva trascorso un lungo periodo di allenamento a Saint Moritz, proprio una delle mete abituali di Ferrari. E allora ecco le visite a sorpresa degli ispettori, agevolate dall'archivio del sistema Williams che consente di accedere ai dati sulla reperibilità degli atleti monitorati dalle rispettive federazioni internazionali per il passaporto biologico. Passaporto biologico che, insieme al lavoro di "intelligence" citato dal presidente della Wada, sta quasi soppiantando i tradizionali esami per i primi dell'ordine d'arrivo».
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