Mamma Pantani: sì alla riesumazione del corpo di Marco
| 14/12/2005 | 00:00 Dopo i sospetti urlati tra logica e disperazione, mamma Tonina non è più sola.
Le anticipazioni del libro-choc del giornalista francese Philippe Brunel hanno riacceso i riflettori su un’inchiesta che - secondo la madre del Pirata - è stata consegnata agli archivi troppo in fretta. Una "verità" che, malgrado l’irritazione della Procura di Rimini, mamma Tonina ripropone con forza anche in questa intervista-sfogo che, tra concetti ormai datati, regala anche spunti inediti e di grande interesse.
L’inchiesta
«Marco è stato ucciso, ne sono sempre più convinta. Non si può morire in quel modo, cadendo giù dal letto, dritto. La posizione in cui è stato trovato non è naturale. E poi non si può devastare una stanza ed avere le mani senza un graffio. Anzi i graffi, a dire il vero, ce li aveva, ma sul viso...».
Che intende dire?
«Un giorno, prima della sua morte, si era recato in profumeria per comprare un cosmetico, una specie di fard per coprire i graffi. Perchè nessuno si è chiesto chi gliel'aveva procurati?».
Sì, ma i graffi non possono, da soli, reggere la tesi di un omicidio...
«Infatti, ma come la mettiamo con i segni sul collo? Aveva due piccoli triangoli all'altezza della giugulare, come se qualcuno avesse premuto con le dita proprio in quel punto».
Poi c’è la storia dei giacchetti che non dovevano trovarsi nella stanza...
«Sì, ma c’è dell’altro. Ad esempio, non si è mai parlato del cappellino dal quale Marco non si separava mai: perchè non è stato più ritrovato? Nella stanza sono sparite anche delle calze ed io non posso pensare che siano tutte coincidenze».
Signora Tonina, ci dica lei allora che cosa potrebbe essere accaduto in quella stanza...
«Io penso che le cose siano andate più o meno così: lui era di spalle ed è entrato qualcuno da dietro, che lo ha afferrato per il collo e gli ha messo in bocca della cocaina. Ecco Marco è morto cosi. Poi, sempre quel qualcuno ha risistemato per benino la stanza e tutto il resto».
A distanza di due anni qual è la sua speranza?
«Che la verità venga a galla. Io temo che, per far questo, si debba anche riesumare il corpo di Marco, e non so se riuscirei a sopportarlo. Sarebbe uno strazio, ma per la verità farei anche questo. Non voglio morire con questo dubbio che non mi lascia vivere».
Molti la accusano di parlare più con la disperazione che con la logica...
«Guardi, proprio l’altra sera in tivù ho visto la storia di un calciatore che sembrava morto perchè investito da un camion (mamma Tonina si riferisce al programma Chi l’ha visto, ndr). Il padre denunciò subito delle anomalie sulla sua morte, ma nessuno voleva credergli. Insomma, alla fine, si è scoperto che il ragazzo era stato ucciso perchè era finito involontariamente dentro un giro di droga. Come vede, a volte le apparenze ingannano».
Il club Magico Pantani
«Quando era vivo Marco aveva tanti amici. Tutti lo cercavano e tutti lo volevano. Poi, quando è morto, molti di loro sono spariti».
Qual è la cosa che più l'ha ferita?
«Impossibile dimenticare Madonna di Campiglio, ma soprattutto impossibile dimenticare le parole di Gilberto Savini (presidente del Club Magico Pantani, ndr) in quell'occasione. Venne a casa mia, mi diede una pacca sulle spalle e mi disse: "Credimi, meglio così Tonina, altrimenti Marco lo facevano fuori sul serio”. Mi confidò che gli era stata fatta una telefonata in cui lo avvertivano proprio di questo, ma alle mie pressanti domande sull’autore della telefonata, lui non mi ha mai risposto. Una volta la telefonata era arrivata da una cabina telefonica, un’altra da un cellulare, una volta dal sud, poi dal nord, ma la verità non l’ho mai saputa».
E quindi cosa pensa?
«Penso che lui sappia altre cose che non mi abbia detto per paura che potesse capitargli qualcosa».
Il museo
Signora Tonina, come nasce l’idea di dedicare un museo a Marco?
«Era da tempo che se ne parlava. Mio marito ci teneva in modo particolare che il nome di Marco avesse un posto speciale a Cesenatico. Così, quando ci hanno presentato il progetto, abbiamo subito accettato».
Non c’è il rischio che l’iniziativa diventi, alla fine, soprattutto un fatto di business?
«Io vorrei che fosse chiaro a tutti che noi lo facciamo solo per sostenere quelli che erano i sogni ed i progetti di Marco. Tant'è che noi, come famiglia, abbiamo messo nel progetto una cospicua parte di soldi (100mila euro, ndr). Ma lo abbiamo fatto a fondo perduto. Quello che ha messo il Comune, invece, è una minima parte».
Furti al cimitero
«Sulla tomba ci vado ogni mattina da quel maledetto 14 febbraio 2004. Aspetto che i tifosi si allontanino e poi mi godo qualche momento d’intimità con mio figlio. Pulisco la tomba, aggiusto i fiori, sistemo i regali, ma purtroppo ci sono esseri umani cattivi, che non si fermano davanti a niente».
Che intende dire?
«Ultimamente ci sono stati strani furti nella tomba. Sono spariti oggetti che avevano un grande valore affettivo. E questo mi fa male, perchè è uno scempio, una mancanza totale di rispetto verso Marco. Lo vorrei dire a certi tifosi: non è così che si rende omaggio al vostro idolo».
Che cosa è sparito, in particolare?
«Delle foto ed una serie di oggetti, ma l’ultima cosa che mi hanno portato via fa davvero male. Una mattina sono arrivata ed ho trovato sulla tomba un rosario con delle perle azzurre ed un grande crocifisso. Io l’ho sistemato a forma di cuore, vicino alla foto e poi sono tornata a casa. A pranzo mi chiama la persona che l’aveva portata dicendomi che aveva sognato Marco che le chiedeva di portare una coroncina al cimitero e di far benedire la tomba. Sono tornata al cimitero, ma il rosario non c’era più. Ho poi fatto benedire la tomba, la signora ha riportato un altro rosario benedetto, ma mi sembra assurdo che il mio Marco non possa nemmeno riposare in pace. Sono certa che la mano che colpisce è di Cesenatico». Irene Vella - La Voce di Romagna
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