ELEZIONI CONI. Sfida Malagò-Pagnozzi. Toh, è sparito Di Rocco
| 14/07/2012 | 10:26 Vi riproponiamo il corsivo di Ruggiero Palombo che «La Gazzetta dello Sport» ha pubblicato nella giornata di oggi. Nella sua abituale rubrica «Palazzo di Vetro», il vicedirettore della rosea traccia un oscenario prossimo venturo che condurrà all'ambitissima poltrona di capo dello sport italiano. Il dopo Petrucci è iniziato già da un po', ma per la prima volta Palombo non cita il nostro Presidente Renato Di Rocco, che fino a qualche settimana fa era considerato come il «terzo incomodo» posto tra Malagò e Pagnozzi. Anzi, adesso la terza via è data da Pancalli e di Di Rocco non cè più nemmeno l'ombra. Ecco l'intervento integrale del vicedirettore della Gazzetta.
L' incontro è avvenuto alle otto e quarantacinque del mattino di
mercoledì 20 giugno. Giovanni Malagò chez Lello Pagnozzi per il primo e
probabilmente ultimo faccia a faccia ante duello elettorale. Guardarsi,
studiarsi, parlarsi e dirsi addio, anche se nelle intenzioni di qualcun
altro la chiacchierata avrebbe dovuto avere finalità del tutto diverse.
Il prologo s'era infatti consumato due giorni prima, lunedì 18 giugno.
A Roma, l'appuntamento riservatissimo tra i due Gianni, Letta e
Petrucci, era presto diventato una partita a tre, col sopraggiunto
Giovannino. E' in quell'occasione che Letta ha informato Petrucci che,
pur con tutto il rispetto e la simpatia per Pagnozzi, Malagò sarebbe
stato il suo candidato di riferimento. Non è dato sapere quanto
Petrucci, che annusava la cosa da tempo, sia stato realmente messo in
imbarazzo, lui che per Pagnozzi aveva già speso vere e proprie
«dichiarazioni di voto». Quale sia la versione più realistica, certo
è che l'idea di creare i presupposti per un incontro vis à vis tra i
due futuri contendenti è maturata in quella sede. E si è poi
concretizzata, secondo Malagò con modalità «da udienza» non pienamente
gradite, appena 48 ore dopo, al Foro Italico. Le speranze, coltivate da
Letta e non si quanto condivise dall'astuto Petrucci, che tra Malagò e
Pagnozzi potesse determinarsi un feeling tale da disegnare scenari
convergenti (l'uno vicepresidente con deleghe dell'altro o l'altro di
nuovo segretario generale dell'uno), sono però andate deluse: un
colloquio cordiale, beninteso, ma senza domani. Pagnozzi avrebbe
spiegato a Malagò di ritenere esaurito il suo percorso da segretario,
dribblando altresì l'ipotesi di «fare squadra» pur affermando di non
averne per ora in testa una (anche se all'Aniene e non solo lì dicono
che la poltrona di segretario generale d'una presidenza Pagnozzi
sarebbe già pronta per Ernesto Albanese, ex direttore generale di Coni
Servizi e del defunto Comitato promotore di Roma 2020). Pare che i
due, prima di salutarsi, abbiano anche discettato sui 76 voti in palio,
sul quorum a quota 39, sul 55-24 che Petrucci inflisse a Franco
Chimenti. Per Malagò, quei 24 voti di allora rappresentano un
formidabile trampolino di lancio, per Pagnozzi, che contabilizza e
«caratterizza» anche i 23 voti coi quali Malagò entrò in Giunta Coni,
si tratterebbe di un tetto invalicabile, visto che tra quei voti
«contro Petrucci» c'erano anche quelli degli amici del presidente
Federnuoto Paolo Barelli. Uno che prima di votare Malagò, stando ad
alcune attendibili stime, si farebbe fucilare. Far di conto e pesare
le alleanze, con Luca Pancalli che dice di avere una gran voglia di
fare il terzo incomodo, sarà l'esercizio più praticato da settembre
fino alle elezioni di febbraio, mesi in cui si vedrà se la politica ha
davvero voglia di partecipare e di schierarsi. Per ora, dopo avere
vissuto come un «colpo basso» la discesa in campo anticipata di
Pagnozzi, Malagò si prepara a replicare ufficializzando la propria
prima di partire per Londra. Il giorno? Molto probabilmente lunedì 23
luglio.
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