| 26/03/2012 | 09:30 È l’uomo dei sogni, quello sul quale molti appassionati del nostro sport ripongono le loro speranze. Un corridore nuovo, che da un anno e mezzo sta facendo vedere che ha tutto per diventare un grande e sta già compiendo passi da gigante. È l’uomo dei sogni per la Liquigas Cannondale, per la nazionale azzurra di Marco Villa, per quella di Paolo Bettini, per tutti quelli che hanno a cuore le sorti del nostro sport. È l’uomo dei sogni, che può diventare l’uomo dell’anno. Perché sulla sua personalissima agenda ci sono tanti obiettivi, tante vittorie da inseguire, tanti traguardi da tagliare. Lui per non sbagliare si è già portato avanti: cinque vittorie le ha ottenute ancor prima di metà febbraio. Sì, certo, vittorie di routine, nulla da incorniciare, ma per un ragazzo di 23 anni tutto fa curriculum, tutto fa sostanza, anche perché, come dicono gli stessi corridori, “nessuno ti regala niente”. Intanto è l’uomo copertina, perché questo ragazzo che tuttoBICI ha il grande merito di aver battezzato fin da subito, sta compiendo passi da gigante. È l’uomo dei sogni anche perché da troppo tempo il ciclismo italiano e non solo, vive di incubi. L’ultimo, in ordine di apparizione, riguarda le squalifiche tardive di Alberto Contador e Jan Ullrich. Meglio guardare avanti. Meglio socchiudere gli occhi e sognare un po’, direttamente con lui, che gli occhi li ha sempre ben aperti. Ma che, come noi, ama sognare. Abbiamo chiacchierato con Elia a fondo, affrontando qualsiasi argomento ci venisse in mente: dalla preparazione all’amore, dalla posizione in bicicletta ai sogni, dalla bilancia all’affetto dei tifosi. L’abbiamo scoperto meglio e, lo ammettiamo, ci piace ancora di più perché nella vita di tutti i giorni è gentile e disponibile quanto aggressivo e scaltro in corsa. Con la convinzione del campione affermato e la disarmante semplicità di un ragazzo che ancora deve scoprire dove può arrivare, l’uomo dei sogni ci confessa di avere nel suo mirino tante vittorie: Sanremo, tappe al Giro d’Italia, Olimpiade su pista e perché no?, su strada... Ma senza assilli perchè «in fondo ho solo 23 anni, tutto il tempo per crescere e tagliare traguardi importanti». L’Uomo dei sogni: con tutte queste vittorie non ti monterai mica la testa? «No, no. Sono un ragazzo tranquillo e coi piedi per terra, credo di poter gestire bene anche la popolarità. Dopo ogni vittoria ricevo tantissimi complimenti, i tifosi si esaltano e spendono parole fin troppo grandi nei miei confronti. Custodisco con orgoglio tutti i “bravo” che ricevo, ma senza perdere la testa. Per natura sono uno concreto e so di dover dimostrare ancora molto. Sono giovane e ho ancora tanti traguardi da tagliare. Inizio a sentire un po’ di pressione per l’Olimpiade, ma non la subisco perché sarà la mia prima volta quindi, comunque andrà, sarà un’esperienza che mi arricchirà. Con questo non voglio dire che andrò a Londra solo per partecipare, anzi, ma che avrei dalla mia tutto il tempo per rifarmi. Sono sereno e fin troppo realista: forse non mi godo neanche le vittorie come dovrei perché, dopo aver esultato, nella mia testa mi ripeto: “Elia è solo l’inizio, c’è ancora un mondo da conquistare”». Quindi resti il ragazzo di sempre. «Esattamente. Il solito tipo testardo, meticoloso, ordinato, perfino un po’ pignolo, sia che si tratti di preparare la valigia, di riassettare la camera o di pulire la bici. Uno che, nella vita di tutti i giorni come in bici, quando si pone degli obiettivi da raggiungere fa di tutto per non deludere. Il ragazzo legato alla sua famiglia: a mamma Elena e papà Renato, che portano avanti un negozio di mobili, e ai due fratelli più piccoli, Luca (calciatore nella Pro Patria) e Attilio, che invece sta seguendo le mie orme ed è allievo al secondo anno nel GS Luc Bovolone, la squadra in cui sono cresciuto anche io. Il ragazzo che non dimentica da dove arriva, Vallesse di Oppeano in priovincia di Verona, e le persone che gli sono sempre state vicine. Appassionato di tutti gli sport, mi diverto con il tennis e lo sci. L’unica novità rispetto all’anno scorso riguarda il campo sentimentale. Il 2012 oltre alle vittorie mi ha portato l’amore (Elia è fidanzato con l’azzurra Elena Cecchini, da quest’anno Elite della MCipollini Giordana - Fiamme Azzurre, ndr)». Qual è il segreto di questo inizio “a tutta”? «Il riposo! A differenza degli anni scorsi quest’anno mi sono concesso 26 giorni lontano dalla bici, dalla palestra, dalla piscina. Dal 6 novembre al 3 dicembre stop totale. Dopo aver ricaricato le pile tra dicembre e gennaio, ho iniziato a lavorare come si deve in Sardegna con la squadra: in ritiro ogni giorno dalle tre alle cinque ore di bici. Prima di cominciare a correre in Argentina ho anche optato per un’attività su pista ridotta. Non ho preso parte alle Sei giorni e ho svolto meno lavori specifici. Probabilmente soffrirò un po’ ai primi appuntamenti su pista, ma quelli che mi interessano davvero sono più avanti nel calendario. Sinceramente non mi aspettavo arrivassero tutti questi risultati alle prime corse, ma soprattutto non mi aspettavo di andare così forte. Mi sono scoperto superiore ai miei avversari e, supportato da una squadra perfetta, è stato quasi facile partire così bene. Dal debutto al Tour de San Luis, passando per Donoratico e Reggio Calabria, fino alla Coppa del Mondo su pista di Londra mi sono sentito via via sempre meglio. La volata che mi ha permesso di vincere la prima tappa al Giro della Provincia di Reggio Calabria è stata una delle migliori della mia vita. Già l’anno scorso avevo avuto buone sensazioni e conferme, quest’anno l’ambizione non era solo vincere tanto ma alzare la posta in gioco, ossia ambire alle corse che contano. Come inizio non c’è male». Paradossalmente, non hai paura di essere partito troppo forte? «No, mi conosco bene e so di non essere al top. La preparazione è stata studiata per arrivare in forma agli appuntamenti a cui tengo di più. C’è ancora tempo e molto lavoro mi aspetta, sono sereno perché ho ancora margini di miglioramento. Pensate che oggi peso 70-71 chili e al mondiale dell’anno scorso ne pesavo 67! Con qualche chiletto in meno potrò reggere ancora meglio in salita e con più lavori specifici in pista potrò diventare ancora più potente nello scatto. Il peso scenderà e la condizione salirà, senza assillo farò altri passi avanti verso la forma ottimale». Svelaci qualche tuo segreto tecnico. «Per quanto riguarda la bici e la preparazione sono molto tradizionalista, per i materiali sono parecchio puntiglioso. Non ho mai fatto lavori su strada con la bici a scatto fisso perché la uso già in pista. Curo nei minimi dettagli tutto, ammetto di essere un vero “rompiscatole” per i meccanici. Per la posizione in sella, soprattutto per l’assetto da cronometro, mi affido ai meccanici che mi seguono da quando avevo 8 anni: Matteo e Franco Farronato, figlio e babbo dell’Officina Cicli Franco vicino casa. Due persone molto alla buona, che seguono con la stessa attenzione che dedicano a me la signora che arriva in negozio a far riparare la sua Graziella. Franco è l’artigiano che mi mette in bici: nella sua cantina ha allestito una sala di posizionamento. Mi filma da tutti i lati mentre pedalo con la bici da crono o da pista, poi rivediamo assieme i video e correggiamo eventuali imprecisioni di postura. Matteo, che è meccanico anche della squadra femminile MCipollini Giordana, invece mi segue in trasferta». Tra due settimane sarai al via della tua prima Sanremo. «Per tutti è una gara simbolo, per me quest’anno sarà una novità. Una prima esperienza, a cui arrivo consapevole che è un monumento da conquistare, che come l’Olimpiade e le altre grandi gare richiede tempo. Non so cosa mi aspetta perché non ho mai partecipato a una corsa di quasi 300 chilometri. Sono arrivato a 260 km di gara al mondiale, ma non di più. Detto ciò non significa che sarò al via solo per fare esperienza, anzi. Senz’altro studierò e proverò i punti cruciali per far bene. La Sanremo mi affascina da sempre: già solo guardandola alla tv “sentivo la corsa”, oltre alla Classicissima solo i Mondiali e il Fiandre mi tengono così col fiato sospeso». Come sarà la tua marcia di avvicinamento al 17 marzo? «All’inizio dell'anno non era certa la mia partecipazione alla Sanremo perché in squadra abbiamo Nibali che vuole fare un certo tipo di corsa e Sagan che è un altro pretendente alla vittoria ed entrambi, a differenza mia, l’hanno già corsa. Considerato però il mio ottimo inizio di stagione e la mia condizione, mi sono guadagnato questa chanche. Dopo la Coppa del Mondo in pista a Londra, sul velodromo in cui si terranno le Olimpiadi, ho optato per la Parigi-Nizza. Quando a Milano si abbasserà la bandierina del via proverò senz’altro un’emozione forte, che nel giro di poco si tramuterà in adrenalina. Considerato che sarà la mia “prima volta” sarò attento a cogliere qualsiasi consiglio prezioso. Mi daranno qualche dritta per l’affetto e la stima che nutrono nei miei confronti il “Lomba” (Giovanni Lombardi, suo procuratore) e Mario Cipollini, uno che questa gara l’ha vinta (nel 2002, ndr) e sa quel che dice». Ripensando alle edizioni passate quale ti emoziona di più? «Diverse: quella del 2003 con l’arrivo di Bettini, Paolini e Celestino; quella di Pozzato incerta fino all’ultimo (2006); l’impressionante volata di Petacchi del 2005 e l’impresa di Cancellara nel 2008. Quest’anno spero vada come nel 2009 quando vinse Cavendish e non come l’ultima edizione di Goss perché per me diventerebbe troppo dura. Secondo me Cav, con la maglia iridata addosso, tenterà il bis. Con la squadra che ha può controllare la corsa e farci arrivare in volata: speriamo!». Si è parlato tanto di una possibile variazione del percorso, che non ci sarà. «Per fortuna! Ho sentito che si discuteva di un arrivo sopra il Poggio, se fosse andato in porto figurati cosa avrebbero combinato gli attaccanti alla Nibali e alla Gilbert. Già col percorso classico non staranno fermi... Indipendentemente dalle mie caratteristiche non sono d’accordo con lo sradicamento delle tradizioni, la storia di una corsa non può essere cambiata. La Sanremo è da sempre adatta a un certo tipo di corridori e così deve rimanere. Fa appetito a tutti, ma è per pochi. Non la si vince per caso. Ogni momento sarà decisivo, bisognerà gestire bene la lunghezza e dosare le energie. Capita poche volte all’anno, ma tutti i corridori al via dovranno passare sette ore in bici concentrati al massimo, le variabili che decideranno la corsa possono essere innumerevoli». I rivali più temibili? «I grandissimi delle Classiche: Cancellara e Gilbert (che non è ancora riuscito a far sua la Sanremo, ndr) e gli uomini veloci, a partire da Cavendish che, ripeto, in maglia iridata Sky difficilmente sbaglierà qualcosa. Anche per l’Olimpiade, lo dico oggi, nonostante il percorso non dovrebbe essere per velocisti puri, in casa e con la squadra che ha farà il bello e cattivo tempo. Oltre a lui ovviamente attenzione al vincitore uscente Goss che nelle corse lunghe c’è sempre, a Hushovd più che a Greipel (nel momento in cui scriviamo insieme a Elia plurivittorioso di stagione con 5 successi, ndr), al miglior Petacchi che può assolutamente ancora dire la sua. Al termine di una gara così impegnativa per il chilometraggio e i nervi conterà più chi ha gambe di chi sulla carta è più veloce. Lì davanti mi auguro di esserci anche io». In sintesi, come ti immagini al traguardo sul Lungomare Italo Calvino? «Dipende se ci arrivo (scherza, ndr). Mi spiego meglio: se la corsa non sarà troppo dura e riuscirò a tenere i migliori me la gioco, ma dipenderà da come si evolverà la corsa e dalle logiche di squadra. Magari mi dovrò mettere a disposizione di Peter Sagan. Diciamo che se sono lì e posso giocarmi le mie carte arrivo nei cinque. Le volate le so fare e sono bravo a tenere la ruota giusta. Vincere una corsa monumento è come vincere l’Olimpiade, rappresenta la consacrazione tra i campioni con la C maiuscola. Significa salire quel gradino in più che ti rende “qualcuno”. Quando riuscirò a tagliare il traguardo di Sanremo per primo, il pensiero andrà a chi mi ha aiutato ad arrivare fin là, alla mia famiglia e a tutte le persone che mi supportano nella vita privata e nella carriera sportiva». Un altro giovane italiano al via che potrà animare il finale della Classicissima è Sacha Modolo della Colnago Csf. «Senz’altro. Siamo rivali che si stimano e si rispettano. Siamo entrambi veneti ma non abitiamo vicino quindi non ci conosciamo benissimo. Per dire, con Sacha non sono amico come con Guardini con cui in pratica sono cresciuto, ma tra noi non c’è mai stato un litigio. I nostri primi scontri sportivi risalgono a quando eravamo dilettanti, le sfide più belle per gli appassionati credo siano state al Padania e alle altre premondiali dell’anno scorso. Lui è un atleta vincente, determinato e concentrato, altrimenti l’anno scorso non avrebbe avuto un periodo di forma così lungo. Lo stimo perchè quando ha un obiettivo difficilmente sbaglia, in questo ci assomigliamo. Caratterialmente parlando, azzardo perché non ci conosciamo così nel profondo, lui sulla strada mi sembra più “cannibale di me”. Io sono molto riconoscente ai miei compagni, vi ricordate la vittoria di Oss in Colorado? Lui invece anche dopo una sfilza di vittorie l’ho visto precedere suoi uomini di fiducia. Non è un giudizio, ma una semplice constatazione». Dopo la Sanremo dove ti vedremo? «Purtroppo sarò costretto a saltare tutte le Classiche, è l’ultimo anno che sacrifico in questo modo corse che amo molto, ma considerati gli appuntamenti importanti che mi aspettano in pista non ho scelta. Dopo la Coppi&Bartali sarà infatti la volta dei Mondiali su pista dal 4 all’8 aprile a Melbourne. Dopodiché, se mi sentirò in condizione, parteciperò al Giro d’Italia. L’obiettivo è arrivare a Milano, cercare il risultato nella prima settimana e aiutare Ivan (Basso) a rivincere la maglia rosa. La corsa di tre settimane mi darebbe la marcia in più di cui avrò bisogno per l’Olimpiade di pista e, se sarò tra i papabili, per la prova su strada». A proposito di pista com’è la gamba? «Ho svolto pochi lavori specifici particolari e i miei tempi non mentono. In questo momento obiettivamente sono indietro nel chilometro, ma in chiave mondiale e olimpiade c’è̀ tutto il tempo per colmare il gap. Nel giro lanciato, invece, ho già̀ avuto buoni riscontri dagli ultimi allenamenti, mentre l’inseguimento restà un punto di domanda: tenere un ritmo di 120 pedalate al minuto in questo momento mi è̀ quasi impossibile. Le altre specialità̀ (eliminazione, scratch e corsa a punti) sono come sempre un terno al lotto, ma sono fiducioso. A Melbourne farò̀ tre gare: lo scratch (di cui è̀ vicecampione iridato in carica, ndr) per rompere il ghiaccio, l’omnium per la vittoria, l’americana per chiudere col sorriso». Oltre alla tua prima Sanremo, quest’anno ti aspetta la tua prima Olimpiade. «Sì e per tutti i sacrifici affrontati, soprattutto nelle ultime stagioni, in vista di quest’appuntamento, non posso che puntare all’obiettivo pieno. Preferisco avere aspettative alte e sbatterci il muso, che partire già sconfitto. Per carattere parto sempre con l’idea di vincere, ma è chiaro che anche se non andasse come mi aspetto non mollerò la pista e nemmeno i miei sogni. Io oggi credo di poter ambire alla medaglia del metallo più prezioso, se no me ne starei a casa. In occasione della Coppa del Mondo di Londra ho provato il percorso della gara in linea. Il mio primo obiettivo restano i cinque cerchi nell’Omnium, ma non si sa mai. La preparazione nel mese precedente i Giochi, dopo il Giro d’Italia, sarà̀ finalizzata tutta per la pista. Se poi dovessi essere convocato anche per la strada, non mi tirerò certo indietro. Le due gare sono compatibili, la doppia partecipazione è̀ assolutamente possibile: un impegno non rischia affatto di compromettere l’altro. Sono sempre riuscito a gestirmi bene con le due attività̀ e non sono uno che si stressa più̀ di tanto. Vi pare che l’uomo dei sogni abbia intenzione di iniziare a farlo proprio adesso che mira a diventare l’uomo dell’anno?...».
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