DA TUTTOBICI. La versione di Beppe

| 23/02/2012 | 08:57
Non gli piace salire in cattedra, ma non ama nemmeno stare dietro alla lavagna. Non ha mai tentato di apparire quello che non è, ma cerca - da sempre - di essere se stesso. Beppe Sa­ronni è quel campione che tutti conoscono. L’ultimo grande che è stato in grado di dividere un paese: da una par­te i saronniani, dall’altra i moseriani. Lui più schivo, più veloce a prendere la ruota giusta, ma anche più veloce a trafiggere gli avversari; l’altro più propenso alla battaglia, al confronto diretto, a mandare tutto per aria. Uno che usava il fioretto e l’altro la spada. «A volte anche la clava…», dice lui con quel suo impareggiabile sorriso che sottintende tutto e molto di più…
Beppe è sempre stato un pierino svelto e scaltro, che mandava in bestia l’an­tico rivale. «Però sia ben chiara una co­sa: senza Moser, non ci sarebbe stato probabilmente il Saronni che c’è stato. Io, grazie a lui, ho tirato fuori il meglio di me stesso e penso che la stessa cosa valga per lui. La nostra rivalità, che non è stata di facciata, ma vera e autentica, ha appassionato noi e gli sportivi tutti».
Beppe non ha mai subito la personalità di Moser, ma gli ha sempre risposto colpo su colpo a livello dialettico e sportivo. Ognu­no correva e parlava a suo modo, il risultato è stata una sfida aperta e vibrante. Oggi a ventidue anni di distanza, da quando nel 1990 Beppe Saronni è sceso di bicicletta, l’ex campione di Parabiago cresciuto all’ombra di Ernesto Colnago ha soprattutto fatto tante altre cose.
«Colnago un giorno mi disse: “Quando smetti cosa ti piacerebbe fare?”. Non seppi rispondergli. E lui: “Perché non provi a lavorare un po’ con i giovani, così nel frattempo capirai cosa fare da grande… Sono passati ventun anni è non l’ho ancora capito…».
Ultima maglia quella della Diana-Col­nago. Prima squadra da tecnico la Lam­pre-Colnago. E la storia continua…
«E che storia. Credo che non ci siano tanti sponsor che sono nel nostro mon­do da così tanti anni. Già nel ’90, alla Diana-Colnago, la Lampre aveva un proprio marchio sui laterali della ma­glia. Poi Mario Galbusera, il nostro gran patron, dopo aver rifiutato di sponsorizzare il Lecco calcio, ha accolto la proposta di Colnago di fare il pri­mo nome. Così dal ’91 al ’95 si è consumata la prima fase, poi io sono andato avanti nel ’96 come Panaria e nel ’97 e ’98 come Mapei, mentre nel ’99 ho ri­portato nel nostro mondo la Lampre e la storia arriva ai giorni nostri (meglio di Lampre, come militanza sponsorizzativa nel ciclismo a livello di top team, Rabobank e Lotto che ci sono ininterrottamente  dal ’96; Fdj e Cofidis dal ’97, ndr)».
Mario Cipollini, ha recentemente dichiarato a La Gazzetta dello Sport (31 di­cembre, ndr) che in Italia, esclusa la Li­quigas, mancano i grandi investitori e che se ci fosse un Berlusconi…
«A me fa piacere che Mario abbia det­to certe cose, perché se ne parla, perché se ne discute e si analizza una si­tuazione. Però mi sento anche di dire che la Lampre è un grande sponsor (il budget complessivo del team arriva, grazie anche al contributo degli altri sponsor, attorno agli 8 milioni di euro, ndr), che in questi anni ha fatto molto per il ciclismo italiano. La Lampre, poi, co­me ho appena dimostrato, ha alle proprie spalle una lunghissima militanza. E il sottoscritto, nel suo piccolo, in at­tesa di capire cosa fare da grande, ha raccolto nei suoi ventuno anni consecutivi di attività come general manager sponsorizzazioni da parte di aziende che hanno voluto investire nel ciclismo più di  90 milioni di euro. È vero, se ci fos­se un Berlusconi sarebbe probabilmente tutto diverso. Ma anche se ci fosse un Agnelli, un Moratti, un Della Valle… E poi chiedo a Cipollini e a voi tutti: è grande una squadra che fa grandi cose con budget discreti o una squadra che ha un grande budget ma raccoglie poco? Noi e la Liquigas abbiamo bud­get di gran lunga inferiori a quelli di RadioShack, Katusha, BMC, Sky, Astana, GreenEdge, tutti con budget superiori ai 15 milioni di euro, ma non mi sembra che i nostri risultati siano da buttare via. E la stessa cosa vale an­che come organizzazione dei team. E al­lora, come la mettiamo? La Leopard come si è presentata e come è finita? La Geox che cosa ha fatto? Io posso solo dire che Lampre potrebbe anche investire di più, ma fa un prodotto che non va al pubblico: questo è il problema».
Il futuro cosa dice: Lampre resterà nel ci­clismo?
«Fino a tutto il 2013 sicuro, ma conoscendo la passione e la competenza della famiglia Galbusera, questo progetto può solo andare avanti. Par­lando con loro non ho raccolto segnali di dismissione. Anzi… Quella che vivremo sarà una stagione molto importante: dovremo tirare le fila, fare delle considerazioni e delle scelte. Molti corridori sono in scadenza e dobbiamo fare delle valutazioni su tutti, staff tecnico  e personale. Io sto riflettendo molto, voglio dare un volto diverso alla squadra, un’immagine molto diversa, e quindi ho bisogno di persone che credano e si sposino perfettamente al progetto. A SuperMario, che è un amico e dice anche cose giuste, voglio dire ancora una co­sa: hai ragione, però vorrei anche che uno come te si mettesse maggiormente in gioco. Io è ventun an­ni che gestisco sponsor e corridori e ho portato al ci­clismo qualcosa. Sa­reb­be bello che anche lui, con il suo carisma e la sua conoscenza, si mettesse in gioco. Ognuno di noi è credibile per quello che fa».
Passiamo a parlare della stagione: uno dei grandi temi è cosa farà Michele Scarponi. Giro o Tour?
«Una cosa è certa: per fare delle scelte, generalmente, sarebbe utile per non dire indispensabile sapere chi correrà il Giro. Quali saranno i reali rivali. Ma que­sto, ad oggi, non ci è dato saperlo. Al­tra cosa sicura: Michele correrà il Gi­ro o il Tour. Di sicuro non farà l’ac­coppiata. Lui vuole mettersi in discussione, è giunto negli anni della maturità della sua carriera e non può più permettersi di perdere le buone occasioni che gli si pongono davanti. Se Scar­poni avesse tre/quattro anni di meno avrebbe già scelto: Tour. Visto e considerato che invece ha la sua età e le strade del Giro lo solleticano perché correre tra i propri tifosi, sulle proprie strade per un corridore italiano non è secondario, è un po’ combattuto. Io capisco Michele e i suoi dubbi».
Se tu fossi Scarponi che scelta faresti?
«Se avessi le qualità di Michele non avrei dubbi: farei solo il Tour. La decisione non è facile, gli sponsor ci danno carta bianca ma sappiamo tutti che la Gran­de Boucle è una manifestazione dal richiamo enorme e quindi particolarmente appettibile».
Damiani però non è di questo avviso…
«No, non è così. Roberto e i direttori sportivi ritengono che non sia una as­sur­dità pensare di vedere Scarponi competitivo in Francia. Ma alla fine la scelta di Michele dovrò avallarla io».
Se tu fossi Nibali, cosa faresti: Giro o Tour?
«Se fossi Vincenzo eviterei Scarponi: quindi farei il Giro».
Se tu fossi Basso?
«Eviterei Scarponi e Nibali: quindi andrei alla Vuelta».
Il problema del ciclismo italiano è più economico o di talenti?
«La crisi c’è e si sente, questo è evidente anche ad un bambino, ma il vero problema è dato dal cambio generazionale e dai giovani che hanno poca personalità. Non vorrei ripetermi, ma vedi come certi campioni si ap­proc­ciano con i giornali: hanno paura. Nes­suna po­lemica, nessuna presa di posizione. So­no psicologicamente più fragili e stres­sati. Noi come Lampre Isd crediamo nei giovani, ma loro devono mettersi maggiormente in gioco, mordere di più il manubrio».
Sulla bacheca appesa nel vo­stro ma­gaz­zino, Ro­berto Da­mia­ni e lo staff tecnico hanno preso un grande im­pegno con tutta la squadra: 40 vittorie, con una grande classica e un grande Giro…
«Gli obiettivi devono essere per forza di cose ambiziosi, poi alla fine si tireranno le som­me. Certo, ottenere questo sa­rebbe il massimo per tutti noi, ma è anche vero che poi alla fine si de­ve valutare la stagione nel suo complesso, e spesso vanno valutate anche le sfu­mature, che poi sfumature non sono. Però lo ripeto: il 2012 sarà per noi una stagione importante perché si getteranno le basi per dare inizio ad un nuovo ciclo. Per questo ci saranno in­ne­sti im­portanti ad ogni livello, non solo nel parco atleti dove avremo arrivi interessanti come Mattia Cattaneo e Winner Go­mez Anacona (il team è in fase di definizione per i probabili arrivi di Guardini e Mo­dolo, ndr)».
Parliamo un po’ di corridori: Alessandro Pe­tacchi.
«Noi siamo più che soddisfatti di quello che ha fatto in questi due anni Ales­sandro. Ha 38 anni e non è facile fare quello che fa lui. Certo, in questo nuo­vo progetto che entro luglio metteremo a punto, sarà lui a dover fare determinate valutazioni. È in scadenza di contratto e sarà lui a decidere il suo futuro».
Damiano Cunego.
«Damiano fa parte della nostra fa­miglia ormai da otto anni e ha contribuito a dare risalto ai colori blu-fucsia sulle strade del mon­do. È in scadenza anche lui e sarà Da­miano a decidere se sposare o meno il nostro progetto».
Michele Scarponi.
«È in scadenza ma in pratica abbiamo già prolungato di un anno il contratto e su di lui contiamo ancora parecchio».
Diego Ulissi.
«È il futuro che avanza, un ragazzo an­cora molto giovane che però mostra di avere idee chiare e personalità da vendere. Lui, spero di non sbagliarmi, sem­bra un giovane non del suo tem­po, per­ché non è cer­tamente quello che ha paura della sua ombra. Ha forza, carattere e ambizione. È egoista e cinico al punto giusto. Non si fa mettere in piedi in testa da nessuno ed è uno che accetta la sfida. Da lui mi aspetto un altro sal­to di qualità, prima di spiccare definitivamente il vo­lo. Quest’anno lo getteremo di più nella mischia, facendogli correre qualche classica in più».
Adriano Malori.
«Da lui mi aspettavo qualcosa di più, ma è ancora in tempo per farlo vedere».
Davide Cimolai.
«È giovane e quest’anno dovrà essere bravo a lavorare nel treno di Ales­san­dro, ma dovrà essere anche in grado, in determinate circostanze, di togliere le ca­stagne dal fuoco da solo».
Matthew Lloyd.
«È una delle nostre scommesse di quest’anno. Ottimo scalatore (maglia ver­de al Giro d’Italia 2010, ndr), sarà im­portantissimo per Michele. È partito molto forte, sta andando davvero bene, per il momento sono molto soddisfatto di lui ma la strada è ancora lunga».
Przemyslaw Niemiec.
«È un corridore molto utile a Scarponi, grande lavoratore, ma voglio capire do­ve può arrivare».
Morris Possoni.
«Era un nostro corridore (dal 2006 al 2007, ndr) e dopo quattro anni all’estero (HTC e Sky) torna a casa. Lo co­no­scia­mo bene e sono convinto che il suo lavoro lo saprà fare a regola d’arte, an­che se da un ragazzo così, in certi frangenti, mi aspetto che prenda in mano an­che la situazione. Come si diceva a scuo­la: il ragazzo può fare molto di più».
Senti, cosa pensi della neo costituita Lega?
«Io sono tra i firmatari. È chiaro che ora dovremo capire cosa deve o potrà fare…».
Ti convince il circuito World Tour?
«È una Champions League del ciclismo. Il meglio del ciclismo mondiale è qui. È chiaro che l’Uci (Unione Cicli­sti­ca Internazionale, ndr), in questo momento sta investendo molto in paesi emergenti. Per noi, per il momento è uno svantaggio, perché ci interessa po­co, ma crediamo che alla lunga possa essere interessante. Quello che non mi piace è il meccanismo dei punti dati ai corridori che ha riportato il nostro mo­vimento ad una storia già vista: quella del mercato di corridori di scarso valore che però portano in dote dei punti. Quest’anno abbiamo assistito a cose imbarazzanti. Corridori iraniani che hanno raccolto punti nel circuito asiatico e sono stati ingaggiati e pagati a pe­so d’oro da formazioni di World Tour. Questa è una anomalia che, in quanto tale, va corretta».
Il nuovo corso della RcsSport ti convince?
«Ho conosciuto Michele Acquarone: è un marketing manager. Con noi è stato chiarissimo: deve fare business e so­prat­tutto rendere la corsa più internazionale. Non fa una grinza».
Condividi la scelta di lasciare a casa l’Ac­qua & Sapone dal Giro?
«Sono loro che hanno valutato i vari dos­sier. A me spiace che una squadra ita­liana sia rimasta a casa».
Cosa chiederesti a Renato Di Rocco?
«Io sono solito fare e non chiedere. Certo, il ruolo di Renato non è dei più semplici, ma posso solo dire una cosa: noi quest’anno investiremo anche nel ciclismo giovanile. Stiamo raccogliendo dati per scegliere una ventina di formazioni giovanili alle quali dare un contributo. Spesso si premiano le formazioni dilettantistiche, alle quali si riconosce il pagamento dei punti quando un loro corridore passa professionista. Noi vo­gliamo gratificare quelle piccole società di base che svolgono un lavoro altrettanto prezioso e oscuro: il reclutamento di bimbi che si avvicinano al nostro sport. Presto vi renderemo edotti di tutto. Sia ben chiaro, con il nostro aiu­to non riusciranno a organizzare tutta una stagione, ma certamente saranno facilitati. Questo è un progetto che ho in mente da tempo e sto varando in queste settimane: contiamo di portarlo avanti per diverse stagioni».
Cosa pensi dell’irrisolto caso Contador?
«Cosa posso dirti?... spero che Alberto ne esca a testa alta perché è il simbolo del nostro sport. Il problema però è un altro: la velocità della giustizia. Oc­corre maggiore rapidità».
Cosa pensi dell’Adams?
«È uno strumento eccezionale, del qua­le tutto il ciclismo deve andare orgoglioso, ma la Wada dovrebbe renderlo obbligatorio a tutti gli sportivi. Qual­cuno potrebbe obiettarmi: guarda a ca­sa tua. È vero, ma visto che io vivo di sponsor, non posso essere penalizzato da altri sport che giocano nel mondo delle sposorizzazioni sportive con re­gole diverse dalle mie».
E il passaporto biologico?
«Stesso discorso, è uno strumento mol­to utile e importante. Poi, francamente, i pareri scientifici li lascio dare dai dottori. Io penso solo che il passaporto biologico dovrebbe servire per indagare e tenere monitorati i corridori e scovare i bari. Non mi sembra uno stru­men­to an­tidoping, ma di indagine».
Dopo il Mondiale di Copenaghen sei sta­to molto critico nei confronti del ct Paolo Bettini…
«Nulla di personale, anche perché Pao­lo sa quanto lo stimo e chi ha sollecitato Franco (Ballerini, ndr) a coinvolgerlo nel progetto azzurro. Il problema però è che se dopo una corsa mi chiedono un parere, io il parere lo do. Paolo deve imparare dagli errori fatti e farne tesoro. Il mio ragionamento non è sul risultato mancato, ma su come la corsa è stata interpretata. Nessuno ha la bacchetta magica e nello sport è più facile perdere che vincere. Però bisogna sempre valutare co­me si perde. Premesso che io avrei puntato su una nazionale fatta di giovani, se avessi però puntato su Bennati, avrei fatto di tutto per portarlo alla vo­lata: senza tanti se e senza ma. Dovevo dare a Daniele tutto il peso della situazione in modo da dire: io ti ho portato lì ai 300 metri, poi tu cosa hai fatto? Lo stesso discorso vale per Pozzato a Gee­long. Sappiamo tutti che Filippo ha qualche problema ad arrivare brillante nel finale di corsa e Paolo che fa? Ren­de la gara dura, e all’ultimo giro Fi­lip­po viene rallentato dai crampi. Per non parlare poi di come sono stati valutati i percorsi: avrebbe potuto trarre valutazioni più precise».
A proposito di Pozzato: pensi abbia fatto bene ad andare alla Farnese Vini?
«Ho letto che Visconti ha fatto bene a fare un salto di qualità andando alla Mo­vistar, però ho letto anche che Poz­za­to ha fatto bene a fare un passo in­dietro… ci capisco poco. Io comunque penso che Filippo in un ambiente più familiare possa trovarsi meglio. Ha bisogno di essere coccolato, seguito, considerato anche se da troppo tempo - come Bennati - non è più protagonista».
Cosa pensi di Viviani?
«Guarda, lo conosco poco, ma mi sembra un giovane molto interessante, co­me i vari Oss, Guardini e via via elen­can­do. La cosa importante è puntare sui giovani, il ciclismo italiano ha bisogno di trovare qualche ragazzo che abbia voglia di emergere».
C’è un corridore che vorresti in squadra e non hai?
«Più d’uno, ma uno su tutti: Philippe Gilbert. È un atleta che mi piace perché osa. Non si tira mai indietro. Ha forza, carattere e personalità. È un atleta davvero importante. In lui un po’ mi ci rivedo».
Nel frattempo, hai capito cosa fare da grande?
«Per il momento vado avanti a guidare la Lampre Isd: forse un giorno capirò quale possa essere davvero la mia strada. Sono ancora relativamente giovane e non ho fretta. Ho solo fretta di capire cosa fare nell’immediato, come dare nuovo entusiasmo propositivo alla Lampre Isd, ma sono sulla buona strada. E poi al mio amico Mario (Cipollini, ndr) lancio il guanto di sfida: nel ciclismo c’è bisogno di un grande imprenditore. Perché non lo porti tu?».

da tuttoBICI di febbraio a firma di Pier Augusto Stagi
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COMMENTI
Ecco perchè non potrei mai fare il giornalista....
23 febbraio 2012 12:35 Fra74
Dott. Stagi, pensavo, ma dovrò ricredermi, che ESSERE un GIORNALISTA, significa fare anche domande un poco scomode!!!! Nemmeno una riferimento alla inchiesta penale che vede coinvolto il Sig. Saronni, anche se fosse già terminata a favore ed in positivo per Saronni?
Vero, comprend pure il fatto che, altrimenti, Saronni non Le avrebbe concesso questa intervista, comunque, con tutto il RISPETTO che posso avere per Lei, rimpiango personaggi e giornalisti come nel passato, tipo GIANNI BRERA, il quale non aveva peli sulla lingua...
Francesco Conti-Jesi (AN).

P.S.: Non mi aspetto una Sua risposta o chiarimento, e spero che non fraintenda la mia mail, il mio messaggio, che non vuole essere polemico o irrispettoso nei suoi confronti, ma solo chiaro per quanto riguarda il mio pensiero!

Sempre Francesco Conti.

Ecco perchè non farai mai il giornalista.......
23 febbraio 2012 15:18 Bartoli64
L’inchiesta di Mantova è a un punto fermo (almeno da quanto ci riportano le cronache), nel senso che NON si sa se la Magistratura sia riuscita ad acquisire ulteriori prove a carico degli indagati, o se le indagini stiano invece segnando il passo.

Alla luce di ciò, il sia pur “istituzionale” Dr. Stagi, quale domanda avrebbe mai potuto fare a Beppe Saronni?

Per farti contento avrebbe dovuto comunque buttarla lì chiedendogli: “caro Beppe, vuoi esprimere un parere in merito all’inchiesta in cui sei coinvolto”? Per poi sentirsi rispondere cose del tipo: “attendo sereno l’esito delle indagini fidando nell’opera della Magistratura”……

Oppure credevi davvero che gli avrebbe fornito una “confessione” in diretta? (Ammesso che abbia una qualche responsabilità)?

La verità è che non ti va mai bene niente e sei sempre pronto a dire la tua (ovviamente al contrario) su tutto e tutti.

Ti sei mai chiesto il perché? Fossi in te cercherei di consultarmi con un bravo terapeuta….

Per il momento fai una cosa..... stai un momentino buono nell’eremo di rettitudine e verità assolute che ti sei costruito nella testa.

Bartoli64

domanda
23 febbraio 2012 18:00 dopatodichianti
l'ingaggio di pellizzoti va ad inserirsi in una politica a favore dei giovani e nel rinnovo dell'immagine della squadra?

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