| 30/01/2012 | 09:11 KazakITALIA. Una squadra nazione che batte bandiera tricolore. Diciannove italiani contro i diciotto kazaki. L’Astana di Alexandr Vinokuourov, punta deciso sui corridori di casa nostra. È il caso proprio di dirlo, l’Astana è una vera è propria enclave italiana: sei corridori chiamati a difendere i colori di un Paese. Enrico Gasparotto, Francesco Masciarelli e Paolo Tiralongo i confermati. Francesco Gavazzi, Jacopo Guarnieri e Simone Ponzi i nuovi arrivi. Più Fabio Aru, miglior under 23 della stagione, vincitore dell’Oscar tuttoBICI, che a Calpe ha già respirato aria di World Tour, ma che farà il suo esordio da professionista solo il 1° agosto, dopo aver corso il Giro delle Valli Cuneesi. Sei corridori più uno, quindi. A questi vanno aggiunti Beppe Martinelli, team manager della formazione-Nazione, più Guido Bontempi. Responsabile sanitario del team è Andrea Andreazzoli, il quale è coadiuvato dai colleghi Marco Pallini e Simone Ugliari. Meccanici Roberto Astori, Mauro Andreola e Gabriele Tosello. Massaggiatori Luigino Corna e Oscar Saturni, più Federico Borselli che è deputato a guidare uno dei motor-home della formazione e Francesca Martinelli, figlia di Beppe, che è la segretaria del team. Insomma, diciannove persone made in Italy che contribuiscono a fare grande una nazione che ha puntato e punta decisamente sul ciclismo. «Vino appena può me lo fa notare: ma quanti italiani abbiamo in squadra? - ci racconta Beppe Martinelli di ritorno dal primo ritiro stagionale a Calpe -. Io gli rispondo sempre al solito modo: sempre troppo pochi… È un gioco tra di noi, ma è chiaro che Vino condivide le scelte fatte, anche perché quest’anno Alexandr è ancora un corridore, ma il suo atteggiamento è già chiaramente da manager, da responsabile di una squadra che lui sente profondamente sua. Non si sposta foglia che Vino non voglia. Lui è un tipo tosto ma anche molto disponibile. Pretende tanto da se stesso e altrettanto da tutti i componenti della squadra. La campagna acquisti di quest’anno è stata fatta con la sua supervisione. Io proponevo, spiegavo, motivavo e lui dava la sua benedizione al progetto. C’è tanta Italia nell’Astana come in nessun altra squadra straniera? A Vino va bene così». Beh, Vino e Italia sono da sempre un connubio perfetto… «A parte le battute è proprio così. Vino apprezza molto il nostro modo di fare ciclismo. Non è vero, come molti sostengono e vogliono far credere, che la scuola italiana è in declino o superata. Noi italiani abbiamo vissuto una stagione così così, non felicissima per mille e più ragioni, ma di corridori buoni ce ne sono tanti». Tanti corridori italiani e anche kazaki, tanto da fare anche un’Astana Due… «Esattamente. Una formazione Continental fatta di giovani talenti del Kazakistan che ha il compito di fare da incubatrice a dei ragazzi che fino allo scorso anno passavano direttamente in prima squadra pagando il prezzo salato del World Tour. Ci voleva qualcosa di intermedio, che consentisse a questi giovani una maturazione più graduale. Il progetto sarà seguito Dimitri Sedun, che fa parte dello staff anche della prima squadra assieme al sottoscritto, a Guido (Bontempi, ndr), a Shefer e da quest’anno a Stangelj». Cominciamo a parlare dei ragazzi d’Italia: Enrico Gasparotto. «A marzo compirà 30 anni, non è più un ragazzino, ma non è nemmeno vecchio. Con Enrico battagliamo spesso perché io pretendo da lui molto di più e molto di meglio. È un buon corridore, ma ha le carte in regola per essere ancora meglio di quello che è. Sarò contento il giorno che riuscirà a vincere qualcosa di più importante e pesante. Non si deve più accontentare di vincere una tappa alla Tirreno-Adriatico, ma deve fare il salto di qualità e cominciare a pensare che la Tirreno lui può anche vincerla. Poi la perde perché a cronometro non è un drago? pazienza, però se la gioca ed è lì sul podio. Lui sa perfettamente come la penso, e quest’anno lo aspetto al varco. Se non lo apprezzassi non parlerei in questi termini, ma visto che penso di conoscere il suo reale valore, voglio che arrivi a dare il cento per cento di quello che vale, cosa che fino ad oggi non ha fatto».
Paolo Tiralongo. «Con la vittoria ottenuta nella tappa di Macugnaga al Giro d’Italia si è fatto un grande regalo. È stato davvero un premio alla carriera, che Paolo merita ampiamente perché è un corridore che dà sempre tutto quello che ha. È un gregario vecchio stampo, che non si tira mai indietro e riesce a garantire il proprio apporto dal Laigueglia al Lombardia. A Vino piace molto, perché è un corridore tosto, un duro: da uno come lui cosa si può pretendere di più? Niente. E sono sicuro che anche quest’anno farà di tutto per dare il suo grande apporto al team. Ha un contratto fino alla fine del prossimo anno: ma non mi sorprenderei se andasse avanti a correre a grandi livelli fino a quarant’anni (Paolo è del ’77, ndr)».
Francesco Masciarelli. «Deve ancora crescere. Ha ampi margini di miglioramento e le sue doti di grande duttilità non sono ancora state apprezzate fino in fondo. Viene da una stagione un po’ sfortunata. Nella tappa del Giro (Grossglockner, ndr) è caduto e per tre mesi è stato fuori dai giochi. Ha ripreso al Giro della Padania, ma ormai la parte buona per lui era passata. Forse abbiamo anche sbagliato noi a farlo correre un po’ troppo: al Giro ci è arrivato con troppi giorni di corsa nelle gambe e non era brillantissimo. Lui è anche un ragazzo che pretende forse troppo dal suo motore: dovremmo trovare una giusta via di mezzo: quest’anno correrà meno ma spero meglio. Vorrei vederlo là davanti al Catalunia o ai Paesi Baschi. Sono certo che farà un salto di qualità importante, ma ci vorrebbe una bella vittoria. Sai quanti corridori sono timorosi e bloccati psicologicamente? A lui basterebbe una bella vittoria per sbloccarlo definitivamente. Credetemi, può fare tanto e bene».
Ora passiamo ai nuovi arrivi: Francesco Gavazzi. «È un ragazzo che conosco molto bene e mi è sempre piaciuto, tanto è vero che lo feci passare professionista con la Lampre proprio io. Oggi l’ho rivoluto a tutti i costi e devo dire che a Calpe l’ho ritrovato molto più maturo e determinato È un corridore che sa vincere e soprattutto è un grande uomo squadra. L’anno scorso ha vinto una tappa ai Baschi, due al Portogallo più una tappa alla Vuelta: insomma, è uno di quei corridori che sanno lavorare ma all’occorrenza possono anche togliere le castagne dal fuoco. Certo, gli manca la vittoria di qualità, questo potrebbe essere l’anno buono. È molto più uomo ed è molto più corridore, ha tutto per fare il salto di qualità e farlo fare a tutto il nostro team, che l’anno scorso ha raccolto solo 12 vittorie: troppo poche per una squadra come la nostra».
Simone Ponzi. «Anche lui lo volevo alla Lampre, ma ci è arrivato quando io non ero più lì. Simone è un corridore che sa attaccare, che ha uno spunto veloce, e che è capace come Francesco Gavazzi di togliere le cosiddette castagne dal fuoco. È un ragazzo ancora giovane che è tutto da scoprire. Qui da noi ha la possibilità di mettersi in mostra ancora di più e meglio. Lo spazio ce l’avrà ma dovrà anche essere capace di prenderselo. La nostra squadra è una formazione fatta ad immagine e somiglianza di Vinokourov: di attaccanti. I suoi compagni di squadra non possono essere da meno. Da lui mi aspetto molto».
Jacopo Guarnieri. «L’avevo preso in considerazione già quando correva da junior alla Biringhello, poi però le nostre strade non si sono mai incrociate. È il classico corridori che passa con le stimmate del “campioncino”, del predestinato e ha anche la fortuna di vincere subito. Poi, però, come spesso accade a ragazzi troppo celebrati, ha avuto una battuta d’arresto, una involuzione. Alle prime difficoltà si è perso e al momento non si è nemmeno ritrovato. Io però scommetto sul suo talento. L’idea è nata per caso durante il Tour dell’anno scorso: stavo parlando con Giovanni Lombardi (il suo procuratore, ndr) e gli dico: “pensa, abbiamo corso il Giro e ora anche il Tour senza un velocista”. Giovanni mi guarda e mi dice: “E perché non pensi a Jacopo…”. “Jacopo chi?…”, gli rispondo. “Guarnieri”, mi replica lui. “Ma non è sotto contratto?... ”. “Certo, ma se ne può parlare con Roberto (Amadio, ndr) e con Jacopo”… Insomma, la cosa si mette in moto e si trova l’accordo. Noi la nostra parte l’abbiamo fatta, ora tocca a lui ripagare la nostra fiducia. Con Jacopo, quest’inverno ho parlato tantissimo. So che può dare molto, perché fino ad oggi non ha fatto vedere la minima parte di quello che vale. Gli ho detto: “Jacopo, voglio che tu vada in Australia con una buonissima condizione…”. A Calpe l’ho visto davvero bene. Ha un morale altissimo e una voglia di fare incredibile». Insomma, una squadra rinforzata per andare ancora di più all’attacco. «Abbiamo fatto di necessità virtù. Sul mercato, bisogna anche dirlo, non c’era moltissimo, però siamo davvero soddisfatti di quello che abbiamo portato a casa. Anche Bozic, per fare un altro nome, è un ragazzo nato per dare battaglia con la vittoria nel suo Dna. E poi abbiamo preso anche Egor Silin, un ragazzo sul quale scommetto ad occhi chiusi. Ha soli 22 anni, lo volevano tantissimi team di World Tour, a cominciare dalla Katusha, ma noi siamo stati più bravi e veloci ad assicurarcelo. Abbiamo anche Brajkovic, altro atleta di grandissimo valore, del quale non si è apprezzato ancora tutto il suo potenziale. Insomma, abbiamo un team agguerrito, con tante frecce al nostro arco. Tutti pronti a darsi una mano, tutti in grado di poter condizionare una corsa». Tra questi anche un certo Roman Kreuziger, che non è poi un corridore qualsiasi… «Verissimo. Roman è un ottimo corridore, con delle potenzialità incredibili. Va forte in salita, a crono non è un drago ma può migliorare: è nato per vincere. Deve però pretendere più da se stesso, deve avere più fame. Quest’anno vincerà qualcosa di importante. Me lo sento». Deve anche darsi una mossa, perché gli anni passano anche per lui e a fine di quest’anno sono in scadenza di contratto molti corridori interessanti… «È vero anche questo. E i ragazzi lo sanno. Noi ci guardiamo sempre attorno, e qualche corridore di peso che ha confidenza con il podio del Grandi Giri a noi interessa. Questo lo sanno bene anche loro». Dimenticavamo un altro ragazzo molto interessante, un altro italiano del Kazakistan: Fabio Aru. «Ha cominciato a respirare aria da World Tour con noi a Calpe: l’ho visto bene. Ha una grande classe, pedala molto bene. Era sul mio taccuino da tempo, e alla fine me lo sono preso. È il settimo uomo, un giovane di cui si sentirà parlare molto presto di lui. Bisogna solo avere un po’ di pazienza. Ma anche Paolo Tiralongo, che con Fabio si allena spesso, me ne dice un gran bene. Basta vederlo pedalare per capire di che pasta è fatto. Poi oltre alle gambe ci vuole anche la testa. Io sono convinto che il ragazzo abbia tutto per far bene. È l’italiano in più che ci siamo regalati, e che forse tutto il ciclismo italiano aspetta. Se ne parla ancora troppo poco? Meglio così».
da tuttoBICI di gennaio, a firma di Pier Augusto Stagi
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