LUTTO. È MORTO IL NOSTRO GINO SALA

| 31/01/2011 | 14:55
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Si è spento nella casa di riposo Don Gnocchi di Salice Terme Gino Sala. Aveva 85 anni e per L'Unità ha seguito un numero incalcolabile di corse: Giri d'Italia, Tour de France, Milano-Sanremo, Giri di Lombardia, ma anche Giri delle Regioni e Gran Premi Liberazione nelle categorie giovanili. Preziosa firma di tuttoBICI sin dal primo numero (maggio 1995), dal 1999 aveva iniziato a raccontare nei suoi «Visti da vicino» i campioni, ma soprattutto gli uomini del ciclismo che aveva incontrato lungo le strade del mondo. Da quei suoi ricordi, nel 2008 è nato il libro «Visti da vicino». E proprio da quel libro, per ricordare Gino, vi proproniamo la prefazione scritta da un suo allievo, Dario Ceccarelli, ora caposervizio News di Radio24 Il Sole 24 ore. La cerimonia funebre è fissata per mercoledì 2 febbraio alle 10.15 nella Parrocchia di Pombio (via Furini), frazione alle porte di Voghera.
Alle figlie Maria Lisa ed Enrica, ai nipoti ai tanti che hanno incontrato lungo le strade d'Italia e d'Europa Gino, apprezzandone l'uomo prima ancora che il giornalista, l'abbraccio più sincero delle redazioni di tuttoBICI e tuttobiciweb.it. Ciao Gino, ti abbiamo voluto bene e te ne vorremo sempre.

Gino Sala, il pescatore di storie
Accomodati dietro, giovinastro. E niente focaccia, mi raccomando, che poi, alla prima curva, mi vomiti tutto. Un buon suiveur, si vede anche da come mangia. Dai retta al vecchio cronista: cose leggere, come fanno i corridori.
Per Gino, il mitico Ginetto, noi che venivamo dalla scuole e dalle università eravamo tutti un po' giovinastri.  Era un modo affettuoso per dire che eravamo dei saputelli. Cresciuti con la pancia piena, quando il peggio, guerra e dopoguerra, era già passato. Buoni a contestare, ma senza pagare il dazio della fatica
Così, da buon giovinastro, in quel piovoso maggio del 1984 salii sull’auto de L’Unità per seguire, come secondo inviato, il Giro d'Italia. Quello di Moser, per intenderci. Quello della cronometro di Verona con Fignon che ancora si chiede da dove diavolo spunta quel missile che gli strappa la maglia rosa.
Gino era un capo severo, ma pronto alla battuta. Fumava come un turco, con una “Diana” all’angolo della bocca, come Humphrey Bogart nel film L’Ultima minaccia, quando dice al capomafia che voleva farlo tacere: “Questa è la stampa bellezza, e tu non puoi farci niente!”
L'auto, lucida come uno specchio, era tenuta in perfetto ordine dall'autista, Enzo Quotino, un gigante della logistica. Quotino pensava a tutto. Orario di partenza, targhe di riconoscimento, altimetria della tappa incollata sul cruscotto in modo che Sala potesse consultarla mentre scriveva sul taccuino. Un bel taccuino a spirale sul quale Gino scriveva, anzi scrive, con grafia chiara e ordinata. Per lui, era normale. Lo faceva anche sui pietroni della Roubaix. Io dietro a vomitar l’anima, lui tranquillo, con la Diana tra le labbra, a chiudere il pezzo.
Io mi stupivo, da ingenuo pivello, che Gino scrivesse in corsa mentre l’auto gorgogliava a 40 all’ora per stare vicino ai corridori. Parlava di un campanile lontano, di un garibaldino in fuga, dell’esplosione della primavera, di un generoso tiglio che ripara dal sole. Poi parlava dei corridori. Ma non dei vincitori, che di quelli son capaci tutti. No, Gino andava a pescare gli ultimi, con le loro storie di uomini semplici: una vigna da potare, un orto da curare, un bambino da ritrovare. Gli piacevano quei gregari tosti, tipo Masciarelli, che “per quattro scudi” sputavano l’anima per il loro capitano.
Io capivo e non capivo. Pensavo agli scoop, ai grandi duelli, a interviste clamorose. Volevo arrivare in fretta al traguardo, in sala stampa, dove la tv mostrando la corsa nei dettagli ci “rubava” la cronaca.
Ma Gino, tranquillo, continuava a scrivere. Pennellate di vita quotidiana che rimpicciolivano il campione e ingigantivano l’uomo. Un uomo che fa un me stiere duro come pochi. E che va difeso perfino quando non lo merita perché lui ci mette la pelle. Da qui i suoi attacchi furibondi a organizzatori irresponsabili, a procuratori senza scrupoli, a medici senza coscienza.
E così, mentre noi giovinastri correvamo dietro alle nostre lontane chimere, Gino stava sulla terra. Nel suo personalissimo orto. E ci stava come un contadino brontolone che lo guarda da vicino per capire che tempo che fa. Senza troppe illusioni, ma sempre pronto a ripartire quando passa la tramontana. Guardando il mondo da vicino, Gino è andato più lontano di tutti.  Questa è la verità. Noi giovinastri, l’abbiamo capito dopo. Quando ormai, tra una tramontana e l’altra,  siamo invecchiati senza diventar saggi.


Dario Ceccarelli
da «Visti da vicino»
               

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COMMENTI
un grande
31 gennaio 2011 16:54 steber
Se ne va un pezzo di storia del ciclismo; per la prima volta ti do del tu: Ciao Ginetto!
Stefano

ADDIO
31 gennaio 2011 20:10 stargate
Così come Lui cantava l'uomo prima del ciclista, credo sia giusto ricordare, prima che il giornalista -bravissimo, acuto, profondo conoscitore del mestiere- l'uomo, appassionato e giusto.

Addio , carissimo
1 febbraio 2011 08:22 castellano
Profondamente addolorato, ma fiero di aver conosciuto un onestissimo e valido giornalista. Prego la redazione di Tuttobici di presentare le mie condoglianze ai familiari
Carmine Castellano

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