MESSAGGERO VENETO. Murro assolto. Una carriera rovinata

| 21/11/2010 | 17:27

Il fatto non costituisce reato. Con la sentenza di assoluzione del tribunale di Pordenone, giovedì si è conclusa l’emblematica vicenda giudiziaria riguardante Christian Murro, 32 anni, cominciata con un fulmine a ciel sereno nel 2008.
L’ex ciclista professionista di Valeriano di Pinzano al Tagliamento, all’epoca tesserato per la Lampre ovvero la più forte squadra italiana, nel giugno di due anni fa ricevette la notificazione della positività a un controllo antidoping cui era stato sottoposto nel gennaio precedente al Tour Down Under, corsa a tappe australiana.
Immediata la sospensione dall’attività da parte della Lampre. Nell’ottobre 2008 il Coni squalificò Murro per due anni e la Lampre lo licenziò. Il ciclista friulano, che a luglio 2008 era diventato padre di due gemelli, si rivolse al Tas. Il Tribunale arbitrale dello sport nella primavera 2009 gli ridusse la squalifica di cinque mesi e mezzo.
«Mi allenai fino a settembre 2009 nella speranza di rientrare nelle corse, ma quando mi apparve chiaro che nessun team era interessato a me, con moglie e due figli piccoli, ho abbandonato i miei propositi e sono andato a lavorare - spiega Murro, ora gestore di un negozio di biciclette a Fagagna - . Dopo la sentenza di assoluzione della giustizia ordinaria spero che la mia immagine esca del tutto pulita: il ciclismo è la mia vita, desidero che continui ad esserlo, anche se non più dal punto di vista agonistico, ma in un’altra veste. Questa vicenda mi fa infuriare perché la mia carriera è stata rovinata. Ero all’apice e avrei potuto gareggiare per altri 5-6 anni. È un peccato perché la vita di un atleta è breve e una squalifica di due anni mi ha costretto a smettere».
Dopo le vicende controverse, pur nella loro sostanziale diversità, delle quali sono rimasti vittima Annalisa Cucinotta, Gianni Da Ros e Franco Pellizotti, il caso della tardiva riabilitazione di Christian Murro getta nuove ombre sulla procura nazionale antidoping.
«Il Coni giudica in base a pregiudizi - attacca Murro - . Se uno parte con l’idea che nel ciclismo sono tutti dopati, non può esserci obiettività nel giudizio. Mi sono sempre proclamato innocente, dopo il Tour Down Under sono stato sottoposto a una quindicina di controlli antidoping con prelievi di sangue, di urina e combinati, a casa, in ritiro e alle corse, risultando sempre pulito, ma i procuratori Plotino e Torri non mi chiedevano altro che di fare altri nomi. Ora valuterò se intentare un’azione legale contro il Coni con richiesta di risarcimento danni».
Murro era stato accusato in sede penale di frode sportiva e ricettazione. Secondo il capo di imputazione, il ciclista di Valeriano (di origine lombarda) avrebbe assunto furosemide, una sostanza proibita in quanto “coprente”, usata in particolare per mascherare il testosterone esogeno. Murro ha sempre sostenuto di avere ingerito la sostanza probabilmente bevendo una tisana sulla cui confezione non era elencato l’ingrediente proibito. Una versione confermata anche dalla moglie, che ha testimoniato nel processo celebrato davanti al giudice monocratico di Pordenone Monica Biasutti.

da il Messaggero Veneto a firma Giacinto Bevilacqua

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COMMENTI
x completezza di informazione
21 novembre 2010 19:14 SoCarlo
Dare enfasi al risultato del processo civile e' giusto.
Sarebbe giusto anche dar conto del risultato del processo sportivo (e non citarlo, en passant, come nell'articolo).
Se esistono due tribunali (quello sportivo e quello civile) c'e' un motivo e lo si riconosce quando si acceta di far parte del mondo sportivo professionistico: farebbe comodo a tutti acre piu' processi e poi scegliersi quello che ci da il risultato che ci paice di piu'.
Il tribunale sportivo, che ha altro metro di valutazione ed un altro codice, ha stabilito una sentenza di condanna, per doping. C'e' poco d'atro da aggiungere.
Che poi sia stato condannato per una tisana, con assunzione involontaria di sostanza proibita, suggerisce leggerezza per un professionista in forza alla piu' forte squadra italiana (oltre ad un avvocato poco capace).
Il doping e' cosa seria e va combattuto. Questo e' il principio.
Che l'applivcazione del principio sia carente, se ne puo' discutere.


Murro, i giudici e Craxi.
21 novembre 2010 21:17 warrior
Ma qualcuno finalmente ha capito perché è stato distrutto Craxi? Per la Legge sulla responsabiltà dei giudici! Tutti i cittadini sono responsabili per i propri errori, i giudici no sono infallibili come il Santo Padre! Dura lex, sed lex.

AUTONOMIA DEI GIUDIZI
21 novembre 2010 22:14 stargate
Giusto in linea di principio ciò che scrive SoCarlo, in quanto i due giudizi si svolgono in maniera autonoma, ma, nel caso specifico, l'assoluzione perchè il fatto non costituisce reato dovrebbe far riflettere. Appare evidente e certa l'assunzione della sostanza, ma vi è da ritenere che il giudice penale abbia accertato la veridicità di quanto sostenuto da Murri, cioè che la tisana conteneva un ingrediente non indicato nella confezione. Se ciò rispondesse a verità, anche il giudice sportivo avrebbe dovuto tenere conto della circostanza, semprechè abbia avuto la diligenza di accertarla. Neanche nel giudizio sportivo, infatti, può condannarsi un atleta che assuma a sua insaputa prodotti proibiti. E' d'accordo, SoCarlo? (Alberto Pionca - Cagliari)

x stargate
22 novembre 2010 01:42 SoCarlo
La mia opinione e' che l'assunzione involontaria di sostanze, anche dopanti, non debba essere punita. Questo credo sia opinione comune di tutti gli sportivi.
A chi spetti l'onere della prova della (in)volontarieta' e' argomento di discussione (il processo civile e sportivo hanno due i due approcci opposti). L'onere all'atleta e' prassi del processo sportivo.
Cio' che e' probabilmente ancora troppo arbitrario e' la condotta dell'atleta nell'assunzione involontaria. Mi spiego: se sono in Messico, ed e' risaputo che la carne contiene, con estrema probabilita', sostanze proibite (dopanti o meno), come va giudicato l'atleta che inizia una dieta a base di due bistecche giornaliere?
Nel caso dell'articolo, non conosco le carte nel merito, ma sarebbe gravissimo se nel processo sportivo non si siano fatti i piu' basilari accertamenti (che la tisana in questione non dichiarasse la sostanza rinvenuta, ad esempio). Lo sconto di pena successivo mi fa pensare (ma potrei errare) che si siano trovate attenuanti nel comportamento dello sportivo in questione.
Certo dispiace che un'assunzione in buona fede di una qualche sostanza abbia comportato la fine di una carriera, ma le regole, attualmente, sono queste.
Per molti atleti sono forse un incubo, ma il ridotto numero di casi lascia pensare che ci siano, e neanche troppo arcani, metodi di controllo delle sostanze che si assumono per via alimentare, senza incappare in 'doping' involontario.
Carlo Tarantino

Ciclismo Attuale
22 novembre 2010 09:15 vadoagile
E' proprio come dice il Sig. Tarantino, Torri quando si tratta di ciclisti applica la norma di presunta colpevolezza, quando si tratta di calciatori è pronto anche a viaggiare per accertare la loro innocenza.Speriamo nella provvidenza o in un altro giudizio universale.

Doping non intenzionale
22 novembre 2010 11:30 mak1968
Il regolamento, purtroppo, parla molto chiaro: il doping non intenzionale é punito alla stessa stregua del doping intenzionale. Ho visto sentenze nelle quali si parla apertamente di doping non intenzionale, addirittura di sostanze che non migliorano la performance, ma si dice chiaramente che l'atleta é pienamente responsabile per cio' che ingerisce, anche se si tratta di inquinamento alimentare... purtroppo é cosi e, in teoria la legge é uguale per tutti... per questo anche Contador, indipendentemente da tutto dovrebbe essere condannato, magari con una sentenza piu' lieve ma condannato... (PS il regolamento parla di un minimo di 1 anno per doping non intenzionale e questo dovrebbe essere cosi in tutti gli sport.. vedi Cannavaro... dovrebbe appunto...)

PRESUNZIONE DI INNOCENZA
22 novembre 2010 11:54 stargate
"il processo civile e sportivo hanno due i due approcci opposti..." Sta proprio qui il problema. Non conosco la procedura sportiva, ma SoCarlo parla di "prassi", il che non lascia per niente tranquilla. Ho "frequentato" a lungo, per molti anni, il processo tributario e so che esiste, anche se le garanzie per il contribuente sono di caratura inferiore rispetto a quelle che offre al cittadino il processo penale,il principio dell'onere della prova a carico dell'amministrazione, salvo che non ci si trovi in presenza di presunzioni gravi, precise e concordanti che di per sè assumono carattere probatorio, il che rovescia l'onere stesso. Non si può parlare di prassi, comunque, perchè la civiltà giuridica esige, in ogni campo, la presunzione di innocenza. Partendo, come pare accada nell'ambito sportivo, dalla presunzione di colpevolezza, si può porre l'atleta -non pare, comunque, sia il caso di Murro- nella impossibilità di dimostrare la propria innocenza, perchè in alcune circostanze può verificarsi che venga richiesta la c.d. "probatio diabolica". Con tanti saluti alla giustizia. (Alberto Pionca - Cagliari)

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